Non c’era quasi nessuno intorno e le onde arrivano lucenti e lente, con il bianco scintillante della schiuma, avrei voluto trascendere questo mondo, quello delle persone con i loro stupidi e continui e purtroppo inutili problemi, rimanere in contemplazione di quanto di meraviglioso continuava ad esistere fuori e dentro di me. Si stava bene da soli, più di quanto avessi mai creduto, le decisioni da prendere erano più semplici, avevo voglia di tuffarmi, di farmi un bagno, poi asciugarmi al sole e rimanere così per l’eternità. Godermi questo tempo infinito racchiuso in ogni secondo mentre tutto il resto vorticava in una danza senza senso, anche questi istanti spariranno e la mia voce ti parlerà ancora, quando ti accorgerai che non sarò più qui.
mercoledì 21 dicembre 2022
(fuori)Roma #31
martedì 20 dicembre 2022
dream #128
lunedì 19 dicembre 2022
Malaga #2
Me ne resterò un altro pò qui, seduto, a guardare le persone passare, a bere vino, senza far niente, poi me ne andrò, forse a casa, forse dove non avevo mai pensato di poter arrivare, da solo, si, da solo, questo si che mi piacerebbe, continuare a viaggiare in compagnia di me stesso, la migliore, in alcuni momenti, anche nei peggiori preferibile a quella di altri, prima che tutto cambi e nei ricordi possa ancora guardarti.
domenica 18 dicembre 2022
Orgiva #78
A volte il pensiero della morte mi sembrava una dimensione appagante, quieta, poi ci sarebbe stata l’attesa della prossima rinascita, nella quale mi sarebbe piaciuto essere una pietra, un albero o magari un gatto ma mai, mai, mai più un essere umano, questo no, era uno scherzo crudele, un ridicolo spettacolo di poche ore, come aveva detto qualcuno, ripetuto per secoli, ognuno con la sua meschina brama di dire e fare quando era così evidente come ogni cosa fosse passeggera e transitoria, la gloria, la fama, il successo, il potere, erano una moltitudine di sciocchezze che avevano la stessa consistenza dell’aria o forse anche meno.
Le rondini volavano veloci nel cielo e Pepe sembrava invecchiato di quasi dieci anni, avevano smantellato il Chico Bar (chissà dove erano finiti Miguel e i suoi parrocchiani) e ci avevano fatto un altro di quei ritrovi vegani per hippie con i soldi e suonatori di tamburi barbuti e gaudenti, che non capivo bene se anche loro avessero iniziato a starmi sui coglioni. La luce del sole mi avvolgeva mentre fantasticavo ancora sulla concreta possibilità di rimanere per i miei anni a venire nella pura contemplazione di me stesso, di quello che avevo dentro, dei riflessi interiori, delle meraviglie della natura, del film incessante dei ricordi. E poi il silenzio e la danza della mente, quando i pensieri tacevano e apparivano forme e colori e coreografie di intuizioni o idee senza senso che potevano diventare arte o follia, che potevano trasformarsi in uno scritto, corsaro suggeriva sorridendo un vecchio scrittore omosessuale, come quello di adesso, quando la mano scivola lungo l’orizzonte del foglio, del mare interiore, senza sforzo, senza attriti e io mi sento di nuovo a casa, in questo mondo e in quelli dell’immaginazione, dove ci saranno altri viaggi ad aspettarmi, dove c’è la misteriosa consapevolezza che la vita stessa sappia dove condurmi, in altri luoghi ancora sconosciuti eppure già così familiari al mio cuore.
C’era ancora il profilo di una montagna che respira davanti ai miei occhi e poi chissà cosa al di la delle sue linee che vibrano di colori caldi e pulsanti, forse solo la maestosità dell’abisso che ci portiamo dentro, che si agita, freme e ondeggia senza mai smettere di essere puro e immobile nelle profondità del suo oscuro splendore.
venerdì 16 dicembre 2022
dream #127
martedì 13 dicembre 2022
dream #126
Ero in una vasca piena di acqua ma la sensazione era più quella di averci dormito dentro e di essermi appena svegliato, avevo un pò freddo, così ho aperto il rubinetto dell’acqua calda - Stavo camminando per le strade di una città, pensando di andare all’università per seguire una lezione di scrittura creativa ma poi mi sono detto che non era altro che una stupida perdita di tempo, così ho deciso di continuare a vagare - Nelle sale di quello che sarebbe potuto essere un centro sociale un gruppo di persone stava girando un videoclip, mi sono avvicinato a una di loro e ci siamo messi a parlare, poi un uomo mi ha dato una poesia scritta fra le righe di una pagina stampata, non riuscivo bene a leggere le parole, avevo bisogno di più luce, così ho deciso di uscire fuori, accorgendomi che adesso c’erano più persone in giro di quando ero arrivato - Quando ho provato a rientrare dentro si era formata una piccola calca davanti all’ingresso del centro sociale, ho cercato di farmi largo e all’improvviso è iniziata una musica punkrock e le persone si sono messe a pogare - Ero di nuovo in una delle sale, ho adocchiato una sedia di plastica e mi ci sono andato a sedere, ero stanco, nella mia mente sono apparse delle immagini come fossero quelle registrate da un cellulare, a cui poi si è aggiunta anche la colonna sonora, video e audio erano di bassa qualità ma sembravano una buona idea per fare un videoclip - Ero con Lolo in una stanza, indossavo la mia camicia floreale e psichedelica, io e lui stavamo discutendo di mescalina e mezcal e della differenza fra le due sostanze, sembrava estate, Lolo ha acceso una sigaretta, l’ho guardato e sono rimasto in silenzio.
