mercoledì 27 gennaio 2016

Berlin #9



Il cielo si traveste, manti grigi e maschere di pioggia, basso e pesante, i colpi metallici, lamiere percosse, il movimento primordiale di un animale estatico, il costume bianco, gli strati di veli che nascondono forme aberranti, le urla di sofferenza, la gioia macabra di un idiota che batte i piedi su assi di legno marroni, polverose e sporche –  il rumore degli stivali, il battito ritmico dei tacchi, nudo nel mezzo della stanza, ispezionato da una donna in uniforme, il solo odore del suo corpo, quando si avvicina, in silenzio, mi fa gonfiare la punta rossa del cazzo, che spinge verso l’alto, mentre lei mi fa cenno di inginocchiarmi, poi di prostrarmi, la punta nera dei suoi stivali davanti alla bocca, la mia lingua che, senza controllo, inizia a leccarli – proiezioni di ombre, la musica sembra precipitare dagli alti soffitti, colpire il suolo ed esplodere in frammenti sferici che rimbalzano da una parete ad un’altra, fasci obliqui e potenti di luce futura che tagliano la notte in prismi di oscurità al fosforo, ogni sezione, ogni faccia riflette punti di vista opposti e complementari, in impossibili geometrie di pensiero – le pareti dai colori confusi, il fascino della decadenza, gli uomini in uniforme nera, ubriachi, che inneggiano al nulla, un vecchio giradischi immobile, immagini ripetute, un angolo del soffitto con tubi e fili elettrici scoperti, una serie di lampadine colorate che non riesco a capire come accendere, l’alba ha un profumo di foglie cadute e bagnate, svela le danze dei rami proiettate durante la notte, sospiro tra le lenzuola, mi giro e tu non ci sei.

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