venerdì 20 luglio 2012

Le rose di pietra



Le pasticche le prendevamo da un ragazzo della nostra scuola, poi il sabato andavamo a ballare in qualche fabbrica abbandonata, sapevamo dove solo all’ultimo momento, ci perdevamo in quelle sale immense, con le luci blu e rosse e le vibrazioni potenti dei bassi nella pancia e le risate ed eravamo giovani i e potevamo rimanere svegli fino alla mattina e vedere l’alba e correre da qualche altra parte a fumare qualche canna per far scendere l’effetto delle pasticche e ridevamo, ridevamo di continuo ed era magnifico il suo corpo mentre ballava e noi la guardavamo, i movimenti al rallentatore dei capelli, i suoi sguardi sembravano sempre pieni di promesse, si abbracciava ad ognuno di noi, ma non credo ci fossero gelosie o invidie, le emozioni scivolano veloci sotto la pelle ed erano brividi, ragazzi e ragazze, erano brividi così intensi che sembrava che ti avessero attaccato una spina nel culo e l’elettricità incendiasse ogni tuo nervo.

Lui portava un cappello, mentre ballava e una felpa dell’adidas con cappuccio e pantaloni a campana e delle scarpe dell’adidas e i suoi movimenti erano fluidi e potenti, era una meraviglia guardarlo ballare e poi ti accendevi una sigaretta e ti sedevi da una parte e bevevi un sorso d’acqua mentre le pasticche continuavano il loro viaggio nel tuo stomaco e nel corpo e nella mente e ci doveva essere qualche punta di mescalina o di acido nella pillola che ti si era sciolta sotto la lingua perché le immagini continuavano a distorcersi e i colori erano dannatamente brillanti ma eri giovane, ragazzo e fare esperienze era un parte importante della tua crescita e il cuore continuava a battere, forte e la paura non aveva ancora infettato i tuoi sentimenti e le tue azioni, fuori, nella luce lunare, fuori dalla fabbrica, sul cemento, tra i fuochi accesi, altri ragazzi parlavano, fumavano canne, facevano i loro piccoli traffici illegali e vivevano leggeri come l’aria notturna e il tempo ti avrebbe catturato, nessuno poteva scappare, ti avrebbe catturato, facendoti abbandonare i tuoi sogni e le tue illusioni, inchiodandoti ad una scrivania, cucendoti addosso vestiti su misura, il tempo, brutto figlio di puttana, ti avrebbe preso, prima o poi.

Sdraiati sulla sabbia, occhi chiusi, ondeggiano le immagini nella mente.

I gabbiani, in alto, fischiano nel cielo.

giovedì 19 luglio 2012

Questo stupido racconto


Questo stupido racconto, ripetuto mille e mille volte, a orecchie sconosciute e sorde, questo racconto costruito con il passare dei giorni e degli anni, ripetuto mille e mille volte, perfezionato e cambiato, fino a quando diventa così scorrevole che anche noi iniziamo a crederci. E invece sono un mucchio di stronzate. Quelle che raccontiamo agli altri sulla nostra vita, un racconto che impariamo a recitare, per dare agli altri un’immagine accettabile di noi stessi.
Ma il vero racconto, quello segreto, la vita segreta delle persone, la storia che quasi mai abbiamo il coraggio di raccontare, la storia che realmente ci appartiene, quella fatta con il sangue e con il dolore, con le attese interminabili, con i pianti e le sconfitte, quella piena di atroci errori e atroci scherzi, fatti e subiti, la storia in cui siamo rimasti in silenzio a piangere su di un letto, la storia fatta di abbandoni e addii, ecco, una storia molto più umana e credibile, una storia in cui non ci sono stati amori nella tua giovinezza, in cui non c’è stato uno spensierato sorridere, un innocuo parlare, la vera storia che ognuno si porta dentro e che difficilmente racconterà a qualcuno, perché difficilmente qualcuno lo starà a sentire, sempre pronti a sputare fuori parole, di accusa, di insofferenza, di rabbia, parole vuote come scorregge, rumorose quanto basta, fetide, parole che non avrebbero il minimo diritto ad esistere, eppure sono dovunque, nelle bocche delle persone, stampate sui giornali, sui libri, parole dette alla radio, nell’autobus, al bar, parole che andrebbero abortite nella gola, raschiate via dalle corde vocali e la gente continua, continua a parlare e a raccontare storie senza valore, senza forza, dove si nasconde la storia segreta della loro vita? Quella che andrebbe raccontata, perché così, forse, il semplice fatto di raccontarla le darebbe un senso. Perché è nelle orecchie e nella mente di chi ascolta, di chi ascolta veramente, che, forse, le azioni e le parole di un altro uomo trovano significati e prospettive che all’uomo che le racconta potrebbero sfuggire. Quando siamo chiamati ad essere testimoni di un’altra vita e non mentiamo a noi stessi nel farlo quella testimonianza ha il valore di un’intera esistenza.

Ti ho parlato delle violenze subite e del dolore, fisico quanto verbale, chi sarai mai tu per condannare chi mi ha punito e chi mi ha fatto soffrire? Chi sarai tu per prendere posizione, per giudicare? Quando il crimine peggiore rimane il continuare a mentire, a sopportare i ruoli che ci hanno assegnato in questa cazzo di recita.

Il crimine peggiore è guardare negli occhi una persona e sorriderle e non avere il coraggio di farlo abbastanza a lungo perché quello sguardo e quel sorriso diventino VERI.

mercoledì 18 luglio 2012

...