mercoledì 7 dicembre 2022
Roma #30 (ostiense)
Ostiense, piove. Alla destra una parte del gazometro galleggia nell’aria grigia, ho parcheggiato poco distante e mi sono messo a scrivere. Dallo stereo la musica dei St. Germain, il loro album Boulevard. Ieri sera ho visto Cannibali di Liliana Cavani, a Garbatella, nella sede anarchica. Mi sono bevuto un paio di birre durante il film. Mi ha fatto quasi bene stare di nuovo in un piccolo gruppo di persone. Volevo fare delle foto oggi ma la luce non è quella giusta, sia nel cielo che nel mio cuore, sto scrivendo su un foglio di carta trovato in macchina e c’è qualcosa di romantico in tutto questo. Non sono molto lontano dall’Alpheus, ci andavo ogni tanto a ballare e ubriacarmi quando ero un ragazzo, non ho molti ricordi di quelle serate. C’era anche un pub dove si potevano fumare le canne, più giù, sempre sull’Ostiense, poi l’hanno chiuso, ma questo è successo tanti anni fa. Le gocce di pioggia formano composizioni astratte e liquide sul parabrezza e al di là di esso ci sono altre macchine parcheggiate e forse lungo le strade, fra i palazzi, c’è una di quelle esistenze che lo scrittore brama e inventa, dalle quali è sedotto nei sogni e nelle fantasticherie diurne o quando si riposa a occhi chiusi sotto un albero o su un divano - Una piccola stanza, i tappeti, i cuscini, gli oggetti, le scatole con le sostanze, i libri, i dischi, i quaderni e il tempo, tutto il tempo a disposizione, per scrivere, più di ogni altra cosa o per non fare niente, per oziare, per ricordare, per lasciarsi trasportare - La memoria è sull’asfalto, si sta sciogliendo e io ho voglia di camminare e sognare nel giorno, solo un altro pò, visualizzando nuove camere, immergendomi nei riflessi lucenti della vita, in quello che solo io posso vedere e amare e piangere e rincorrere e smarrire. Fra queste strade, nella loro sporcizia, negli angoli bui, in quei portoni dove non si dovrebbe entrare mai e per questo così invitanti e misteriosi. Continua a piovere, leggermente, in una mattina simile a quelle in cui mi perdevo solitario per qualche città inglese. Vagando nel vuoto, perché era quello che sempre avevo voluto. Essere libero e non dirlo a nessuno.
giovedì 1 dicembre 2022
dream #125
martedì 29 novembre 2022
dream #124
La casa era piena di bambini, era strana, suddivisa su diversi livelli, con camere strette e piene di oggetti e c’era Sara che andava da una parte all’altra, cercando di organizzarsi per precipitarsi poi chissà dove, ogni tanto la seguivo, per curiosità, per vedere cosa stesse facendo, poi mi sedevo, fantasticando e aspettandola - Ha cominciato a piovere e a tirare vento e la tenda del terrazzo si è sganciata dai suoi appigli, la parte destra per essere precisi, sbattendo nell’aria come la vela impazzita di una barca, dovevo essere stato un marinaio in qualche altra esistenza, un viaggiatore solitario, un taciturno scrittore e Sara mi è passata davanti, continuando ad andare avanti e indietro, ogni tanto mi diceva qualcosa, la sua energia finiva sempre per pulsarmi dentro, femminile, misteriosa, caotica - Ero in un’altra casa, sempre dalla bizzarra architettura, c’erano delle piccole stanze piene di foto e stampe attaccate sulle pareti e ragazzi e ragazze al loro interno, non sapevo perché mi trovassi lì e chi fossero quei giovani, così me ne sono andato e mi sono messo a camminare per la città e sono arrivato in una zona periferica, era tutto sporco e poi è apparso un grande cortile colmo di immondizia, circondato da alti e squallidi palazzi e macchine parcheggiate dove capitava, mezze sfondate, poi è passato un uomo straniero sopra un motorino, salutandomi e dopo è comparso un ragazzino e gli ho chiesto informazioni sopra una scuola di teatro, sugli orari e sulle iscrizioni e lui tranquillamente me le ha date, prima di girarsi e svanire nel vuoto - Ero nella casa di mio padre, pioveva, sono uscito fuori sulla terrazza per raccogliere i panni che avevo steso, un vicino mi guardava fumandosi una sigaretta, sono rientrato, mi sono steso sul divano, mi sono addormentato e così eccomi fra queste righe a scrivere di ciò che è stato dall’altra parte di questa vita, dove sono i suoi segreti e il suo mistero a svelarne lo stupore.
domenica 13 novembre 2022
dream #123
sabato 29 ottobre 2022
Roma #29
venerdì 21 ottobre 2022
dream #122
Ero per strada e stavo camminando e sono arrivato davanti a una casa, interamente fatta di legno, situata su una piccola collina - La casa era recintata e qualcuno mi ha detto che era di propietà di alcuni zingari, mi è piaciuta molto dall’esterno e avrei voluto visitarne l’interno, così ho continuato a camminare, girandoci intorno, cercando un modo per entrare - Poi ero nel centro storico di una città sconosciuta, con stretti vicoli e palazzi antichi, dovevo andare a visitare un museo - Ho preso un autobus e prima di arrivare alla mia fermata una donna mi si è avvicinata e così siamo scesi insieme, abbiamo parlato un po’, poi lei mi ha abbracciato e mi ha sussurrato in un orecchio che avevo perso la mia occasione di andare al letto con lei - Si è allontanata e io ho continuato a vagare per la città - Non c’erano più musei dove volessi andare.
lunedì 10 ottobre 2022
dream #121
Un grande spazio, forse l’interno di un capannone industriale, ci sono persone in giro e sembra come se durante la notte ci sia stata una festa, parlo con alcuni ragazzi in spagnolo, perché non voglio fargli capire che sono italiano - Cerco la mia giacca perché non ricordo dove l’ho lasciata, ho un flashback di me stesso seduto su un divano a discutere con due uomini vestiti di pelle nera - Qualcuno inizia a sistemare dei tavoli con sopra dei pezzi di circuiti elettronici, ci sarà un laboratorio (mi domando se Lolo ne sappia qualcosa) ma a me non interessa, quindi esco dal capannone e comincio a camminare ritrovandomi in una zona rurale, mi accorgo di avere di nuovo addosso la mia giacca, devo andare da Sara - Immagini al rallentatore di me e di lei che arriviamo insieme in macchina - Provo a chiamarla da una cabina pubblica ma non risponde, entro in un ufficio informazioni apparso dal nulla, c’è un divano nella sala d’aspetto dove mi siedo, ci sono alcune ragazze in piedi che stanno chiacchierando animatamente, le loro voci mi disturbano, allora esco e provo un’altra volta a telefonare a Sara - Sono in una sala di un museo con un paio di amiche e una di loro mi mostra delle statuette antiche dalle sembianze femminili in una teca aperta, ne prendo una in mano e mentre la accarezzo si rompe, allora cerco di aggiustarla e poi la rimetto al suo posto, arrivano altre donne, forse addette del museo e si accorgono del guaio che ho combinato, però non mi dicono niente, anzi ci mettiamo tutti quanti a parlare, a raccontarci storie, in maniera tranquilla, osservando gli oggetti presenti nella sala, toccandoli, immaginando la loro origine - Sono per le strade di una città che non conosco e poi mi ritrovo in un parcheggio sotterraneo, sono davanti a una cabina simile a un’ascensore, ci entro dentro, lo spazio è minuscolo, quasi non riesco a muovermi, le porte della cabinascensore si chiudono (neanche mi ero accorto della loro presenza) e questa inizia a spostarsi, mi sembra verticalmente ma non ne sono sicuro, non ho idea di dove mi stia portando, sento una leggera ansia impossessarsi di me al pensiero che la cabinascensore si blocchi - Le porte si aprono, sono fuori, mi ritrovo in un’area urbana, di cemento, ci sono dei gazebi e sembra si stia svolgendo una piccola cannabis cup, rimango un pò lì, guardandomi intorno, poi arriva Lolo e mi dice che dobbiamo andarcene perché qualcuno ci sta osservando, allora lo seguo e camminiamo in silenzio per questa città sconosciuta e poi ci ritroviamo davanti a una enorme costruzione circolare come molte colonne, dall’aria vagamente barocca - Poi l’immagine mentale di questo luogo come se lo stessi vedendo disegnato su un foglio, dall’alto, nel suo progetto originale - Vorrei tornare alla cabinascensore ma non so come fare - Non trovo più Lolo - Sono a una festa, c’è parecchia gente intorno, posso quasi sentire il contatto dei loro corpi contro il mio - A un tratto mi giro all’improvviso e alla mia destra c’è Paul, i nostri occhi si incrociano, cerco di parargli prima che scompaia - Alcune foto di Sara in versione sadomaso scorrono sullo schermo della mia mente, arrivando chissà da quale videoproiettore psichico - Qualcuno mi chiama, non rispondo - La notte ha profili e ombre seducenti.
