lunedì 21 febbraio 2022

Artist Valley #15

Mi era arrivato un messaggio da Stephen, che non avevo più visto dal giorno in cui era fuggito via, dopo una notte nella quale ci eravamo sbronzati insieme, non so cosa fosse scattato nel suo cervello durante quelle ore di esaltazione alcolica però la mattina dopo non c’era più e avevo dovuto chiamare la polizia e denunciare la sua scomparsa e poi dopo una settimana lo avevano trovato ricoverato in un ospedale di una città britannica di cui non ricordo il nome, era in coma etilico e qualcuno mi ha chiamato e mi ha spiegato i suoi problemi con il bere e poi il padre, sempre al telefono, mi ha raccontato la storia della sua vita e io appuntavo sul quaderno nero le sue frasi per poi dimenticarmene subito dopo, perché fosse ancora la mia immaginazione a vincere sulle falsità e sulle miserie dell’esistenza.


E c’erano dei semi sparsi sul tavolo, nella stanza al pian terreno del cottage di campagna in cui vivevamo e bustine di plastica senza nome, mezze piene di polveri bianche e mattine fredde e la neve tutta intorno, sugli alberi, la terra e i prati e cene silenziose e l’attesa della primavera e figli abbandonati e Stephen che pisciava nel mezzo della stanza ridendo e non capendo nulla di quello che stava facendo, mentre gli dicevo buonanotte e anche io ubriaco me ne andavo a dormire nella mia camera di sopra. E un giorno in cui abbiamo camminato in montagna insieme a Roland e gli ho scattato alcune foto mentre loro erano di spalle e il pomeriggio io e Roland abbiamo mangiato funghi allucinogeni per poi conoscerci e scoprirci in una maniera intima e meravigliosa e ancora le notti in cui mi mettevo a suonare il piano senza la minima idea di come si facesse, le bottiglie di vino rosso al mio fianco e le stelle lontane che risplendevano nell’oscurità del mondo e ho dimenticato di dirti quanto ti amassi perché in fondo non l’avevo mai saputo.


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