Sulla
terrazza di un palazzo, guardando verso la stazione. Treni in partenza e in
arrivo, le bianche torri, i canti degli imam,
le bandiere verdi oltre gli edifici arancioni e le cupole di religioni
dimenticate. La notte si arrampicava dietro di me, con movenze sinuose, ad
ammantare con il suo mistero i palazzi e le strade, una notte di velluto e
guanti neri, le dita delle ombre che si allungavano fino a sfiorati e davanti,
dalla parte della stazione, gli ultimi resti di luce, ad esplodere in colori
tossici tra le scie delle nuvole. Il barbiere aveva attraversato la strada, sua
figlia giocava ancora dentro il negozio, un ubriaco scortato da alcune guardie
verso una macchina, i dettagli, le superfici troppo brillanti, cromate di
bianco, ancora un passaggio, le ombre che filtravano da una persiana come onde
sul soffitto, una ragazza vomitava nel bagno, ero uscito nel giardino, la luce
del sole era sublime, era tutto rallentato, il mio corpo, i gesti, mi sentivo
pesante, attratto dalla gravità verso la terra, ho dovuto stendermi, sulla
schiena e le onde hanno iniziato ad arrivare, nella mia mente, in movimenti
dorati, le mani di mia madre sulla mia testa, mentre mi tagliava i capelli -
sulla terrazza, intorno a me, nel cielo, la notte si era impossessata di tutto,
era colata nelle strade e nei cuori delle persone, ci si incamminava verso la
stazione, perché era il momento migliore per comprare le sostanze, le donne
iniziavano a truccarsi, c’erano carrozze per strada e uomini con alti cappelli,
i treni in partenza e i treni in arrivo, i fischi dei macchinisti, si alzavano
coni di vapore nel buio, una donna correva lungo i binari inseguendo amori
invisibili, un uomo arabo mi si avvicinò in un angolo, uno sguardo di intesa e
una scintilla negli occhi, l’ho seguito, nei cessi della stazione, una siringa
e la polvere nera - voci si disperdono tra mattonelle sporche e odore di urina,
la macabra danza della vecchiaia, nello scompartimento di un treno, occhi
leggermente socchiusi, la quieta morte del ragno, sospeso nei riflessi delle
stelle sui vagoni, in un tunnel o dentro di me, non era importante, la marea
saliva dalla punta dei piedi alla testa, ho guardato fuori, sterminate distese
di pece.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ZetaElle #28
Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...
-
I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
-
Ce l’hai una sigaretta? - chiede il tossico. Non fumo, mi dispiace – rispondo. Allora che me la vai a cercare? No, non ho quest...
-
Per capire il significato di quella perdita dovresti passare almeno cinque o sei anni con una stessa persona e vederla tutti i giorn...
Nessun commento:
Posta un commento