Sono
inginocchiato sul pavimento, nudo, allungo le braccia davanti a me fino a
toccarlo con la fronte, ho gli occhi chiusi, respiro lentamente, lei è in
un’altra stanza, la sento arrivare, il rumore dei tacchi sul pavimento, entra e
si ferma davanti alla mia testa. Poi ci poggia sopra la suola di uno dei suoi
stivali mentre fa scivolare l’altro davanti alla mia bocca, inizio a baciarlo,
poi a leccarlo. Mi arrivano un paio di frustate sulle natiche, muovo la lingua
più velocemente, sento le palle che si gonfiano, lei si allontana di qualche
passo e lascia cadere qualcosa sul pavimento, poi esce e va in un’altra stanza. Alzo la testa e vedo
un pezzo di corda, lo prendo e mi ci lego i coglioni e il cazzo, poi mi rimetto
nella posizione precedente. Dopo alcuni minuti lei torna, mi fa alzare, rimango
con gli occhi chiusi, mi mette una mascherina nera in modo che non possa
vederla, sento la sua presenza accanto alla mia, l’energia che fluisce, mi
attacca delle pinzette ai capezzoli, poi tira la catenella che le unisce e io
inizio a seguirla, ho il cazzo duro. Lei mi lega i polsi e le caviglie a un
muro, poi tira la catenella e con il frustino inizia a colpirmi la cappella –
qualcuno mi sta parlando nella cucina di un ristorante, dicendomi che non
dovrei scrivere queste cose – c’è Barbara in una stanza illuminata da poche
candele, le ombre si muri, sembra così triste e sola – è successo qualcosa nel
posto dove vivo, c’è stata una specie di rivoluzione, alcune persone sono
scappate mentre altre hanno preso potere, chi è fuggito si è dovuto nascondere,
c’è un senso di paura e angoscia fra la gente – un ragazzo arabo mi offre di
mangiare con lui, cerca di accendere delle braci in una vaschetta di alluminio,
per cuocerci sopra della carne, osservo la fiamma dell’accendino, poi il suo
sguardo – sale buio e il timore di essere scoperto e trovato – lei mi fa
scendere delle scale, sono nudo e bendato, la sua presenza è confortevole, poi
entriamo in una porta, mi toglie la mascherina dagli occhi, la guardo, non
voglio sapere nulla di te, del tuo passato, mi dice, dobbiamo solo dimenticare
chi siamo stati e non pensarci mai più, la seguo in un’altra stanza, lei mi
infila degli anelli di metallo intorno al cazzo, poi si siede su una sedia,
accavalla le gambe, qualcuno entra e si ferma dietro di me, le unghie intorno
ai capezzoli, un respiro nell’orecchio, le punte dei seni contro la mia schiena,
in ginocchio, sussurra una voce.
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ZetaElle #32
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