La colazione per alcuni era un sol y sombra o un tubo di cerveza, accompagnati da una sigaretta ed erano solo le dieci di mattina nel Viejo Molino ed era lunedì e mi sembrava quasi impossibile che in un altro tempo della mia vita avessi lavorato in un ufficio, all’interno della gabbia degli orari, dei giorni feriali e festivi, qui mi pareva di essere parte dell’abbandono totale, della caduta definitiva, con party che proseguivano per tutta la notte e una quantità impressionante di sostanze, c’erano tutte quelle che uno potesse immaginare ed erano tutte disponibili, avrei mantenuto la mia dignità e me ne sarei rimasto per i fatti miei, l’arte dell’equidistanza l’aveva chiamata lo scrittore - Dovevo trovarmi un’altra casa, un altro spazio in cui vivere, avevo bisogno di nuovi sogni e di progettare ennesime fughe e l’immagine acida dell’azzurro splendente di un lago che sembrava uscito fuori da un miraggio desertico, la luce abbagliante, le forme verdi degli alberi in movimento, l’aria che vibrava in una visione in technicolor - C’era una malattia dell’anima, in giro, una pestilenza morale, una degenerazione dei pensieri, l’equilibrio psichico ero solo un’altra fugace allucinazione, il calore bianco stava tornando, quanto cazzo di tempo avevo passato qui? Cosa cazzo avevo fatto?
Immagini che avrei distrutto quando mi fossi dimenticato di come ero tornato al punto di partenza, parole che aspettavano di essere trascritte, i diari di un delirio esistenziale, le aride geometrie di una disfatta, la musica agonizzante di suonatori impazziti, il teatro delle crudeltà era vivo in ogni momento, la farsa continuava, un uomo senza denti appariva nel bar, arrivando da chissà dove, si accendeva una sigaretta, l’eternità era un gioco per idioti ghignanti.
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