domenica 29 maggio 2022

Roma #19 (forte prenestino)

 C’era una nuova ondata di prostituzione giovanile intorno a Termini, per lo più  composta da minorenni arabi, i vecchi frocioni romani li adescavano all’alba - Qualcuno, quando ero al liceo (Fabrizio, credo), mi aveva detto che forse tutta l’opera di Pasolini non era stata altro che un modo per acchiappare giovani ragazzi imberbi per poi inchiappettarseli a dovere, il centro energetico del suo cinema e del suo scrivere era dunque il desiderio sessuale, quella forza pulsante che lo spingeva all’azione. Ancora me le ricordavo queste idee strampalate che mi aveva detto Fabrizio più di venti anni fa, quando eravamo nel cortile del Cavour a fare non so cosa, non mi era rimasto molto in termini accademici di quel periodo allo scientifico, ma questi frammenti di un delirante discorso mattutino ancora ce li avevo in testa. 
Avevo preso la macchina, ero uscito presto, non per andare a lavorare (avrei rimandato questa noiosa questione al più a lungo possibile) ma per lasciare casa libera, visto che sarebbe venuta una donna rumena a fare le pulizie, strana la vita, per quasi un anno in Galles era toccato a me fare il cleaner in alcuni cottage e dopotutto non era stato così male. Una volta in macchina avevo iniziato a guidare a caso lasciandomi trasportare dalle mie intuizioni visive (bagliori, riflessi e indicazioni metafisiche varie). Ero arrivato al parco dell’Aniene, dove avevo parcheggiato vicino a un casale, ero sceso e mi ero messo a camminare, sempre vagando senza meta. L’aria era fresca, aveva piovuto parecchio la notte precedente. Seguivo una specie di sentiero che i miei piedi avevano trovato, fatto di traversine di legno che passavano sopra un acquitrino, che mi ricordava alcuni paesaggi simili che avevo visto in Galles, fra Aberystwyth e Machynlleth. Non c’era nessuno in giro e così la mia passeggiata è stata molto tranquilla. Alla fine sono arrivato davanti ad una serie di palazzoni di cemento, con intorno giardini mezzi abbandonati e panchine sfondate. Mi sono sentito triste, improvvisamente, mi sono seduto per qualche minuto, guardandomi intorno e poi sono tornato verso la mia macchina. 

Di nuovo al volante ho continuato ad andare. Stavo cercando di raggiungere la Prenestina perché volevo fare un salto al Forte dove ci doveva essere un mercatino domenicale di prodotti agricoli (e dove chissà, forse, avrei potuto comprare un pò di marijuana). Le strade che seguivo attraversavano zone spoglie, con palazzine a due piani e capannoni industriali, che si alternavano a enormi sale da gioco, squallidi bar e strade laterali deserte.

Mi sono fermato dalle parti di Tor Sapienza perché volevo scattare delle foto. La luce aveva di colpo inondato le facciate a vetri di un palazzo e aveva aperto squarci futuristici nella mia immaginazione. Ho camminato intorno al palazzo facendo foto. Era un’architettura bizzarra per quell’area suburbana. Avvicinandomi all’entrata dell’edifico ho scoperto che era parte degli studi di Voxon Tv, bella merda, ho pensato, qualche produttore o conduttore si starà facendo la prima riga della giornata, ora che il sole brillava intenso, seduto sulla sua poltrona imbottita di cuoio nero, aspettando che una segretaria con le calze e i tacchi alti gli venga a fare un pompino, eccolo qui il dorato mondo della televisione, un altro troiaio di prima qualità. 

Ho proseguito fino alla stazione di Tor Sapienza, poco distante dagli studi televisivi, una orribile struttura bassa e anonima immersa nel vuoto della miseria circostante, con un viale di asfalto grezzo che le passava accanto e non arrivava da nessuna parte. Alcune panchine, alcuni vecchi, alcune donne con i loro cani come unica compagnia. Ho fatto altre foto, cercando di dare una prospettiva a questo merdaio, ho pensato anche a un titolo per una di esse, Angoli di desolazione, parafrasando Kerouac.

Sono arrivato al Forte che saranno state le undici, avevo ancora un paio di ore da riempire prima di poter tornare a casa, farmi una canna, perdermi nelle mie fantasie masochistiche e forse sborrare. Per adesso ero in giro per la città, un cronista anarchico e scansafatiche, anzi skansafatike, che suonava più antagonista del protagonista di queste insulse avventure urbane.

Ho sempre una sensazione non proprio piacevole quando entro nel Forte, forse perché questo luogo possiede una ragnatela psichica di memorie di molteplici e misteriosi fatti  accaduti nel passato, alterati nella realtà presente dal ricordo di imprecisate e vaste assunzioni di svariate sostanze stupefacenti e mi sentivo come in balia di esse, dei loro residui nell’aria e fra i muri, così ho attraversato il tunnel, vuoto e una volta fuori mi sono messo a osservare i meravigliosi affreschi psichedelici che mi guardavano come io guardavo loro sempre con la speranza che, da un istante all’altro, prendessero vita e iniziassero a muoversi. 

Il mercatino faceva abbastanza schifo e anche lì, sebbene circondato da poche persone dall’apparenza alternativa, non mi sono sentito per niente a mio agio. Ho pensato a Cigarrones e non avevo voglia di ritrovarmi in un posto simile in questo momento, così ho fatto un giro, seguendo un sentiero che compie una specie di anello ellittico per tutto il Forte, passando davanti ad alcune strane abitazioni ricavate da antichi rifugi o depositi, nei quali alcune persone vivevano e che avevano cercato di riorganizzare in una struttura abitabile con piccoli giardini all’esterno. Anche questi luoghi mi ricordavano altri che avevo visto in Galles e in Spagna, non in un contesto urbano ma in uno rurale quando non apertamente boschivo. Ho iniziato a sentirmi triste, in fondo anche il Forte era una specie di ghetto nel quale si erano rinchiusi coloro che avevano deciso di vivere seguendo altre regole e sperimentando altri stili di vita. Era un villaggio utopistico e decadente nella città, una piccola oasi, un’isola di resistenza, questo ad essere romantici e sognatori ma nella realtà era il risultato di un fallimento, di una ennesima prigione in cui nascondersi e immaginare un’esistenza diversa, che le  sostanze allucinogene e psicotrope sicuramente aiutavano a costruire e allargare nelle menti di chi ci abitava. Purtroppo però quel periodo di rivoluzione lisergica era bello che finito e fuori dalle mura del Forte la merda era ovunque, quasi non si respirava più per il suo tanfo, non c’erano più spazi liberi dal denaro nel quale riunirsi e comunicare, era tutto gestito dalle regole del capitale, del commercio, dell’incubo costante del guadagno.

Me ne sono tornato verso Monte Sacro con questi pensieri, ormai era l’una passata e quindi casa era libera e pulita di nuovo. Dovevo anche andare al cesso a cagare. Avevo  trovato un bel paio di scarpe alte con il tacco sulle quale avrei potuto masturbarmi, fuori dal Forte, sotto una panchina, la mattinata, in fondo, era stata produttiva, in termini creativi e feticistici. L’aria era calda, la luce splendeva fra le foglie degli alberi, ero vivo e come ognuno di noi non sapevo ancora per quanto. E tutto, tutto era in questo momento meraviglioso e dolce e perduto. Fino a quando non ci sveglieremo svegliati da questo sogno di cui non conosciamo neanche l’esistenza.

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