Avrei potuto vivere qui, nel vertice di questo triangolo architettonico e sarebbe stato soltanto un altro luogo della mia immaginazione - Un appartamento, uno studio, il bianco delle pareti, degli oggetti, il design minimalista, le grandi vetrate, la luce e il silenzio - Avrei potuto vivere qui e affacciarmi da una finestra e vedere un mondo che non esiste, che non ha forme sensibili se non quelle di geometrie inventate da menti che volevano alterare la realtà con la loro follia, perché nulla fosse più riconoscibile, se non nella maniera in cui appariva nei sogni o nelle esperienze lisergiche - E l’edificio, si, l’edificio provava emozioni e vibrava intorno a me, a volte sorridendo e danzando e accogliendomi dentro di esso - E c’erano colonne, al suo esterno e grandi fori circolari sulle pareti e nessuno intorno e l’unico rumore era quello ovattato di macchine che fuggivano via, lontano, perché la città era sveglia e nessuno voleva più viverci e i vecchi demiurghi alcolizzati cominciavano le loro riunioni clandestine nei sotterranei di qualche laboratorio segreto, un elicottero si alzava in volo, le formiche correvano impazzite ovunque, le ombre erano disegni di un teatro svanito dagli occhi e dal cuore, non c’era più nessuno che conoscessi, nessuno che volessi conoscere, il telefono continua a squillare ma io non sono più qui.
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