Amsterdam. Non come era. Ma come la
vedevo nei sogni. Una città onirica. E mi ero ritrovato fra i suoi vicoli,
l’altra notte ed ero entrato dentro un coffe-shop ed avevo comprato un’erba che
sembrava un’alga e l’avevo fumata ed era bello l’effetto, perché mentale e
lucido senza quella pesantezza del corpo che ogni tanto l’erba ti procura, ed
era bello, allo stesso modo, nel mondo reale, tornare a casa, in un giorno di
primavera, caldo e luminoso, come oggi, quando le giornate sono ancora lunghe e
l’attesa della notte mi ricorda un’antica magia, tornare a casa un po’ sbronzo,
con l’alcool della birra in circolo e non dico una birretta del cazzo ma una
birra seria da dieci gradi, bevuta sugli scalini della fontana di santamaria in
trastevere, in una dorata solitudine, bere ed ascoltare un triste suonatore di
basso eseguire i suoi ritmi sud americani accompagnato da una chitarra alla
django reinhardt e da una fisarmonica gitana, non che fosse triste la musica ma il volto del bassista calvo con la testa lucida non mi dava esattamente
l’idea della felicità e le persone, davanti a me, si muovevano, parlavano,
scherzavano, accennavano passi di danza, venivano e scomparivano e la
meraviglia era che non me ne fregava un cazzo di loro perché ero perfetto nella mia
solitudine, perfetto e unico e mentre tornavo a casa i pensieri scorrevano via
senza residui, senza formare grumi mentali nocivi, tutto passava e le parole
le vedevo formarsi sul foglio bianco della mia mente, le vedevo nell’aria, le assaporavo, erano
già pronte per essere scritte e pensavo che le cuffiette del mio ipod erano
un’invenzione straordinaria perché mi permettevano di sentire la musica, mentre
ero mezzo sbronzo e contento e non tutte quelle stronzissime parole che la
gente pronunciava.
Sono un uomo semplice, diceva il nigeriano, bevo e sono felice, non potevo dargli torto, ma quella era una stupida felicità passeggera, la luce che avevo dentro era una gioia diversa, era la cosa più preziosa che possedessi e continuava ad ardere ed era l’amore, era ogni sguardo nel quale potevo rispecchiarmi, negli occhi delle donne vedevo in maniera così chiara quella bellezza senza argini, la mia bellezza, tutto quello che anni di buio non erano riusciti ad oscurare, tutto quello che era reale, tutta la meraviglia che avevo dentro. Splendente. Riflessa in uno sguardo.
Sono un uomo semplice, diceva il nigeriano, bevo e sono felice, non potevo dargli torto, ma quella era una stupida felicità passeggera, la luce che avevo dentro era una gioia diversa, era la cosa più preziosa che possedessi e continuava ad ardere ed era l’amore, era ogni sguardo nel quale potevo rispecchiarmi, negli occhi delle donne vedevo in maniera così chiara quella bellezza senza argini, la mia bellezza, tutto quello che anni di buio non erano riusciti ad oscurare, tutto quello che era reale, tutta la meraviglia che avevo dentro. Splendente. Riflessa in uno sguardo.
Riflessa in un paio di occhi che mi
guardavano.
La notte, dolce e sensuale, stava
arrivando.
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