giovedì 12 maggio 2016

le alte torri #45



Serie di 12 numeri. Coordinate bancarie. I numeri arrivavano in sogno. Li potevo trovare scritti da qualsiasi parte, su un muro, un giornale, un libro. In un tatuaggio sulla schiena di una donna asiatica, bisognava memorizzarli. Poi tornato nella dimensione della veglia chiamavo Frank e glieli dettavo, non dicevo altro, solo una serie di 12 numeri. Mi ritrovavo, il giorno dopo, discrete somme di denaro sul mio conto corrente. Frank mi aveva suggerito, anche, di aprire diversi conti, in modo che potessi aumentare più in fretta il mio capitale. L’occhio che irradia luce dalla punta di una piramide. Quei soldi non erano per me, ero solo un tramite, un mezzo. Sapevo come investirli. Armi, droga, incremento della prostituzione. Pavel iniziò di nuovo ad apparirmi nei sogni, a darmi istruzioni, alcune volte mi dettava la serie di 12 numeri, seduto al tavolino di un bar vuoto, un panama in testa che gli copriva gli occhi. Dovevo stringere rapporti più stretti con alcune persone del quartiere. Passavo intere giornate/intere notti per le strade. Non usavo le porte, non usavo sostanze. Andavo in giro lucido, cosciente, aggrappato ad ogni attimo. Alcune volte passavo del tempo da un vecchio indiano, aveva un negozietto nel quartiere cinese, aveva una stanza nel retro, una stanza segreta, ci sedevamo su un tappeto e lui mi mostrava degli esercizi. Respirazioni, posizioni del corpo, meditazione. Un modo per controllare e conoscere sé stessi. Nelle vie e nei vicoli incontravo persone, creavo nuovi contatti, miglioravo quelli precedenti, distribuivo i soldi. L’obiettivo era uno. Inevitabile. Condiviso. La distruzione dell’ordine presente. La creazione di un nuovo ordine. Parlavo con Pavel in sogno, seduti nella navata di una chiesa deserta e mezza distrutta, le candele accese, nessun rumore, il leggero sentore dell’incenso, i marmi lucidi, le sue mani in tasca, i capelli raccolti in una coda. Ci scambiavamo informazioni, idee, punti di vista. Tutti i disperati, i miserabili che di giorno vedevo trascinarsi per le strade, erano una possibile risorsa, erano un potenziale esercito, erano una forza che aspettava di diventare azione, di qualcuno che la risvegliasse e la controllasse. Le immagini dei volti coperti dai passamontagna neri, i fucili stretti in pugno, alzati verso l’alto, i canti che riempiono l’aria, il sole che tramonta dietro una delle torri, gli occhi di una donna che guardano verso ovest, l’arrivo della notte e dei suoi figli, i capelli coperti da un velo, la città in fiamme, serie ininterrotte di esplosioni, le immagini tornano indietro, le scritte in arabo su un muro, la vernice che cola verso il basso, 12 numeri, mi sveglio, poi prendo il telefono e li comunico a Frank.

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