martedì 26 novembre 2024

ZetaElle #14

 Le stelle nel cielo e le linee delle montagne che sfumavano nel nero, confondendosi nei misteri della notte e l’odore delle piante della macchia mediterranea e poi le luci delle case in lontananza che punteggiavano campi di buio e una voce nella testa dello scrittore che si chiedeva quanto ci avrebbe messo a scordarsi un’altra volta di tutto, a fare piazza pulita di ciò che era stato nei mesi passati e sembrava non avere lasciato nessuna traccia, perché la vita fluiva e non c’era più nessun attrito o bisogno di opporle resistenza con progetti e ambizioni.

Sarebbe stato bello allontanarsi di nuovo, rifugiarsi in una piccola casa in qualche sperduta isola greca, a fumare hashish e a scrivere, a inventarsi un’improbabile quanto fallimentare futuro, a sorridere a impudici e sognanti amori, a svanire dietro ogni angolo, proprio come la sua giovinezza che se ne stava silenziosamente andando via e poi all’improvviso ricomparire inafferrabile nei giovani corpi delle ragazze ventenni, distese sulla sabbia ad abbronzarsi e a ridere. Quante poesie lo scrittore aveva scritto per loro, da ragazzo, nella perfida illusione di saper cogliere e trattenere i palpiti del cuore, il battere delle ciglia, il fremito delle labbra. La cocente delusione per ogni parola d'amore non pronunciata, per un bacio non dato ma solo immaginato, desiderato e sperato e infine dimenticato.

Rumori di treni lontani e amici fuggiti chissà dove, gli echi di chiacchiere su una scogliera, i riflessi della luna, le leggere creste fosforescenti delle onde, lo scrittore non attribuiva più nessuna importanza ai moti invisibili dei suoi ricordi, bastava che arrivassero, eccitati dall’alcol e poi se ne andassero.

Cambi della sceneggiatura e dei set in cui far progredire l’azione, l’intreccio rimaneva confuso e senza coerenza logica, i frammenti determinavano la struttura, creandola e distruggendola allo stesso tempo.

Odore di pesci morti e putrefatti, poi la brezza marina a scacciare i fantasmi in decomposizione del passato, le ombre schiacciate nel mezzogiorno cocente, brevi passeggiate in borghi marinari, una camera in un albergo di secondo ordine, il caldo nella stanza mentre l’hashish fumato faceva il suo effetto, amplificando e seducendo la realtà, l’immaginazione, alimentando il fuoco sacro di ogni demone che ci si nasconde dentro, non sarebbero bastati i sortilegi della ragione a scacciare le nostre debolezze, lenzuola sudate, un ventilatore sul soffitto che girava lento e svogliato, una musica araba che arriva dai vicoli della casbah, incontri mai avvenuti, possibilità che nemmeno il caos sapeva più come chiamare.


Nessun commento:

Posta un commento

ZetaElle #20

  Ancora antichi borghi, profili di anziani seduti nell’ombra, ricordi di pellicole mai girate se non fra le piaghe di menti raggrinzite e d...