sabato 24 settembre 2022
fuori(Roma) #28
venerdì 9 settembre 2022
dream #120
lunedì 5 settembre 2022
dream #119
Avevo un appuntamento con qualcuno in un pub, avevamo parlato prima al telefono e avevamo deciso di incontrarci lì - Stavo camminando ed ero in mezzo ad altra gente, si sentiva della musica, ci doveva essere un concerto da qualche parte, sono entrato in un pub anche se sapevo che non era quello in cui avevo il mio appuntamento, però ho avuto la sensazione che il posto andasse bene lo stesso, così mi sono messo in fila per una birra e quando è arrivato il mio turno ho capito improvvisamente che la persona che dovevo incontrare era il proprietario di quel luogo - Mi sono guardato intorno e anche se non sapevo che aspetto avesse quest’uomo ho pensato che l’avrei riconosciuto subito appena lo avessi visto, poi con il bicchiere di birra in mano sono uscito fuori - La gente continuava a muoversi, apparentemente senza direzione, forse il concerto era finito, perché non si sentiva più nessuna musica - Ho dato un sorso alla birra, aveva un retrogusto dolciastro, con note fruttate come di mango, mi sono di nuovo guardato intorno e ho incrociato lo sguardo di Davide, lui sembrava sorpreso di vedermi, poi un sorriso gli è apparso sulle labbra - Ci siamo abbracciati e abbiamo parlato un pò, poi lui mi ha detto che Gabriele e Matteo vivevano in una casetta non molto distante da dove ci trovavamo, allora gli ho detto di andarli a trovare, così Davide mi ha mostrato come arrivarci - Era una casa molto piccola, vista da fuori, aveva una sola porta, l’ho aperta e sono entrato e mi sono ritrovato in un minuscolo bagno, con una tazza, uno specchio e un lavandino, ci stavo a malapena dentro - Ho visto un bottone rosso sulla parete e l’ho spinto ed è apparsa un’altra porta mentre lo specchio e il lavandino scomparivano - Ho bussato e Gabriele mi ha aperto, mi ha sorriso e mi ha fatto entrare - Adesso eravamo in una stanza, piccola anche questa, Matteo era davanti a uno specchio, mi ha guardato e mi ha sorriso, sembrava felice di vedermi - Ci siamo abbracciati - Erano anni che non ci incontravamo eppure ogni cosa era come prima e come tutto ciò che in questa vita passa e fugge, ci sfiora e svanisce - Ci siamo messi a parlare e ogni tanto lui rollava una canna - Poi mi sono guardato allo specchio e il mio riflesso era identico al suo.
mercoledì 31 agosto 2022
dream #118
sabato 20 agosto 2022
dream #117
Ero in una città e dovevo prendere un aereo per tornare da qualche parte dove qualcuno mi aspettava - Poi mi sono perduto nel tragitto verso l’aeroporto, ero confuso, con l’ansia di fare tardi per il volo - Sono davanti alla fermata di un autobus, non so dove andare, le strade del mondo mi hanno rapito ancora.
venerdì 12 agosto 2022
dream #116
lunedì 8 agosto 2022
dream #115
Stavo camminando e sono arrivato in una zona periferica di una città, con delle baracche e resti di case, mi sono messo a rovistare fra i calcinacci e la sporcizia circostante, come ero solito fare nei miei giorni di vagabondo - È arrivato un uomo che sembrava vivere da quelle parti, mi ha mostrato la sua casa, bizzarra, strana, un insieme di cunicoli e improbabili stanze - Abbiamo iniziato a scendere nel sottosuolo ed era buio e umido e c’era odore di muffa, la voce dell’uomo parlava, raccontandomi qualcosa, poi sono scivolato e sono caduto e ho continuato a cadere lungo un cunicolo, i cui contorni erano malleabili e fangosi, quasi impalpabili, mi sono ritrovato sul fondo, ho avuto paura perché non sapevo dove ero, ho chiamato l’uomo, nessuno mi ha risposto, ho provato a risalire, arrampicandomi, non vedevo nulla, le mie mani afferravano qualcosa che si sgretolava, poi sempre in questo modo sono riuscito a muovermi, forse strisciando, fino a quando ho sentito la presenza di due uomini, da qualche parte, sopra di me, hanno parlato, mi sono messo in piedi e anche se non li vedevo sapevo che erano lì, uno dei due mi ha spruzzato qualcosa sulla faccia e ho capito che voleva drogarmi e abusare di me e ho avuto di nuovo paura, ho chiuso gli occhi e sono svenuto - Ero fuori, camminando lungo strade di piene sporcizia, con i cassonetti stracolmi di rifiuti, poi è passato un camion della spazzatura, anche se aveva una forma diversa da quella solita, ci sono salito sopra e mi sono messo vicino al conducente e gli ho detto di andare via da lì, lui non ha detto niente, ha continuato a guidare, il suo volto cambiava, i suoi lineamenti e le sue sembianze si trasformavano da un secondo all’altro, io non avevo nessuna idea di dove stessimo andando e la città è divenuta un miraggio e chissà quando ci saremmo fermati - Il mondo era un mistero che nessuno mi avrebbe potuto spiegare.
