Scivolo su un pavimento nero, sulle
ginocchia, evitando le persone che ho intorno. Ci sono luci ai lati e voci e
finestre, oltre le quali la notte sembra svanire. Una visione desertica, colori
caldi, tra il giallo, l’arancione e il marrone. Una duna che cerco di fotografare
mentre osservo la riproduzione digitale di una scala cromatica onirica. Un uomo
è alla guida di un bulldozer, alla mia destra, si ferma e tira con il naso una
sostanza bianca, poi scende e mi dice qualcosa. Marco è in una stanza, stiamo
parlando e mi chiede se posso prestargli dei soldi, gli dico che non ci sono
problemi, sembra preoccupato e i suoi occhi sono tristi. Una donna mi conduce in
una camera buia, perché oscure sono le sue azioni e i suoi desideri, le corde
intorno ai miei polsi e i movimenti invisibili delle sue dita. Ci sono nuove
città e architetture appena scoperte, i personaggi che appaiono per la prima
volta nelle immagini proiettate in questo cinema misterioso e sotterraneo, i
discorsi che vengono dimenticati perché la memoria non possa essere alterata,
le ossessioni che il corpo ricorda e che trasforma in rituali feticistici, le
stanze segrete e le domande che diventano risposte, gli ultimi respiri e gli
arti pesanti come pietra, le pareti che invocano gli stadi finali dell’oblio,
una luce che respira, un prisma brillante senza lati, un passo in avanti e un
altro nel vuoto che tutto avvolge.
lunedì 31 luglio 2017
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