giovedì 5 aprile 2012

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Mi ricordo quando gli ippodromi erano pieni zeppi di persone, gomito a gomito, culo a culo, che sudavano, gridavano, si accalcavano verso i bar affollati. Bei tempi: Passavi una bella giornata, trovavi una donna al bar e la sera te la portavi a casa a bere e ridere. Pensavamo che quei giorni ( e quelle notti) non sarebbero mai finiti. Perché dovevano finire? Partite a dadi nei parcheggi. Scazzottate. Bravate e gloria: Elettricità. Diavolo, la vita era bella, la vita era divertente. Tutti noi eravamo uomini, merda in faccia non se ne prendeva da nessuno. E, francamente, si stava bene. Alcol e una scopata alla buona. E un sacco di bar, bar pieni. Niente televisione. Una parola e ti cacciavi nei guai. Se ti pizzicavano in giro perché eri sbronzo, ti mettevano dentro una notte soltanto per fartela smaltire. Perdevi un lavoro e ne trovavi un altro. Inutile fermarsi nello stesso posto. Che tempi. Che vita. Succedeva sempre qualcosa di straordinario, e subito qualcos'altro di straordinario.

charles bukowski
il capitano è fuori a pranzo

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