giovedì 4 agosto 2022
freewheelin' #67
Un uomo parlava da solo, davanti a un bar ormai chiuso, dicendo che la terza guerra mondiale c’era già stata ed era domenica sera e tirava un vento freddo e stavo camminando e c’era un furgone bianco che mi seguiva, poi mi ha superato e si è fermato davanti a un cassonetto, è sceso uno zingaro con il suo spadino di metallo, sorridendo e con il suo arnese in mano ha smosso un pò i sacchi dell’immondizia nel cassonetto, non ha trovato niente, non sembrava che gliene importasse più di tanto, il suo sorriso era sempre allo stesso posto, così è risalito sul furgone, dove il resto della sua famiglia lo aspettava, ha messo in moto e si è diretto verso il prossimo gruppo di cassonetti, che bella maniera di stare insieme, ho pensato, mi sarei dovuto trovare anche io uno spadino, per essere più professionale nelle mie ricerche nel variegato universo della monnezza, per adesso mi interessavano solo scarpe da donna usate (per le mie attività masturbatorie) e libri (per quelle intellettuali), chissà, forse, avrei potuto ampliare la mia gamma di interessi - C’era Catalina ad aprirmi la porta e credo che anche Maria fosse con noi, c’era una sensazione tattile in quella stanza, di cose che potevano essere toccate e poi è apparso mio zio Marco e mi ha detto qualcosa e ho pensato che era strano incontrarlo lì, sembrava tranquillo, poi era notte, fuori, da qualche parte e un furgoncino mi stava aspettando, ci sono salito sopra, qualcuno stava al volante e canticchiava una vecchia canzone - Avremmo conosciuto un giorno la felicità, anche a costo di non svegliarci mai più dai nostri sogni.
martedì 2 agosto 2022
Orgiva #77
E ogni cosa iniziava a confondersi di nuovo, le emozioni, i sentimenti, le lacrime, le risa, le erezioni, le carezze, le parole e i silenzi - L’aeroporto di Malaga e il primo abbraccio con Sara, il primo sguardo e già i nostri occhi erano umidi e il viaggio in macchina fino a Orgiva e poi la sera che appare, improvvisa, come se nessuno la stesse aspettando, con i profili delle montagne, delle colline, ormai così familiari, forme e colori, solo forme e colori, senza più nomi, erano stati questi gli insegnamenti dell’acido e poi la casa, con il suo respiro, i quadri, il nuovo divano, la stanza da letto, dove dormire, intrecciarsi, amarsi, piangere, dove dichiarare poesie, dove innescare le nostre tragedie, aprendo ferite, sentendone il dolore, la sua eco, possedendoci ancora, scambiandoci la pelle e l’anima e quello che esiste in ogni distanza che ridiventa contatto - E i ragazzi in un angolo di un palazzo a Motril, nel quartiere arabo, prima che arrivasse la notte e noi avevamo caricato un materasso sul tetto della macchina, perché ci fossero altri luoghi dove addormentarsi e sognare, perché l’universo si rivelasse ancora dentro di noi, nei respiri, sotto le palpebre, come se le stelle non fossero altro che il riverbero dei tuoi occhi, quando ti svegliavi e ti baciavo perché non sapevo fare altro e poi le tue domande da bambina e gli attimi di violenza e il tempo che diventava veloce e a cui io non sapevo come stare dietro, seguendo il passo rallentato dei battiti del mio cure e i bicchieri di vino e le risate e i personaggi idioti che inventavo per alleggerirti l’anima e mi accorgo solo ora di quanto Roma fosse diventata solo un luogo di fantasmi, di memorie, di momenti svaniti che non sarebbero più ritornati, c’erano i miei genitori, c’era ancora la mia infanzia, da qualche parte, nella luce delle strade, nelle stanze della casa dei miei nonni, pranzavo spesso con mia madre e bevevamo vino e lei mi sembrava come sospesa nel tempo e poi c’erano frammenti, attimi in cui la vedevo come se stesse per svanire e questi fotogrammi si imprimevano nella memoria, in quella futura e più di ogni altra cosa potevo vedere quello che aveva dentro e quanto di esso mi appartenesse e poi ero ancora nel pueblo e mi sembrava di tornare al presente anche se non capivo bene quale fosse e poi sarei partito un’altra volta per tornare indietro anche se ogni direzione non aveva più nessuna importanza, era un lento sciogliersi nei misteri della vita, a cui avevo smesso di oppormi, perché fosse la sua meraviglia quello di cui avrei potuto parlarti e la saggezza che essa racchiude e l’amore che tutto permea e fa palpitare e l’infinito di quello che siamo e mai capiremo di essere.
domenica 31 luglio 2022
Roma #27 (san lorenzo)
C’è chi inizia dalla fine ed è sempre un buon modo per farlo, perché altrimenti bisognerebbe ricordarsi di tutto quello che è successo e di quello che non lo è, gli eventi, i sogni, i desideri, le passioni e le paure e ci avevo vissuto per più di due anni a San Lorenzo, condividendo la casa con un gruppo di amici, Matteo, Gabriele, Lorenzo, Filippo e soprattutto i giorni e le notti e la vita e quello che c’era dentro e fuori di essa e le serate a parlare, a bere, a cucinare, a comprare il fumo dai ragazzi marocchini per strada, gli sguardi di intesa, gli scambi veloci - Le serate nei pub a sbronzarci e a discutere, le serate in camera a scrivere, a ridere, a suonare, a raccontarci tutto, qualunque cosa ci passasse per la testa e le cene in cucina quando tornavo dal lavoro e mi mettevo a preparare da mangiare per chiunque fosse venuto, rimasto, passato e i vostri volti, i vostri sorrisi, i vostri silenzi, i vostri sguardi, momenti che fuggono e poi rimangono come fotogrammi nella memoria - Non so neanche dirvi quanto vi ho amati, perché mi è impossibile esprimerlo e quanto smarrirsi, andarsene e svanire da tutto ciò sia stato indispensabile, perché fuggire da quello che ci è più vicino al cuore è anche una intima confessione di quanto sia stato meraviglioso vivere quel tempo con voi, di quanto la mia felicità sia stata lucente e di quanto il dolore che la consapevolezza di sapere che anche questo cerchio si stava chiudendo sia stato profondo - È una danza, disse qualcuno, è una lotta, continua a ripetere mio padre, ci ho rimesso piede oggi a San Lorenzo, dopo più di cinque anni, le strade di sempre, i locali in cui mi fermavo a comprare una birra, un panino o un pezzo di pizza, i negozi di libri, i palazzi, gli odori, le strade brillavano e avevo prismi di lacrime negli occhi, come diamanti e così mi sono messo a scrivere, a ricordare, a lasciare che ciò che è stato fosse di nuovo presente, per dirvi ciao invece di andarmene senza avervi salutato, senza avervi abbracciato, per sapere che tutto andava bene e poi sorridervi e stringervi e sparire così.
