Non poteva più dirsi che il tempo
non fosse passato, che le cose non fossero cambiate. Nella sua memoria le
vetrine del quartiere a luci rosse di Amsterdam conservavano impossibili
prospettive, l’eco della voce di una donna, che aveva visto allargarsi nell’aria in piccole onde concentriche e quell’eco si era espansa ed era diventata un’immagine mentale, come quella di
alcuni ragazzi in una vallata, dove lo sguardo poteva muoversi in ogni
direzione e gli effetti della psilocibina che aumentavano le percezioni, le macchie di colore viola arancione rosso che
danzavano negli spazi vuoti della realtà ed erano come il movimento di una
musica classica, di una dolcezza crepuscolare e piena. Avresti voluto essere
una di quelle macchie di colore e allargarti e restringerti e poi più nulla, lo
stesso respiro degli alberi, lo stesso scorrere di un fiume, lo stesso odore
della terra.
La lontananza e il distacco e le
persone che vivevano ancora nella città, che si affollavano il venerdì sera
dentro un locale o al di fuori, con le loro birre, i cocktail, le chiacchiere
idiote, gli schemi di conoscenza da ripetere a memoria e applicare alla
prossima persona alla quale ti saresti avvicinato e le sigarette, centinaia di
sigarette, che era quasi impossibile trovare qualcuno che non fumasse o bevesse
e pensavi ai paesi del deserto e a un rapido cambio di prospettiva e di significato
e alle piantagioni di marijuana dell’Afghanistan, del Marocco e quando camminavi
per la tua città c’era una bottiglia di vino o di liquore in qualsiasi negozio,
la nostra società trovava la sua sostanza dovunque, era in vendita in ogni strada,
era il paradiso di qualsiasi persona avesse trovato nell’alcol la sua cura, il
suo spirito guida, il suo demone, la sua condanna.
Lo spirito di Dioniso era fatto di urla e danze e musica ed esaltazione sessuale. I satiri correvano dietro le
donne, che scappavano e ridevano e le loro voci erano musica e oro e i
capelli che volavano nel vento e adesso sembra che i pagani scolino le loro
bottiglie solo per un semplice e stupido contatto fisico, senza gloria e magia
e domani saranno i postumi e un letto vuoto o forse qualcuno al tuo fianco di
cui non conoscerai neanche il nome. Di cui non saprai il colore degli occhi. Di
cui non ricorderai l’odore degli abbracci dell’estate.
- Ti è piaciuto?
- Cosa?
- Quello che abbiamo fatto stanotte.
- Perché? Cosa abbiamo fatto?
Andava a bere qualcosa verso l’ora
di pranzo, un bicchiere di tè alla menta, qualcuno gli offriva una canna di
hashish, faceva qualche tiro, il sole era già caldo e lui non ricordava cosa
fosse successo, come fosse arrivato in quella città, lo chiamavano … e quel nome
gli piaceva, aveva un bel suono e poi c’era il mare e la stanza che gli avevano
trovato alcune persone in una casa proprio sulla spiaggia e c’erano i tramonti e la
musica che i pescatori suonavano con strumenti artigianali nelle piccole ore
che separavano il giorno dalla notte e in quei momenti si sentiva felice, si
sentiva felice quando era in silenzio e vuoto e le cose passavano, venivano,
andavano e lui era lì, in silenzio,
seduto e le notti cariche di stelle, la pelle scura di una ragazza che gli
raccontava i suoi amori, gli occhi chiari di una fanciulla dai capelli biondi che
lo veniva a trovare nei sogni, le bambine che danzavano seminude davanti ai
fuochi dei pescatori, le loro madri che parlavano e a volte lo indicavano
sorridendo, non capiva nulla della loro lingua ma anche lui sorrideva a quelle donne, che
poi gli portavano cibo e vestiti e a volte pulivano la sua stanza.
E c’era stata Amsterdam, un periodo,
un tempo remoto, le droghe erano state un rifugio e una scoperta. Le ragnatele
della mente e i bisogni di un insetto. Pensare come un ragno. Fili d’argento
esplosi in una stanza.
Il fuoco crepitava. La sabbia sotto
i piedi.
Possano i tuoi occhi amarmi ancora.
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