Le donne sorridevano,
per strada, nei negozi, sembrava ti conoscessero e sapessero qualcosa di te –
bevevo una birra passando da una stazione ad un’altra, alcuni entravano nei
vagoni con delle buste, pieni della loro vita o di quello che ne rimaneva - le
immense foto di corpi femminili, nudi, scultorei, distanti - sedevo alla
scrivania dello studio, dalle vetrate potevo vedere qualsiasi cosa, bastava
immaginarla, un paio di scarpe con i tacchi alti appoggiate ad uno scaffale, un
manichino femminile in posizione verticale, le mani sul pavimento, i piedi in
aria, i libri di fotografia posati per terra, il divano, gli autoscatti con il
cazzo di fuori, nelle stanze di albergo, nei bagni pubblici, davanti a
qualsiasi specchio – i cortili delle fabbriche - gli oggetti che si incontrano,
si combinano, si uniscono in composizioni di rivolta, tracce di chi è passato
senza svanire, segni sul muro, tutto ciò che è crollato sarà condannato ad
essere ricostruito.
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ZetaElle #28
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