giovedì 28 luglio 2022
freewheelin' #66
domenica 24 luglio 2022
dream #114
Ero nella cucina della casa di mia nonna, insieme a Nick e stavamo parlando e bevendo whisky e poi una porta si è aperta ed è entrata una giovane donna che non conoscevo e ci ha detto che quella era la sua casa e che dovevamo andarcene, così io e Nick siamo usciti e siamo scesi nel cortile del palazzo e lì c’erano persone che discutevano e fra di esse qualcuno che mi ha indicato, mettendosi ad urlare, era un uomo basso, saltava isterico gridando come un ossesso, continuando a indicarmi, allora mi sono girato verso di lui e sul muro che aveva dietro alle spalle c’era attaccata una targa con il mio nome, l’ho letta e poi le parole sono svanite - Ero in un luogo affollato, pieno di gente e c’era come una tensione elettrica nell’aria, camminavo senza sapere dove andare - Ero seduto con Wolfgang da qualche parte, a bere birra e a discutere di cose senza importanza - Ero in un bagno, avevo chiuso la porta e mi stavo preparando per farmi una doccia, faceva caldo, è entrata una donna mentre mi stavo spogliando, mi guardava in una maniera strana e mi sono sentito intimorito da lei, poi ha preso un asciugamano ed è entrata nella doccia - Lo scroscio dell’acqua, l’odore del mare, l’eco di spiagge perdute nelle isole di un arcipelago di desideri proibiti.
giovedì 21 luglio 2022
freewheelin' #65
martedì 19 luglio 2022
Roma #26 (piazza vittorio)
Erano passate quante? Due settimane? Di più? Il tempo interiore è difficilmente calcolabile se ci ritroviamo in quella dimensione confusa, eccitabile, apatica e immaginativa che l’erba produce e così scompariranno anche gli appigli di ore-minuti-secondi e la nostra fuga di fantasie proibite si perderà in un spazio che non saranno gli orologi a costruire - Vivevo a Piazza Vittorio, in un piccolo appartamento in uno dei vecchi palazzi che la circondavano, le mie mani scrivono lente, la nebbia della mattina è svanita e il sole sta iniziando a riscaldare le mie dita e spero che le parole possano apparire più velocemente sul foglio, perché tutta questa fretta? Per tenere il ritmo delle immagini mentali e dei pensieri che arrivano - Compravo oppio dai cinesi e passavo le giornate chiuso in casa a fumare dalla lunga pipa, steso sul divano, sul tappeto logoro - Passavo ore a decifrare gli alfabeti segreti dei ricami floreali consunti della carta da parati, leggevo storie dimenticate fra gli odori dei mobili, delle pagine polverose dei libri, fra i sospiri di vecchie foto che mi cadevano dalle mani - Ascoltavo i misteriosi racconti dei fantasmi di chi aveva vissuto in questo luogo prima di me e c’erano ricordi di marinai e viaggiatori e trafficanti e contrabbandieri - E c’erano stati incontri con prostitute, perché le puttane apparivano sempre più romantiche e vicine all’essenza della vita di una donna qualsiasi - E c’erano lettere, centinaia di lettere che aprivo e smascheravo con gli occhi, pensando di scrivere risposte che nessuno avrebbe mai ricevuto - C’erano album di famiglia dai bordi bruciati, con istantanee di persone ormai morte, le osservavo al lume delle candele mentre fuori pioveva e accendevo la stufa a gas e prendevo un’altra coperta di lana ormai lisa dall’armadio, quel sentore di canfora e giorni perduti - Scrivevo i miei appunti su un quaderno di pelle nera, nella modesta e solitaria malinconia della camera da pranzo, c’era una ricchezza di sensazioni che non era il valore economico delle cose a suggerire ma quanto altri uomini avevano messo delle loro esistenze e delle loro passioni dentro di esse, donando a quegli oggetti un’anima, il potere di poter comunicare attraverso il contratto delle loro superfici sui palmi delle nostre mani - Parlavo con gli arabi, i bengalesi, i cinesi, gli africani che giravano, lavoravano e vivevano nel quartiere - C’era un libro che qualcuno aveva lasciato nell’appartamento, senza il nome dell’autore e parlava di un uomo che aveva vissuto (o forse solo immaginato di vivere) in questo quartiere, si intitolava le alte torri, una serie di porte verso l’ignoto - I viaggi cominciavano quando chiudevo gli occhi e posavo la pipa sul tavolino di legno nero, basso, scheggiato, bellissimo e c’erano ricordi, come fotogrammi mentali e tutte le sensazioni provate e racchiuse in essi - Fuori pioveva o forse solo dentro la mia scatola cranica, nelle storie che lì venivano create e di cui lo scrittore era quasi sempre il protagonista - Avevano camminato dei pittori sulle assi sconnesse del pavimento, c’erano ancora aloni sbiaditi di macchie di colore che non sarebbero andate più via, c’erano tele alle pareti e volti e figure femminili nude o in pose lascive e poi l’oblio della notte, quando tornavo indietro almeno di un secolo per ritrovarmi di nuovo su un tappeto, cosa ero diventato? Pazzo, poeta, idiota, vagabondo? Unico e solitario erede di un’ultima invisibile generazione di scrittori falliti? Eppure avevo trovato dei gioielli e dell’oro nascosti sotto una delle assi del pavimento e ne avevo venduti alcuni e così mi ero fermato e non avevo più pensato a come avrei dovuto guadagnarmi da vivere, a come fare per tirare avanti, non me ne fregava niente dell’aspetto economico di questa commedia, il denaro mi metteva orrore, volevo esistere dentro di me fino alla fine dei miei giorni, in questo corpo, poi sarei andato altrove, chissà dove… Avevo comprato dell’altro oppio e così i giorni svanivano lenti e onirici e c’erano solo racconti di pura fantasia riflessi nei miei occhi e in questi momenti, anche nei più opachi, tutto cominciava a brillare, a vibrare, a divenire reale, così come solo i sogni possono esserlo, tu e l’altro e chiunque in un attimo sospeso fra verità e menzogna abbia deciso di diventare.
