mercoledì 11 maggio 2022

Roma #16 (ostia)

 Odore di mare, cielo grigio e pioggia, mentre sono al volante, guidando verso Torvaianica e poi Ostia, su strade dissestate, ascoltando Electric Ladyland di Jimi Hendrix, Rainy day/dream away perfetta per l’occasione. E ieri, al funerale di mio zio, pensavo solo che si trattasse di un brutto scherzo e che lui, da un momento all’altro, sarebbe uscito fuori da qualche parte alle mie spalle e si sarebbe messo a ridere, potevo quasi sentirla quella risata insieme al suono della sua voce e invece non è successo niente di tutto questo e io ero ancora vicino alla porta e le parole del prete erano così miserabili che ho sentito una stretta allo stomaco e sono rimasto in piedi, in fondo alla chiesa, resistendo al desiderio di uscire e ogni tanto guardavo fuori e c’era una bella luce, quella della vita stessa, umana e divina,  che accarezzava le fronde degli alberi, che sembravano danzare lievemente e sapevo che dio era lì e non fra queste mura grigie e desolate, sapevo anche che dio era dentro di noi, nei nostri respiri e questa era una delle cose che mi aveva insegnato mio zio, uno dei primi che me ne aveva parlato, della possibilità di guardarsi dentro e di trovarci un luogo pieno di quiete e di pace e che bisognava solo respirare per entrarci e lasciare che quei respiri continuassero e noi non dovevamo fare altro che accogliere quell’aria, quell’ossigeno come il dono più importante di tutti.

Non volevo vedere la gente che c’era in chiesa, non volevo parlare con loro, non volevo sentire i loro commenti, volevo solo andarmene e sapevo bene che non avrei mai più rivisto nessuno di quei volti, alcuni appartenevano a un passato di cui non avevo più interesse, altri erano diventati dei perfetti sconosciuti.

Sequenze della memoria, mentre sono al volante e poi di nuovo mentre cammino per le strade di Roma e tutto appare vicino e distante, smarrito e presente - E poi le onde del mare come immagini improvvise, inquiete e arrendevoli, sono stato qui in altri momenti della mia vita, su questa spiaggia, a scrivere di altre sofferenze, di altre perdite, a sognare altri amori, a piangere altre lacrime.

Non ci è dato di sapere quanto tempo passeremo in questo corpo, scivolando lungo la sabbia del tempo. Meglio così, meglio non sapere nulla, meglio abbandonarsi e lasciare che i respiri riempiano i nostri dubbi e li facciano dissolvere in essi.

Poi la bara è stata portata via e così me ne sono andato anche io, senza dire niente, perché rimanere in silenzio mi è sempre sembrata la cosa migliore da fare.

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