I giorni non avevano più nome e mi accoglievano con le prime luci dell’alba,
cercavo di attraversarli senza troppi pensieri, misurando il tempo in attimi ma
qualcosa finiva sempre per distogliere la mia attenzione da quello che avevo
davanti: i ricordi, i sogni, le voci nella mente, le misere preoccupazioni, le
inutili aspettative. Anche le persone continuavano ad avvicinarsi troppo e io
sapevo, dentro di me, che non le avrei lasciate entrare, ancora non ero pronto,
ancora gli echi del passato mi raccontavano storie che non avevo più voglia di
ascoltare. Poi c’erano i corpi delle giovani ragazze che mi attraevano e che
non volevo toccare, mi bastava sentire la loro presenza accanto alla mia, i
capelli che mi sfioravano, il fugace contatto delle loro braccia, brevi istanti
in cui era la pelle a parlare e in ognuna di loro c’eri anche tu ed era strano
quanto fossi diventata irreale, ora che ero venuto nel tuo mondo, cercando di
imparare una lingua che mi scivolava nel cervello, senza rimanerci, senza
modificarne i movimenti. Avevo solo bisogno di andare avanti, senza portare
nulla con me. Nelle città le cose mi sembravano troppo simili a quelle che mi
ero lasciato dietro e i soldi, il lavoro, le bocche fameliche e lampeggianti
dei bancomat continuavano ad impaurirmi mentre gli alberi mi colmavano di
serenità, dovevo distaccarmi un po’ alla volta, spostarmi verso luoghi più
remoti, solitari e sperduti, così come era la mia anima, quando respirava e le
lasciavo spazio e tempo per espandersi e crescere e le parole, ancora loro,
scritte su un foglio, così intime e familiari, così capaci di esprimere quello
che veramente provavo e i treni in arrivo alla stazione, una panchina di legno,
uno zaino e una valigia, gli avvisi e i gabbiani che regnavano incontrastati
nei loro mondi di onde e spazzatura e le nuvole dipinte nel cielo, il richiamo
del mare, i saluti che ero stanco di fare, gli sguardi oltre la vista, gli
occhi di Pete, quando per brevi secondi ci eravamo guardati dentro e ci eravamo
riconosciuti, nulla era più importante di questa intimità, così reale e
stupenda, che non aveva bisogno di nessuna parola e di nessuna lingua per
essere espressa.
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ZetaElle #32
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Ciao Emiliano, da cosa stai scappando? Da un passato doloroso, da un presente che non ti appartiene o dai tuoi dubbi e dalle tue paure?
RispondiEliminaScusami, non so se è una domanda troppo personale...
Non credo di stare scappando da nulla, sto solo cercando di andare avanti con una vita che neanche sapevo potesse esistere e sono contento di aver lasciato quella che avevo prima. E' un viaggio di conoscenza e spero anche di liberazione. Ma non è facile, perché il vuoto della mente e del cuore è qualcosa che ha bisogno di una disciplina per essere raggiunto. Concentrarsi sul presente, questo è un esercizio che cerco di fare giorno dopo giorno. Mi piacerebbe sapere chi sei.
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