Come penetrare nell'intimo della gente? Era una dote o una capacità che non possedeva. Non aveva, semplicemente, la combinazione di quella serrature. Prendeva per buono chi lanciava i segnali della bontà. Prendeva per leale chi lanciava i segnali della lealtà. Prendeva per intelligente chi lanciava i segnali dell'intelligenza. E fino a quel momento non era riuscito a vedere dentro sua figlia, non era riuscito a vedere dentro sua moglie, non era riuscito a vedere dentro la sua unica amante: forse non aveva neppure cominciato a vedere dentro di sé. Cos'era, lui, spogliato di tutti i segnali che lanciava? La gente, dappertutto, si alzava in piedi urlando: - Questa persona sono io! Questa persona sono io! - Ogni volta che li guardavi si alzavano e ti dicevano chi erano, e la verità era che non avevano, non più di quanto l'avesse lui, la minima idea di chi o che cosa fossero. Credevano anche loro ai segnali che lanciavano. Avrebbero dovuto alzarsi e gridare:- Questa persona non sono io! Questa persona non sono io! - L'avrebbero fatto, se avessero avuto un minimo di pudore. - Questa persona non sono io! - Allora forse avresti saputo come procedere tra quei segnali, tra le innumerevoli stronzate di questo mondo.

philip roth
pastorale americana

martedì 17 luglio 2012

Via da qui


Ti svegliavi. E i pensieri non avevano ancora forma. Erano un colore, un profumo, un’immagine. L’eco di un sogno. Ti giravi nel letto, il contatto delle lenzuola fra le dita, il contatto del suo corpo. La consistenza dei suoi capelli sul tuo viso. Respiravi il suo odore e i pensieri non avevano forma. Era un limbo di percezioni e la mente era libera di muoversi. Erano i momenti più felici della giornata.

Eri seduto alla scrivania e le ore scivolavano via lente, le facce, le parole, i problemi, le possibili soluzioni. Le impossibili soluzioni. Arrivavi ad usare l’indifferenza come una protezione. Qualcuno che prenda a sprangate il mio cuore. Per aprirlo.

Eri seduto alla scrivania e qualcuno aveva messo la musica dei talking heads e qualcun altro stava riempiendo degli scatoloni di cartone con dei libri, dei fogli, chili e chili di fogli, pieni di regole ed esercizi e queste due azioni simultanee, la musica che colmava l’aria e gli scatoloni che venivano  riempiti ti facevano venire in mente delle immagini sfuocate e il ricordo di qualcosa, qualcosa che non riuscivi a cogliere in pieno, ma era lì, dentro di te, che si muoveva e voleva parlarti e tu non eri sicuro di voler ascoltare quelle parole, qualsiasi fosse il loro significato.

Il lento ripetersi dei giorni. Era forse questa la realizzazione della promessa che ti avevano fatto da bambino? Era questo il mondo adulto, razionale, nel quale, crescendo, ti mettevano tanta fretta di entrare? Sarebbe stata questa società, con i suoi meccanismi stantii e opachi, questa forma malata di convivenza umana, la stupida gabbia  della tua maturità e della tua vecchiaia? Era quello che avevi giornalmente davanti gli occhi, il mondo che gli uomini erano riusciti a costruire? O era solo una illusione idiota?

Guardavi le cose, gli alberi, il cielo e le stelle, le donne passare, i bambini ridere, le foglie cadere. Le guardavi dalla tua mente, il mondo si riproduceva nella tua testa e lì dentro tu vivevi.

Ti addormenti. I pensieri che perdono le loro forme. Le immagini di una vita passata e futura, reale quanto immaginaria. Un odore. L’eco lontana di una risata d’estate. Ti giri nelle lenzuola e lei ti sta guardando. Ti immergi in quegli occhi e le accarezzi i capelli. I pensieri che perdono le loro forme.

Scivoli piano in una quiete di respiri e silenzio.

lunedì 9 luglio 2012

senza titolo


Avevo il cuore che batteva così forte
Seduto sul cesso
A trovare il coraggio di telefonarle
Avevo sedici anni
E una bestia nel cuore
Che graffiava
E correva selvaggia per tutte le vene
Portata dal sangue
In gabbia sotto la pelle
Sentivo i battiti dei suoi passi
Risuonare in tutto il mio corpo
L’ho chiamata, quella ragazza
E le ho detto ti amo
Non sapevo neanche come quelle parole
Erano uscite fuori
Se era la mia voce a parlare
O solo un altro gioco della mia mente
Erano così tanti i discorsi che le avevo fatto
Quando ero solo
Sdraiato sul mio letto
E le nuvole passavano lente fuori dalla mia finestra
In pomeriggi dorati che non torneranno mai più
L’oro della luce
E le ho detto ti amo
E la bestia ha smesso di squarciarmi il cuore
E ho respirato
E non ho neanche ascoltato le sue parole
Perché la cosa più importante era averglielo detto
Rimasi in silenzio
La notte
A sognarla
L’amore l’ho imparato così
Sognandoti.

giovedì 5 luglio 2012

...

Gesù, c'erano donne dappertutto e più del 50% sembravano una buona chiavata: e non c'era niente da fare - tranne che guardarle. Ma chi aveva ideato un trucco così orribile? Tuttavia si assomigliavano un pò tutte - se non si teneva conto di un rotolo di grasso lì, di un culo piatto là - solo un mare di papaveri in un campo. Quale sceglievi? Quale TI sceglieva? Nessuna differenza ma era tutto molto triste lo stesso. E quando si andava a scegliere, non funzionava mai, non funzionava mai per nessuno, qualunque cosa venisse a raccontare.

charles bukowski
compagno di sbronze

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...