Gli uomini del Chico Bar giocavano a carte, bevevano birra o vino Costa e mi piaceva pensare che se ne fregassero di tutto il resto, delle donne soprattutto, del denaro e del cielo e venivo qui a scrivere o a parlare con Paul o quando le cose con Sara, a casa, si facevano pesanti e mi sembrava saggia la scelta che qualcuno aveva suggerito di sparire per un pò e rifugiarsi in un bar - Codardo una voce mi aveva urlato in una notte in cui avrei solo voluto dormire e dimenticarmi di ogni problema - Difficile sapere quello che sarebbe successo dopo, mi sembravano preziosi i giorni che stavo passando con Sara, nella loro costante incertezza e nel loro sempre mutevole splendore, le notti in cui dormivamo insieme, vicini, senza che nulla accadesse, se non lo smarrirsi nei propri sogni e poi le improvvise e primitive rappresentazioni di atti erotici e pornografici, mi sedevo sulla sua faccia e sentivo la sua lingua insinuarsi nel mio buco del culo, poi le infilavo il cazzo in bocca, la scopavo nella bocca, spingendo la cappella fino al fondo della sua gola, in alcuni momenti sembrava soffocare, la facevo respirare un poco e poi glielo rimettevo dentro, altre volte si sedeva lei sulla mia faccia, la fica fradicia, iniziavo a leccarla, a mangiarla, non ne ero mai sazio, lei mi baciava i piedi, poi le infilavo le dita nella fica, fino a che fossero tutte dentro, le piaceva, la sentivo gemere, mi aveva chiesto di provare con un pugno, facendolo sparire fino al polso, stavo imparando, ero sempre stato un buono studente - Alcune volte mi veniva da piangere in un misto di emozioni ed erezioni trattenute, altre rimanevo ore intere a sentire Sara mentre respirava, la notte, quando l’alba era ancora nascosta e i nostri desideri proibiti insieme ad essa, poi c’erano le eterne discussioni e chissà se la cosa migliore non fosse stata quella di prenderla a schiaffi e per i capelli e di scoparmela fino a quando non si fosse calmata, c’erano tutte queste teorie femministe in giro e poi solo il semplice bisogno di essere trattata come una cagna, non era qualcosa di facile da capire, mi lasciavo trasportare, il mio cuore sapeva come amare nella sofferenza, la mia, non quella altrui.
Attendevo che anche questi barlumi di felicità passassero, sarebbero rimasti i ricordi e la luce racchiusa in essi e nei tuoi occhi, il contatto della tua pelle e poi il silenzio che tutti gli spazi di ogni sconfitta riempie e con infinita dolcezza sublima.
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