mercoledì 5 agosto 2020

Orgiva #9

I colpi di una campana (e quelli di una frusta, che ancora stavo aspettando) nelle mattine di quiete e bianchi orgasmi nella mente, i volti delle case che prendevano forma, lucidi e brillanti, dai resti avvolgenti di notti calde e sinuose - Un appartamento in cui cercavo Maria senza trovarla, in un sogno, la sua stanza chiusa e un tentativo di chiamarla al telefono, alle quattro di mattina, un’antica sensazione di preoccupazione e ansia nello stomaco, di cosa potrebbe succedere a una persona amata quando è lontana da te, diventando un tuo doppio, una copia pulsante del tuo stesso cuore - Tutti i momenti in cui sono stati gli addii a dirci cosa fare, cosa dimenticare - Tutti gli anni trascorsi in abitudini in cui non esisteva più nessuna scelta, se non quella di lasciarsi andare una volta per sempre, fino a quando ogni viso familiare fosse sparito e con esso i ricordi e la dolcezza di un tuo sorriso e anche il peso imponderabile di ogni lacrima trattenuta, in modo che non fosse più il dolore a tenerci uniti ma solo il suo impronunciabile nome, l’eco del suo passaggio nelle vene, nel sangue, nei battiti del tempo che ogni ferita necessita per trasformarsi in una cicatrice di perduta bellezza - Le mie passeggiate solitarie, i personaggi che comparivano e si dissolvevano nello sguardo dello scrittore, proiezioni psichiche, mesmerizzazioni erotiche, quando i coglioni pulsavano e con essi le danze di gambe e piedi nudi, dorati, appartenenti ad esseri che non sapevo nemmeno come chiamare - Non avevo più interesse nell’amore, nel sesso, nei contatti fisici, negli sguardi, nei piccoli giochi di seduzione, era una commedia amara la storia dell’uomo accompagnata dalle dolci forme sempre in movimento delle donne, attimi sconosciuti in cui si univano corpi e destini e poi frammentazioni cosmiche e nuovi scenari galattici e tutto che finiva per ripetersi, decennio dopo decennio, senza che se ne capisse più il senso o la ragione - Un piccolo terrazzo da cui osservare il giorno diventare notte, non molto da fare se non rimanere in disparte, a osservare, a scrivere, a prendere appunti, a guardare i profili delle montagne oscillare nei colori del mondo alla sera, all’alba, ad essi appartiene la mia immaginazione, con loro finirò per fuggire di nuovo, in quel luogo dove il silenzio diventa voce e le parole suoni di luce.

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