lunedì 27 giugno 2022
Roma #25 (vigne nuove)
lunedì 20 giugno 2022
Roma #24 (pigneto)
lunedì 13 giugno 2022
Roma #23 (vigne nuove)
Qualcuno viveva dentro questi palazzi? Cubicoli di cemento, spazi vitali ristretti e contenuti, come si poteva sognare o immaginarsi la vita in queste piccole e asfissianti prigioni tridimensionali? Sadismo architettonico, sottomissioni residenziali, nei parcheggi intorno, uomini più furbi o poveri, illuminati o dementi si erano comprati dei camper e lì trascorrevano, seminascosti, le loro esistenze alla deriva, come le nostre, del resto, avendo però ancora la possibilità di muoversi e forse scomparire altrove e per sempre. Scritte oscene sui muri, estasi calcistiche, defunte dittature politiche, fraseologie fasciste per fatiscenti folgorazioni filologiche, scheletri di moto e motorini, rosicchiati fino all’osso metallico, televisori buttati sull’asfalto, giardini incolti, abbandonati e dimenticati. Cortili vuoti nelle etiliche domeniche mattine, quando ero costretto ad uscire di casa alle 8.30 perché la donna delle pulizie sarebbe arrivata alle 9 e non volevo incontrarla, mica per niente, sapevo che non avevo nulla da dirle e che mi sarei sentito in imbarazzo a vederla lavorare. Così mi perdevo in questo vagare forzato, che dopotutto non era un male e lo scrittore mi seguiva con il suo quaderno colorato e il fotografo pure mentre si smarriva fra i riflessi delle luci e nelle sue geometri mentali. Anche l’Ombra era dei nostri, alla ricerca dei suoi feticci (scarpe da donna, tacchi alti, stivali, mutandine, calze) e tutti sembravano essere felici e tranquilli nelle loro bizzarre attività. Queste realtà parallele in cui scivolare, queste serie incongrue di edifici da cui trovare una via d’uscita, sempre ammesso che ce ne fosse una. Quartieri periferici in cui non ero mai stato, un meraviglioso cielo azzurro mi sovrasta mentre il giorno avanza e piccoli fiori sbocciano sui davanzali di un ennesimo sogno. Voci insolenti, insidiose, insulse. Il perimetro di un viaggio oltre le barriere di questo nulla, urbanizzazione perversa, sporcizia ovunque, i rami degli alberi come dita ladresche aggrappate agli squarci del cemento, vecchi uomini alle finestre, il sole in faccia, una sigaretta nella bocca. Dietro di loro l’oscurità di stanze fumose dove qualcuno attende di compiere i propri insani rituali. Apparecchi televisivi ancora accesi dopo notti insonni di masturbazione catodica, catatonie subliminali. Loro parlavano da soli nelle camere della privazione sessuale, nelle celle dell’isolamento erotico (lo sapeva bene l’Ombra, sentendo l’inizio di una erezione nel suo anello fallico). Il rumore dei tacchi non finirà mai di battere il nostro tempo di astinenza, ora di andare, sussurra Labbra Umide, di chiudere la porta, di osservare le interferenze farsi codici di un linguaggio alieno. Le strutture ignote della mente, le gabbie di pensieri nelle quali finiremo incoscienti per entrare, il lento movimento delle gru stagliate contro il cielo, scatta una foto, altri edifici, altri carceri, altre sbarre e muri che chiameremo casa. Linee concentriche nella sezione orizzontale di un tronco tagliato, uccelli primitivi sorpresi in danze di corteggiamento amatorio. Accoppiamenti, sdoppiamenti, smembramenti. I tuoi disegni, i tuoi incubi, le tue paure. Il rombare di una moto, il ronzio di un filo elettrico, una catena che suggerisce relazioni impossibili. Le serie di colonne si ripetono su ogni lato, il centro del quadrato non è altro che il vertice di una piramide vista dall’alto, divinità azteche sedute su divani di pelle umana. Interzone, altre interferenze, interpretazioni trascendentali - Pausa - Un’umanità derisa all’interno della sua commedia di ruoli e maschere, il club del silenzio, una scatola blu, le lacrime sul volto, i sospiri d’amore, un giorno che si ripete fra le pagine ancora non lette di notti che non avranno timore di essere chiamate tali, qualcuno che bussa, qualcuno distoglie lo sguardo, ci divoriamo l’anima per noia e compassione, la tua mano che indica un poverocristo che sbava sul marciapiede, si comincia da soli, si finisce insieme, ci si uccide a vicenda, ci si imprigiona nascendo.
sabato 11 giugno 2022
Roma #22
Torniamo sempre da dove eravamo venuti, senza dirlo a nessuno, sperando che nessuno ci aspetti o si ricordi di noi, sperando di rimanere anonimi, fugaci individui leggeri come ombre alcoliche - Era giusto o almeno mi sembrava essenziale scordarsi delle nostre vite precedenti, anche se la nostra immagine era rimasta intrappolata dentro a occhi, specchi, strade, vie, luoghi, muri, locali, c’era poco da fare in questo mondo, se non sedersi in un angolo e aspettare che fossero gli altri a passare - Non c’erano motivazioni valide nell’andare avanti, come non ce ne erano nel guardarsi indietro, nulla che valesse il nostro tempo che ci chiedevano di trasformare in denaro, era meglio dedicarsi all’ozio, alla propria realizzazione interiore, qualunque essa fosse, immergersi nei respiri o nei propri bizzarri rituali erotici: le torture, il feticismo, il sadismo e il masochismo, alternati fra loro - Coltivare marijuana, immaginando che qualcuno ti rifornisse di acido lisergico o altre sostanze psichedeliche - Avevo una casa tutta per me, comoda e accogliente, dormivo ancora su un divano, cucinavo, leggevo e scrivevo, era meraviglioso - Potevo perdermi in una città che conoscevo da un milione di anni, poi tornavo in un appartamento sicuro, mi sentivo di nuovo protetto, fra i libri, i dischi, le fotografie, la musica e i film - Non me ne fregava più niente della recita degli altri, non che me me ne fosse mai importato, anche se avevo dovuto farne parte per tanti anni - Candele silenziose danzano in un barlume di oscurità, un ennesimo sogno, un inutile risveglio, ancora oltre lo specchio, chissà dove, chissà quando, oltre l’orizzonte di un domani piovoso, di nuovo in fuga, qui, altrove, un attimo di tregua, il cadere delle macerie, i ricordi proibiti, vuoi scopare? Chiede una voce, no, voglio solo andarmene e non tornare mai più.
