domenica 26 febbraio 2023

freewheelin' #71

 Io e i miei compagni eravamo in fuga, stavamo scappando attraverso lunghe gallerie sotterranee all’interno di chissà quale edificio o struttura o aberrazione architettonica, sapevamo che la piscopolizia ci stava inseguendo, potevamo quasi fiutare la loro presenza, dietro ogni angolo poteva nascondersi un pericolo o la possibilità della salvezza, eravamo impauriti e stanchi ed era buio ma nel cuore  avevamo anche la consapevolezza che bisognava andare avanti nonostante tutto ed era in quel luogo emotivo ed interiore che risiedeva il nostro coraggio per proseguire e fare quello che andava fatto - Qualcuno mi aveva mostrato delle immagini di alcuni ragazzi che sfondavano il vetro di una macchina e poi compivano altri atti vandalici e non so perché avevo la sensazione di aver fatto parte di quel gruppo di giovani teppisti ed anche di esserne stato il responsabile, come una specie di tutore della malavita che dovesse verificare l’appropriatezza barbarica dei loro gesti, ero stato a osservarli quando si esercitavano e poi ero davanti ad uno schermo mentre qualcuno mi faceva vedere quelle sequenze da altre angolazioni e allora dissi a chi avevo davanti che era tutto sbagliato e sarebbe stato meglio mettersi seduti tranquilli in una sala montaggio e riordinare gli eventi secondo logiche inesplorate e poi riavvolgere la pellicola e darle fuoco e accendersi un sigaro e parlare dei quadri di Max Ernst e anche dei libri del marchese De Sade e poi uscire e vagare per le strade e ubriacarsi e lasciare la mente libera di cerare nuove associazioni e di smarrirsi nelle impossibili oasi di una estetica pornografica e trascendentale - E poi eravamo tutti riuniti nel sottoscala di un palazzo a Garbatella, nella nostra sede clandestina e qualcuno raccontava storie ormai quasi dimenticate, di resistenza, di bombe, di attentati, di anarchia e rivolta e io ascoltavo e seguivo i fili sonori delle voci e e quelli ottici degli sguardi e poi ammassavo pensieri in un angolo della stanza, davo un sorso dal bicchiere di vino e tornavo a concentrami sul flusso audiovisivo, un ragazzo dai capelli lunghi stava facendo delle riprese e i compagni erano seduti in circolo e poi le parole sono finite e ci siamo alzati e abbiamo cantato vecchie canzoni e ho visto il volto di mio padre sorridermi e poi eravamo in macchina, di notte, senza parlare, sapendo bene quale era la nostra destinazione.

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