martedì 17 dicembre 2024

ZetaElle #18

 Costruivamo capanne sulla spiaggia con tronchi e rami e con quello che il mare portava con sé da terre lontane. Eravamo giovani e ridevamo e non avevamo bisogno di molto per vivere. E l’estate era un periodo facile per tirare avanti e amare e divertirsi. E avevamo hashish e tabacco e acidi a sufficienza affinché i giorni divenissero luoghi in movimento e la nostra mente li potesse attraversare nello splendore del sole e in quello delle stelle. La notte accendevamo dei fuochi e parlavamo e suonavamo e cantavamo e gli obblighi del lavoro e di ogni responsabilità non ci avevano ancora fatto prigionieri e ci guardavamo e ci riconoscevamo, senza sapere che è proprio il presente il tempo della giovinezza, perché dopo sarà l’accumularsi dei ricordi a crescere come una presenza nel cuore, a cui guardare nel crepuscolo degli anni, quando il nostro scorrere diventa ormai inarrestabile e la morte appare come il profilo di un’isola misteriosa all’orizzonte, sulla quale, un giorno, approderemo.

Era una vita da pirati e da vagabondi, raccattavamo cibo nei piccoli paesi lungo la costa o lo rubavamo, non che avesse realmente importanza, fumavamo e scopavamo, alcuni di noi vivevano in piccole grotte, le ragazze danzavano e ridevano e i loro corpi magici fluttuavano fra i colori di fragranti nudità e sognavamo e inventavamo storie, la preferita era quella di una società diversa, ugualitaria, libera, sorridente. Guardavamo il mare, guardavamo il cielo, guardavamo il sole, guardavamo le stelle.

Zito Luvumbo era di nuovo un ragazzo e come gli altri faceva esperienze e scopriva parti di sé stesso. E i libri dalle pagine strappate e l’ombra dei teli tirati fra i tronchi dei pini marittimi e quegli attimi interminabili come le scintille sulle onde. E l’amore e poi quello che sarà solo il suo ricordo. Quando le tue cicatrici si saranno chiuse e la malinconia di quello che è stato e non potrà più essere ti accompagnerà ovunque, come un’amante silenziosa, come un’ombra di quieta  solitudine, mentre osservi in disparte le onde arrivare e il mondo che ti accoglie prima di voltarti per osservare il profilo di un’isola nel vuoto che si apre al di là dell’abisso.


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