Barbara era
vestita di bianco, seduta su uno sgabello, accanto a un bancone circolare, le
bottiglie dei liquori scintillavano su una parete a specchio davanti a lei, la
sala era piena di gente, qualcuno le si è avvicinato e l’ha invitata a ballare.
Avevo trovato un portafogli, sotto a un tappeto, mentre stavo pulendo una
stanza, era pieno di bustine di hashish e marijuana, di vecchie banconote
italiane e di alcune sterline. Mi sono ritrovato davanti alla porta del centro
massaggi di Sofia, sono entrato, mi ha accolto una ragazza, le ho chiesto se
Sofia fosse lì, lei è andata a chiamarla, Sofia è arrivata, più giovane, mi ha
sorriso, si è avvicinata, si è strusciata contro il mio corpo e con una mano le
ho accarezzato il culo, poi le ho detto che dovevo andare a prendere dei soldi
e sono uscito. Guardavo una foto appesa a un muro, era di mio nonno, con la
vernice rossa avevo pitturato uno dei suoi occhi, lasciando che il colore
colasse sul resto dell’immagine, spiegavo a mia madre l’importanza della
creatività nella mia vita, quanto la mia mente cercasse sempre una soluzione
artistica ai problemi, lei sembrava interessata alle mie parole. Cammino per
dei vicoli, i rumori e gli odori dell’estate, i volti come maschere dimenticate
dei personaggi che avevano attraversato la mia esistenza, gli ultimi ostaggi
della memoria, i passi in lontananza, le strette di mano e i piani di fuga,
ancora qui, a osservare i minuti, le linee verdi degli alberi fra le colline
immobili, David che accende il registratore e racconta la sua storia, recitando
frasi che qualcuno aveva scritto e inventato solo per lui.
lunedì 19 febbraio 2018
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