lunedì 18 settembre 2017

Nant y Garreg #3

Continuavano ad arrivare telefonate da Birmingham a cui non rispondevo e messaggi da parte di Brian, poche parole confuse e paranoiche, sembrava che avesse dei problemi con il suo compagno, un vecchio cliente che gli aveva chiesto di vivere con lui e uscire dal giro, non avevo voglia di sentire le sue stronzate, i down dell’emmedi erano tremendi e Brian ne aveva sempre una bustina piena mentre scambiava languidi sguardi con i ragazzi dei party, in attesa che qualcuno glielo mettesse nel culo o si facesse succhiare il cazzo. L’avevo conosciuto anni prima, non ricordavo bene dove, non sapevo neanche se la nostra fosse un’amicizia, però ci eravamo iniziati a raccontare delle cose e mi trovavo bene a parlare con lui, quando eravamo da soli, seduti da qualche parte e potevamo posare le maschere che ci proteggevano su un tavolino ed essere sinceri e scendere in profondità e vedere dove saremmo arrivati. Passavo le giornate chiuso in casa, su un divano, scrivendo e correggendo vecchi racconti, lavoravo a un nuovo romanzo e fuori dalla finestra era tutto grigio e silenzioso, un mondo sospeso dove non appariva nessuno. Facevo delle brevi passeggiate, ogni tanto, giusto per liberare la mente dalle troppe parole, tornavo a casa, preparavo un tè e aspettavo che Bea tornasse, poi ci nascondevamo sotto le coperte, nel nostro mondo privato, scopavamo ed era bello, poi l’abbracciavo e sentivo il suo respiro e i minuti svanivano e anche il mio corpo, galleggiavo in una quiete di pensieri ed emozioni, un vuoto accogliente, una realtà diversa, così umana ed eterna. Bevevamo del vino, alcune sere, seduti sul divano, venivano dei suoi amici a trovarla, mi limitavo ad ascoltare, non avevo molta voglia di parlare, bevevo lentamente, facevo qualche tiro di canna, osservavo gli altri, prendevo appunti mentali, scivolavo, sorridevo, mi alzavo per andare a prendere un’altra bottiglia, il telefono da una parte, i messaggi e le chiamate perse, c’era una vita che voleva avermi indietro, persone che reclamavano la mia presenza, l’avevo fatta finita con quei volti e i loro discorsi, poggio la testa sulla sua spalla, qualcuno accende una sigaretta, il posacenere pieno sul tavolino, i giorni e il passato come polvere d’argento fra le dita.



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