martedì 7 giugno 2022
Roma #21
Croci al neon nella notte metropolitana. E pioggia incessante lungo le strade dei ricordi. Immagini stereoscopiche scivolano sul parabrezza e visioni liquide appaiono nelle stanze di un museo del subconscio. Pareti sonore e divani in cui affondare per annegare dentro sé stessi. Chiamate anonime. Colloqui di lavoro dietro a plastici vetri di protezione. Domande. Allusioni. Storie inventate. Non mi sarei di nuovo nascosto dietro alla maschera di chi loro volevano che fossi, non avrei mendicato uno stipendio o un’altra possibilità di tornate dentro alla gabbia. Non ci si poteva respirare là dentro, non c’era aria, non c’era mai stata, non c’erano alberi, non c’erano fiori. Le classi erano ormai vuote, lezioni virtuali, collegamenti elettronici, che cazzo di mondo si stava configurando, tutti intrappolati in uno schermo e i nostri corpi dietro di essi. Manipolazioni emotive e chissà quali altre domande se mi avessero scelto. Una psicologa mi avrebbe interrogato, poi si sarebbe sfilata le scarpe e avrebbe posato i suoi piedi nudi sulla scrivania, li avrei osservati ipnotizzato, il loro odore mi avrebbe fatto venire il cazzo duro nelle mutande, le solite fantasie, sospirava lo scrittore. Altre stanze buie, il profumo degli oli, il contatto delle mani, gli occhi chiusi, i respiri, fuori continuava a piovere, qualcuno sarebbe venuto a trovarmi in questa parentesi di felicità in un tempo che non sapevo più come chiamare. La città era meravigliosa nella luce di novembre, quando la pioggia si fermava per poco e c’erano attimi di trascendenza visiva, gloriosi tramonti, come quelli negli affreschi di alcune chiese, da cui escono Dio e il suo esercito di angeli e tromboni. Il traffico mi succhiava via l’anima e le energie, centinaia di ragazzi una notte a San Lorenzo, assembramenti infernali, voci, corpi, fermi o in movimento, in un’orgia giovanile di cui non facevo più parte. Al Pigneto la situazione era anche peggiore, avevo visto alcune persone fumare crack direttamente per strada, passeggiavo in silenzio sotto il cielo viola, il mio doppio era tornato a vagare solitario nei suoi vecchi quartieri, consumando la propria astinenza, immaginando, chiedendosi, fermandosi, svanendo. Pochi passi nelle zone oscure in cui qualcuno si rifugiava per scoprire che non c’era più nessun luogo nel quale scappare. Le parole continuavano a raggiungermi, volanti della psicopolizia setacciavano la rete dei nostri bisogni. Ancora la pioggia, a Fiumicino, in una mattina in cui volevo solo piangere senza voltarmi più indietro, i giorni in cui sono stato un uomo diverso, quelli in cui non sono stato più nulla, ci sarà l’oblio con le sue danze di fuggenti malinconie ad attenderci nel teatro della prossima vita. Mi siederò in un angolo ad osservare il susseguirsi degli eventi, orizzonti di rabbia, repressioni di istinti clandestini, analoghi monologhi di omosessuali, travestiti e checche sognanti. A strano, a frocio, qualcuno mi dice, ho fatto finta di non sentirlo, le menzogne della notte, le verità che nessuno ti ha mai confessato.
giovedì 2 giugno 2022
Roma #20 (garbatella)
domenica 29 maggio 2022
Roma #19 (forte prenestino)
Di nuovo al volante ho continuato ad andare. Stavo cercando di raggiungere la Prenestina perché volevo fare un salto al Forte dove ci doveva essere un mercatino domenicale di prodotti agricoli (e dove chissà, forse, avrei potuto comprare un pò di marijuana). Le strade che seguivo attraversavano zone spoglie, con palazzine a due piani e capannoni industriali, che si alternavano a enormi sale da gioco, squallidi bar e strade laterali deserte.
Mi sono fermato dalle parti di Tor Sapienza perché volevo scattare delle foto. La luce aveva di colpo inondato le facciate a vetri di un palazzo e aveva aperto squarci futuristici nella mia immaginazione. Ho camminato intorno al palazzo facendo foto. Era un’architettura bizzarra per quell’area suburbana. Avvicinandomi all’entrata dell’edifico ho scoperto che era parte degli studi di Voxon Tv, bella merda, ho pensato, qualche produttore o conduttore si starà facendo la prima riga della giornata, ora che il sole brillava intenso, seduto sulla sua poltrona imbottita di cuoio nero, aspettando che una segretaria con le calze e i tacchi alti gli venga a fare un pompino, eccolo qui il dorato mondo della televisione, un altro troiaio di prima qualità.
Ho proseguito fino alla stazione di Tor Sapienza, poco distante dagli studi televisivi, una orribile struttura bassa e anonima immersa nel vuoto della miseria circostante, con un viale di asfalto grezzo che le passava accanto e non arrivava da nessuna parte. Alcune panchine, alcuni vecchi, alcune donne con i loro cani come unica compagnia. Ho fatto altre foto, cercando di dare una prospettiva a questo merdaio, ho pensato anche a un titolo per una di esse, Angoli di desolazione, parafrasando Kerouac.
Sono arrivato al Forte che saranno state le undici, avevo ancora un paio di ore da riempire prima di poter tornare a casa, farmi una canna, perdermi nelle mie fantasie masochistiche e forse sborrare. Per adesso ero in giro per la città, un cronista anarchico e scansafatiche, anzi skansafatike, che suonava più antagonista del protagonista di queste insulse avventure urbane.
Ho sempre una sensazione non proprio piacevole quando entro nel Forte, forse perché questo luogo possiede una ragnatela psichica di memorie di molteplici e misteriosi fatti accaduti nel passato, alterati nella realtà presente dal ricordo di imprecisate e vaste assunzioni di svariate sostanze stupefacenti e mi sentivo come in balia di esse, dei loro residui nell’aria e fra i muri, così ho attraversato il tunnel, vuoto e una volta fuori mi sono messo a osservare i meravigliosi affreschi psichedelici che mi guardavano come io guardavo loro sempre con la speranza che, da un istante all’altro, prendessero vita e iniziassero a muoversi.
