venerdì 27 maggio 2016

homesick #44

Non era un’isola sperduta, nemmeno un paradiso tropicale - c’erano il sole e le nuvole in lontananza che si formavano, venivano dalle montagne azzurrine, le loro linee spezzate all’orizzonte - non era un’oasi, non era una casa in riva al mare, dove uscire fuori su una terrazza dalle ringhiere di metallo, sedersi davanti ad un tavolo bianco, su una comoda sedia, di legno e stoffa, accendere il computer e scrivere, non era nulla di tutto questo, però bastava chiudere gli occhi e respirare e le immagini diventavano reali - era una bella giornata, i pensieri erano quasi assenti, sentivo i rumori della stazione, i fischi dei treni in arrivo e in partenza, chiudevo gli occhi, le spiagge, la sabbia, i tuoi capelli bagnati, mi sono spogliato, ero sul terrazzo dell’edificio in cui vivevo, non c’era nessuno, ho preso una sedia di plastica e mi sono seduto, togliendomi tutti i vestiti e rimanendo a palle all’aria, mi sono spalmato un po’ di crema protettiva, erano le undici, non ricordavo da quanto tempo non mi sentissi così bene, fluivano la vita e l’immaginazione, in maniera continua, non c’erano brutti pensieri a turbarmi, le scelte dei mesi precedenti erano state giuste, allontanarsi da chiunque finisse per rovinare la mia calma e la mia quiete - l’odore della crema solare portava con sé ricordi quasi tattili, l’azzurro dell’acqua, la luce sulle onde, i tuoi seni, le tue dita sulla mia cappella, i respiri della sera, qualcosa che era scomparso, andato e perduto, ma esistevano ancora quelle immagini nella mia mente, proiettate da un odore, su uno schermo di sensazioni nitide - qualcuno tolse la pellicola e il sole si nascose dietro ad una nuvola dalla forma di cane, non avevo voglia di masturbarmi, non avevo voglia di nulla, ero libero, immobile nell’eternità dorata del cuore, battiti lenti, nessun luogo, in questo momento, poteva essere così meraviglioso.


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