martedì 3 maggio 2016

le alte torri #44


Ero in una piccola piazza, in un quartiere vicino alla stazione, stavo bevendo vino rosso in un bicchiere di vetro insieme ad alcune ragazze. Lui si è avvicinato, i capelli lunghi e sporchi, la barba incolta, un cappellino con la visiera in testa, ha iniziato a parlarmi, non capivo alcune delle parole che diceva, erano troppo veloci e non tutte nella mia lingua. Abbiamo continuato a discutere e piano piano ha catturato la mia attenzione, mi sono girato verso di lui, dimenticandomi delle ragazze, sempre più attratto dai suoi discorsi. Ogni tanto si alzava la visiera del cappellino e i nostri occhi entravano in contatto, si creava così una nuova comunicazione psichica, immagini e numeri apparivano nella mia mente, tarsmessi dal suo sguardo, le parole che ripeteva, in maniera apparentemente sconnessa, si trasformavano in mantra ipnotici, qualcosa che riguardava una maniera veloce per guadagnare molti soldi, una serie di informazioni, di combinazioni numeriche, era possibile un modo? Ci credevo? Era possibile fare milioni in poche ore? Ripeteva queste e altre frasi in continuazione, oltre alle cifre dei probabili guadagni, poi cambiava l’ordine, aumentava/diminuiva, mi stava trasmettendo dei codici, un trasferimento criptato di informazioni importanti – un agente di Pavel? Lo stesso Pavel travestito? Un’invenzione del Dottor Ballard? – si chiamava Frank, età indefinibile tra i venticinque e i trentacinque anni, non riuscivo a capire il paese di provenienza, era bianco, forse dell’Est Europa, Frank era pieno di misteri, Frank si prendeva delle pause, scherzava con le ragazze che ogni tanto gli si avvicinavano, Frank non aveva un buon odore, dopo un po’ ti ci abituavi ma le ragazze non lo gradivano e si riallontanavano – dicevo a Frank che non ero interessato ai soldi, che mi sarebbe piaciuto, invece, liberarmi di tutto, era notte e lungo le pareti degli edifici colavano le ombre, dissi a Frank che dovevo tornare a casa, ero stanco, non riuscivo più ad ascoltarlo, i flussi di numeri si erano bloccati, i codici erano rimasti da qualche parte, in una camera di sicurezza mentale, pareti bianche, luci alogene e silenzio assoluto.

Facemmo un pezzo di strada inieme, Frank si fermò davanti ad una porta arruginita, in un vicolo oscuro, nei pressi della stazione, si tolse il cappellino, sorrise e tirò fuori da una delle tasche logore della sua lurida giacca una chiavecerchio, simile alla mia, Frank aprì la porta, un flash di luce azzurrina, serie di 12 numeri nella mente, calcoli impossibili, l’occhio aperto che irradia luce dalla punta di una piramide, il nuovo ordine mondiale (la rivoluzione?), la tirannia, le unghie lunghe della sua mano, i vestiti non lavati, i denti bianchissimi, lo seguii nella porta, un altro flash azzurrino, nella stanza d’avorio eravamo io e lui, in altri corpi, altri vestiti e altri volti, gli stessi occhi, nessuna parola, una trasmissione continua di informazioni codificate in cifre numeriche attraverso la mente, l’odore del mare, i ghiacciai eterni, una casa isolata e in rovina sulle rive di un lago di montagna, le siringhe dei tossici in un secchio di plastica pieno di acqua, altro oppio, signore? il sorriso senza denti di un vecchio cinese, un nuovo flash azzurrino, intenso, elettrico, camminavo verso il tunnel, nella mente, in una stanza bianca, serie di 12 numeri.

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