Un
uomo dagli occhi azzurri cerca di vendermi della coca, fuori da un locale. Poi
entriamo, prendiamo da bere e iniziamo a parlare. Lui vuole convincermi che ho
bisogno della sua roba, gli dico di no, che non mi serve, lui insiste, alla
fine gli dico che devo andare a pisciare e lui mi dice che mi aspetterà per
strada. Torno dal cesso e lui non c’è più, compro un'altra pinta, entro in una
piccola stanza, la musica che sbatte contro le pareti nere, l’odore della birra
e del sudore, il corpo di una ragazza vicino al mio, le nostre braccia che si
sfiorano. Avevo dimenticato il tuo contatto e cosa significasse sentire la tua
pelle sotto la punta delle mie dita. Qualcuno mi fa fumare mentre sto tornando
a casa e io che non mi ricordo più niente, solo il suo volto che si avvicina,
al rallentatore, la sua mano che passa oltre la mia schiena e mi sfila il
portafogli dalla tasca posteriore dei jeans, io che provo a correre, senza
riuscirci, le gambe che diventano di gomma, la mente che cancella i pensieri. Il
giorno dopo non rimaneva più nessuna traccia di quello che era successo, solo
un corpo vuoto, lontano e perduto. Camminavo per la città e quando ero stanco
mi sdraiavo sull’erba in un parco e mi addormentavo sotto lo sguardo del sole,
passavano i minuti e le nuvole nel cielo e poi ero di nuovo sveglio e mi alzavo
e continuavo a vagare, tra gli alberi, la luce che filtrava tra le foglie, le
parole di una persona cara scritte in un biglietto di auguri, parole che
portavo con me, come una benedizione, nei momenti bui, quando mi sentivo solo,
lontano da tutti, eppure questa era stata una mia decisione e avevo voluto
provare cosa significasse vivere così, lasciarsi trasportare, dimenticare ogni
giorno, appena la notte lo travestiva con le sue ombre. Quando ho attraversato
un centro commerciale completamente vuoto, poco prima dell’alba, tutto quel
silenzio e i negozi senza voce, i pavimenti lucidi, le vetrine in attesa di
occhi che le facessero splendere, l’architettura trasformata di un sogno, le
porte che mi avrebbero fatto entrare in altri luoghi, i passaggi proibiti, gli
incontri che sarebbero svaniti dalla memoria, i flash improvvisi, la mattina,
mentre quelle immagini venivano proiettate tra i frammenti lucenti della
realtà, le lacrime che arrivavano e il senso di solitudine e i pensieri,
ancora, come trappole che si aprivano nello spazio che avevo intorno e
ritornavo nel passato, nei corridoi, negli echi di discorsi che volevo
solamente scordare, tra i volti di chi avevo deciso non avrebbe più dovuto fare
parte della mia vita e ancora il dolore, quando i ricordi si fermavano e c’era
il tuo viso e la sua tristezza e anche tutti i momenti in cui ti ho amata, in
cui sapevo perfettamente il motivo della mia scelta, perché eri stata così
importante. C’era bisogno di tempo e di distanze, di altri addii e altre
separazioni e la pioggia che arrivava con il suo leggero sussurrare e tutte le
cose che avevo voluto perdere e anche le domande, se avessi fatto bene, se le
mie decisioni fossero state quelle giuste e sapevo, dentro di me, che sarei
solamente dovuto andare avanti, che non aveva senso ripetere gli stessi errori
di sempre. C’erano inganni di cui non volevo più fare parte, c’erano respiri
che avrei voluto far diventare ancora più lunghi e intensi, seduto tra le
radici scoperte di un albero, la mia e la sua esistenza, diverse eppure
identiche, ci ascoltavamo senza parlare, aprivo gli occhi, il giorno aveva
domande a cui non avrei risposto, guardavo fuori dalla finestra, le montagne
che non esistevano apparivano in tutta la loro bellezza.
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