venerdì 25 febbraio 2022

Orgiva #72

 Quello che mi sembrava avere ancora importanza erano i ricordi dell’infanzia, i frammenti emotivi che ne rimanevano, sensazioni ancora nitide di luoghi, odori, della presenza dei miei genitori, dei miei zii, dei miei nonni, qualcosa nel corso degli anni anni aveva cominciato a perdere colore, consistenza, densità, gioia, mi chiedevo se fosse questo il lento sfumare dell’esistenza verso il tramonto della vecchiaia, la solitudine che prometteva mi pareva invitante, mi chiedevo anche se alcune cose sarebbero scomparse una volta per tutte, il sesso, il desiderio, le fantasie, le aspettative, se ci fosse stato un punto di equilibrio in cui guardarsi indietro e guardarsi avanti non avrebbero avuto più senso, essere nel momento presente sarebbe stato il nostro appiglio a quello che avevamo intorno, così mutevole, fuggente, irrisorio.


Volevo continuare solo con la mia vita di scrittore sconosciuto, invisibile, nascosto, era meglio così, il mio era un atto creativo per me stesso e per quello che realmente ero, erano le parole che venivano a trovarmi, ancora e ancora, sin da quando ero un ragazzo e non potevo cacciarle via, finivo sempre per accoglierle, le lasciavo fare, loro sapevano dove condurmi e io le seguivo, la loro presenza, la loro amicizia erano qualcosa di meraviglioso, erano un dono inestimabile per la mia anima e per i giorni a venire e per quelli che non sarebbero mai stati.


C’era una voce al mio interno, nel silenzio di ogni cosa che non mi interessava e lasciavo svanire, nella mia essenza c’era una poesia continua, una melodia infinita, un’opera incompiuta che non voleva terminare  ma solo andare avanti, nella sua costante imperfezione e nel mio coraggio di ascoltarla senza timori, paure, assolutamente senza condizioni, censure, distrazioni. Questa libertà era dentro di me e in nessun altro posto su questa terra la avrei potuta trovare.


C’erano i soliti ubriaconi mattutini al Viejo Molino mentre mi guardavo intorno, poi posavo gli occhi sul quaderno e mi mettevo a scrivere al solito tavolo, l’odore delle prime sigarette e il calore bianco che iniziava a farsi sentire, lo scrittore era sempre stato un tipo solitario e aveva bisogno di nuovi spunti e di nuove storie, prima o poi lui se ne sarebbe andato altrove, accettando il suo destino, i suoi scherzi, i suoi crudeli giochi, gli attimi di quiete prima che tutto crolli, in una risata o nelle ultime lacrime di un giorno perduto in cui tutte le nostre speranze hanno smesso di esistere.

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