martedì 25 agosto 2020

Orgiva #11

Le colazioni alla terraza Castillo, con il fumo delle sigarette che creava figure astratte nell’aria, fra le dita di donne annoiate, il loro parlare interminabile, già a quell’ora, quando le loro bocche avrebbero dovuto essere ancora chiuse o al limite desiderose di succhiare un cazzo in erezione, suoni marini, scivolose sensazioni di ebbrezza erotica e sullo schermo della televisione passavano le immagini di pandemie mediatiche e lo scrittore si era alzato alle cinque di mattina per rileggere i suoi romanzi con occhi onirici, seconde stesure, laboratori di personale rielaborazione catartica, seguendo il ritmo delle sue visioni notturne e non c’era nessuno per strada, a quell’ora, nella piazza, non c’erano voci, né grida di bambini in stato di avanzata fibrillazione ludica, non c’erano cani, madri e vagabondi in giro e in questi momenti di silenzio ringraziavo la vita per la sua quiete, sapendo bene che non era questa la vita, ma solo il suo lato nascosto, timido e pacato, come me, al riparo in una casa vuota, con i libri e le foto e le tue scarpe con il tacco da baciare e leccare nei momenti di esaltazione masochistica (senza il bisogno di aggiungere la presenza di un laccio intorno ai miei coglioni gonfi) - O Dei della masturbazione, innalzerò altari di feticci in vostro onore e davanti ad essi mi inginocchierò a cazzo duro, vi adorerò nelle mie preghiere onanistiche, madre del cielo apri la tua fica d’aria e nuvole e lascia che gli uragani della passione ti turbino dentro - E nulla restava, lo sapevi bene e le divinità rissose con te, di questi orgasmi senza gioia, mai raggiunti e spinti lontano, nessuna bianca sostanza, nessun figlio perduto, nulla rimaneva del teatro del fottere&gridare, se non illusioni di un’intesa perversa e sfuggente e ferite e lividi viola e la tua pelle come una terra di misteri irrisolti, un campo di una guerra che mai conoscerà una fine, bandiere di resa bruciate nel fianchi, fra le gambe, nelle viscere - Bevevamo liquori in locali persi nel tempo, il tintinnare dei brindisi, il contatto dei tuoi piedi sui miei, sotto il tavolo, di nuovo a cazzo duro, ogni movimento, ogni penetrazione, come se fossimo gli ultimi amanti di una città dimenticata, in questa notte di stupende ossessioni vestite di cuoio e sospiri.


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