Era una vita da pirati e da vagabondi, raccattavamo cibo nei piccoli paesi lungo la costa o lo rubavamo, non che avesse realmente importanza, fumavamo e scopavamo, alcuni di noi vivevano in piccole grotte, le ragazze danzavano e ridevano e i loro corpi magici fluttuavano fra i colori di fragranti nudità e sognavamo e inventavamo storie, la preferita era quella di una società diversa, ugualitaria, libera, sorridente. Guardavamo il mare, guardavamo il cielo, guardavamo il sole, guardavamo le stelle.
Zito Luvumbo era di nuovo un ragazzo e come gli altri faceva esperienze e scopriva parti di sé stesso. E i libri dalle pagine strappate e l’ombra dei teli tirati fra i tronchi dei pini marittimi e quegli attimi interminabili come le scintille sulle onde. E l’amore e poi quello che sarà solo il suo ricordo. Quando le tue cicatrici si saranno chiuse e la malinconia di quello che è stato e non potrà più essere ti accompagnerà ovunque, come un’amante silenziosa, come un’ombra di quieta solitudine, mentre osservi in disparte le onde arrivare e il mondo che ti accoglie prima di voltarti per osservare il profilo di un’isola nel vuoto che si apre al di là dell’abisso.
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