Sara mi raccontava di Londra, della sua vita quando abitava lì e mi mostrava foto del suo appartamento mentre eravamo seduti sul divano, vicini, le ginocchia che si sfioravano, potevo girare la testa verso di lei ed immergermi nei suoi capelli e nel loro odore - E i momenti in cui la tristezza la assaliva e la confusione e poi di nuovo la gioia nei suoi occhi quando la vedevo ridere e le notti passate sul terrazzino di casa a bere vino e fumare porros, avvolti da un’oscurità ventosa, le foglie delle palme che si muovevano impazzite facendole assomigliare al piumaggio di bizzarri uccelli tropicali e Sara mi raccontava dei suoi uomini, degli amici e degli amanti e io la ascoltavo, interessato, immaginandomela con altri, senza gelosia, anche se la possibilità di perderla aveva riaperto antiche ferite nel mio cuore, poi l’abbracciavo, alcune volte dormivamo nel suo letto dalle lenzuola rosse e lei mi mostrava i suoi disegni e poi spegneva la luce e ci addormentavamo e non c’erano più sogni nei quali smarrirsi perché la vita già pareva il riflesso perfetto di quell’altro mondo e ancora tutti i momenti in cui mi sono rinchiuso nella mia solitudine, ignorandola e facendo finta che non esistesse e qualcuno aveva scritto da qualche parte che un giorno passato senza commettere errori era un giorno sprecato e poi una telefonata con Maria in cui le nuvole avevano assunto le forme e l’aspetto di animali fantastici e lei che mi diceva che la mia maniera di amare finiva sempre per scontrarsi con le mie fantasie e a volte Sara mi accompagnava nei miei luoghi oscuri e lo faceva con grazia e classe e naturalezza e allora le sfilavo le scarpe e le calze e le baciavo i piedi, alcune mattine mi inginocchiavo davanti al suo letto per svegliarla con dolcezza, nel silenzio di istanti sospesi mi fermavo a osservarla, a guardarla per quello che era realmente e allora sentivo una meraviglia respirare nel mio petto, un centro di luce risplendere al suo interno, una sfera di calore pulsante e poi le sono venuto dentro in una onda di bianca estasi, mi sono disciolto, non ero più io, non ero più niente, le ho sussurrato il mio amore ma non c’erano più parole che avessero senso nella mia gola, erano giorni di una bellezza inquieta e fuggente, la stessa che Sara possedeva dentro, tutti i baci che le ho rubato e tutti quelli che mi sono proibito di darle.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ZetaElle #32
Sequenze di combattimenti fra le strade e persone in fuga, i rumori in lontananza degli spari e un senso di panico e come una vibrazione n...
-
I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
-
Per capire il significato di quella perdita dovresti passare almeno cinque o sei anni con una stessa persona e vederla tutti i giorn...
-
Ce l’hai una sigaretta? - chiede il tossico. Non fumo, mi dispiace – rispondo. Allora che me la vai a cercare? No, non ho quest...
Nessun commento:
Posta un commento