Il mercatino faceva abbastanza schifo e anche lì, sebbene circondato da poche persone dall’apparenza alternativa, non mi sono sentito per niente a mio agio. Ho pensato a Cigarrones e non avevo voglia di ritrovarmi in un posto simile in questo momento, così ho fatto un giro, seguendo un sentiero che compie una specie di anello ellittico per tutto il Forte, passando davanti ad alcune strane abitazioni ricavate da antichi rifugi o depositi, nei quali alcune persone vivevano e che avevano cercato di riorganizzare in una struttura abitabile con piccoli giardini all’esterno. Anche questi luoghi mi ricordavano altri che avevo visto in Galles e in Spagna, non in un contesto urbano ma in uno rurale quando non apertamente boschivo. Ho iniziato a sentirmi triste, in fondo anche il Forte era una specie di ghetto nel quale si erano rinchiusi coloro che avevano deciso di vivere seguendo altre regole e sperimentando altri stili di vita. Era un villaggio utopistico e decadente nella città, una piccola oasi, un’isola di resistenza, questo ad essere romantici e sognatori ma nella realtà era il risultato di un fallimento, di una ennesima prigione in cui nascondersi e immaginare un’esistenza diversa, che le sostanze allucinogene e psicotrope sicuramente aiutavano a costruire e allargare nelle menti di chi ci abitava. Purtroppo però quel periodo di rivoluzione lisergica era bello che finito e fuori dalle mura del Forte la merda era ovunque, quasi non si respirava più per il suo tanfo, non c’erano più spazi liberi dal denaro nel quale riunirsi e comunicare, era tutto gestito dalle regole del capitale, del commercio, dell’incubo costante del guadagno.
Me ne sono tornato verso Monte Sacro con questi pensieri, ormai era l’una passata e quindi casa era libera e pulita di nuovo. Dovevo anche andare al cesso a cagare. Avevo trovato un bel paio di scarpe alte con il tacco sulle quale avrei potuto masturbarmi, fuori dal Forte, sotto una panchina, la mattinata, in fondo, era stata produttiva, in termini creativi e feticistici. L’aria era calda, la luce splendeva fra le foglie degli alberi, ero vivo e come ognuno di noi non sapevo ancora per quanto. E tutto, tutto era in questo momento meraviglioso e dolce e perduto. Fino a quando non ci sveglieremo svegliati da questo sogno di cui non conosciamo neanche l’esistenza.
martedì 24 maggio 2022
(fuori)Roma #18
I vecchi borghi possedevano ancora una loro anima e la potevo sentire nei vicoli, nei loro odori, nelle case abbandonate, nelle porte, nelle panchine, nell’acqua delle fontane - Potevo vedere la mia vita all’interno di vecchie stanze con la carta da parati ammuffita sui muri, un divano di feltro rosso mezzo sfondato, gli strati di polvere sui libri, le lampade a olio, un camino, le fiale di morfina e le pipe da oppio, le statue e le maschere africane, la scatola di legno intagliato con dentro le sostanze, i funghi magici essiccati - Le mattine passate seduto al tavolino di un bar, una birra, il quaderno, la penna, le poche parole scambiate con gli altri perdigiorno locali, l’importante era scrivere e seguire le linee della luce e quelle delle ombre e perdersi in esse, lentamente, senza fretta, anche se a volte la birra velocizzava tutto, poi attendevo l’arrivo della sera quando sarei tornato nella mia stanza, accendendo candele e immergendomi nell’oceano interiore, la notte erano i miei viaggi psichici in altri luoghi e incontri e alberghi, stazioni, piazze, strade sconosciute - Altre immagini oniriche, altre barriere che si stavano sgretolando, non ero più io l’attore di questa esistenza e di quelle che si moltiplicavano e confondevano oltre il bordo dello specchio, i vecchi tossici, le vecchie storie di droghe e dipendenza, il passare dei giorni e il loro peso che si annullava, avrei trovato una maniera per glorificare la mia solitudine, pezzi asimmetrici di un mosaico dimenticato, lo splendore del giorno, le persiane socchiuse, i profumi della giovinezza, labirinti di tentazioni tradite, emozioni trattenute, frasi non dette - Ogni cosa si scioglie, i nodi svaniscono, la bottiglia è ormai vuota, le tue canzoni non sono altro che pallidi sussurri d’amore, vicini e lontani, epidermidi violate - Contatto, baci, carezze, la pelle e il tuo nome, sfiorami, picchiami, vincimi, stuprami - Cuscini orientali, un tappeto consunto, paesaggi interiori e remoti, le sfumature dell’alba e tu che passerai di qui solamente dopo che me ne sarò già andato.
domenica 22 maggio 2022
dream #113
venerdì 20 maggio 2022
Roma #17 (via tiburtina)
mercoledì 11 maggio 2022
Roma #16 (ostia)
Non volevo vedere la gente che c’era in chiesa, non volevo parlare con loro, non volevo sentire i loro commenti, volevo solo andarmene e sapevo bene che non avrei mai più rivisto nessuno di quei volti, alcuni appartenevano a un passato di cui non avevo più interesse, altri erano diventati dei perfetti sconosciuti.
Sequenze della memoria, mentre sono al volante e poi di nuovo mentre cammino per le strade di Roma e tutto appare vicino e distante, smarrito e presente - E poi le onde del mare come immagini improvvise, inquiete e arrendevoli, sono stato qui in altri momenti della mia vita, su questa spiaggia, a scrivere di altre sofferenze, di altre perdite, a sognare altri amori, a piangere altre lacrime.
Non ci è dato di sapere quanto tempo passeremo in questo corpo, scivolando lungo la sabbia del tempo. Meglio così, meglio non sapere nulla, meglio abbandonarsi e lasciare che i respiri riempiano i nostri dubbi e li facciano dissolvere in essi.
Poi la bara è stata portata via e così me ne sono andato anche io, senza dire niente, perché rimanere in silenzio mi è sempre sembrata la cosa migliore da fare.
ZetaElle #28
Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...
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I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
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Ce l’hai una sigaretta? - chiede il tossico. Non fumo, mi dispiace – rispondo. Allora che me la vai a cercare? No, non ho quest...
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Per capire il significato di quella perdita dovresti passare almeno cinque o sei anni con una stessa persona e vederla tutti i giorn...