Le
ombre delle bottiglie di vino disegnate sulla parete bianca, le immagini sullo
schermo di un cinema onirico, piccoli vinili che girano sui piatti, le luci
rosse nella sala e le tavole di legno del palco, i sedili sfondati, l’odore
dell’erba nei vicoli, gli uomini neri nascosti negli angoli, gli edifici
obliqui, le vie di fuga dello sguardo verso punti immaginari, i capelli di una
giovane ragazza tedesca e i suoi occhi azzurri, qualcosa di impossibile a cui
nessuno dovrebbe mai credere. Cammino di notte e ho freddo, la birra in mano,
un uomo mi chiede delle sigarette, scorrono fluide le ore trascinandomi con
loro, luoghi e spazi che cambiano, le nuvole che mi accompagnano ovunque, i
sorrisi luminosi del cielo, i miei silenzi, la sola possibilità che le divinità
mi abbiano mai offerto, gli anni fuggiti, ero sempre io dovunque andassi, ci
mettevo poco a trasformare le cose che avevo intorno, continuavo ad evitare le
persone, aspettavo semplicemente i segnali da seguire, non riuscivo ancora a
capire dove sarei arrivato, avevo dimenticato tutte le domande, perdersi era un
nuovo modo per continuare, non esisteva nessuna disciplina, solo i respiri, quel
vuoto e quella meraviglia, passo dopo passo, il vento che ascolta i sospiri
dell’erba, il mio corpo che non ha più peso.
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