Ombre
nere. Uomini neri. Anche io uno di loro. Le strade di notte, gli oggetti in
mano, intorno al collo, in un grande zaino, dietro le spalle. I giri, da un
locale ad un altro, cercando di vendere, qualcuno ti scacciava, altri ti
ignoravano. Travestimenti, cambi di identità. Dormivo con loro, ammucchiati
dentro una stanza, miscugli di odori pungenti, le coperte logore, le lenzuola
strappate, mangiavo i loro cibi, respiravamo gli stessi odori. Imparavo.
Avevamo la stessa pelle, gli stessi occhi. Imparavo. I suoni della loro lingua,
i significati delle loro parole. Pregavamo insieme. Cadevamo. Ci rialzavamo.
Nessuna porta, nessuna via di fuga. Era un addestramento, giorno dopo giorno,
non sapevo quando sarei tornato, dovevo stringere i rapporti, conoscerli
meglio, imparare a farli diventare un gruppo. Capire come usare la loro forza.
Le
marce nel deserto, le armi, i bersagli. Le preghiere, i canti, i colori della
sera. Seduti in cerchio, a parlare. Si decidevano gli obiettivi, si cercavano
strategie, si costruiva un piano di azione. Le tuniche, i volti coperti, il
libro sacro in una mano, il fucile nell’altra.
Entrambe
alzate verso il cielo.
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