mercoledì 27 ottobre 2021

homesick #55

 Solo le immagini mentali così come arrivano - Eravamo andati a un concerto degli Interpol, io e Marco, credo che fosse all’Atlantico, un locale oscuro, dal soffitto basso, perfetto per le sonorità dark del gruppo, avevamo bevuto parecchie birre e fumato una enormità di sigarette ed era lui, a distanza di anni, l’unico amico che mi era rimasto, che era ancora nel mio cuore, era lui mio fratello e lo sarebbe stato per i giorni a venire anche se non ci fossimo più visti, anche se le nostre strade, da tempo, avevano preso direzioni diverse, lui era con me, nei miei ricordi, in tutto quello che ci aveva diviso e per questo unito in maniera indissolubile - Avevamo incontrato Nicole all’aeroporto Leonardo Da Vinci, io e Maria e poi eravamo andati a mangiare tutti e tre insieme a Fiumicino, in uno stabilimento, seduti a un tavolo che dava sul mare, con i riflessi sulle onde che arrivavano come scintille di luce e avevamo ordinato pesce e una frittura di calamari e bevuto vino bianco ghiacciato e c’era calma e quiete e parole che scivolavano via nell’aria e questa sequenza perduta e l’ultima volta che ho visto Nicole, l’azzurro dei suoi occhi, la malinconia e la dolcezza in quelli di Maria - Tutta la vita che ci separa solo quando abbiamo potuto condividerla con qualcuno - E il giorno in cui ho lasciato il lavoro, il giorno in cui un ennesimo cerchio è stato chiuso, una circonferenza di punti imperfetti sulla quale mi ero stancato di girare, disegnata su fogli ingialliti di una memoria consumata, non c’era più un cazzo da fare là dentro e se gli dei della grazia avessero voluto non avrei più rivisto nessuna delle molteplici teste di cazzo che mi erano ciondolate intorno in quegli anni, quanta rabbia, quanto rancore, le dolenti onde della disillusione in un mare di menzogne, ero naufragato, la nave era colata a picco, niente capitanicoraggiosi, niente sirene, nessuna puttana a gambe aperte ad aspettarti, nessuno che ricordasse il mio nome, ero diventato un’ombra, ero fuggito, i muri erano crollati e le macerie erano tutto quello che ne era rimasto - Un giorno di primavera, una notte d’inverno, un pomeriggio d’autunno, una mattina d’estate, un abbraccio mai dato, un saluto svanito, un addio sussurrato, un amore mai rivelato, un giorno in cui mi sono svegliato e tu non eri più qui, una notte in cui ti ho sognata e ti vedevo ovunque, in ogni luogo di questa colorata farsa in cui ti avrei cercata e mai più incontrata.


lunedì 11 ottobre 2021

Orgiva #62

 Avevo bevuto un paio di alhambra especial, seduto a uno dei luridi tavolini del Chico Bar e dopo mi ero andato a stendere su delle erbacce, lì vicino, sopra al mio poncho rosso e sembrava veramente già estate e sembrava veramente di avere di nuovo vent’anni e l’aria intorno e dentro di me vibrava di suoni e speranze dimenticate - Poi mi sono alzato e sono andato al Viejo Molino, mi sono seduto a un tavolino in penombra e ho ordinato un tubo, ho preso un giornale dal mucchio in un angolo del bancone e mi sono messo a leggere - A Nerja, alcuni giorni prima, io e Sara avevamo incontrato Lorenzo e Hannah, poi eravamo andati a una piccola spiaggia (Playa Carabeo) e avevamo bevuto un paio di lattine di birra sulla sabbia e avevo scattato delle foto a Sara, poi avevamo mangiato pizza&pasta in un ristorantino italiano, parlando e continuando a bere birra, era magnifico il presente e farne parte, ridendo di tutto ed essendo felici in ogni istante che ci separa dalla nostra morte - Alcune volte scherzavamo, io e Sara, sulla possibilità di avere dei figli, non sarei mai stato padre e mi sembrava una saggia decisione - Era arrivato Sebastian e si era seduto accanto a me, ero ancora nel Viejo Molino bevendo il mio secondo tubo, ci siamo messi a chiacchierare, poi eravamo in macchina, Sebastian aveva una classe di disegno nel pomeriggio e mi aveva chiesto se volessi fare da modello per i suoi studenti, avevo accettato - Ero seduto su una sedia, come quelle delle scuole elementari, controllavo il respiro, era stupendo non muoversi e rimanere concentrato su ogni sfumatura emotiva interiore, sarei potuto stare così in eterno - Questo è il lavoro perfetto, ho pensato, in un momento improvviso in cui il futuro ha preso forma nella mia testa, per svanire subito dopo - Sebastian era un bravo maestro, aveva pazienza e guardava e parlava sempre in modo gentile e pacato con i suoi alunni, mi sentivo così in armonia quando ero vicino a lui - Una ragazza che mi stava facendo il ritratto mi ha chiesto se potessi rimanere senza muovermi tutto il giorno, le ho detto di si, senza guardarla, è come una meditazione, ho aggiunto, poi lei mi ha fatto vedere il suo disegno, avvicinandosi a me, mancavano i miei occhi, solo allora l’ho guadata direttamente, lei ha sorriso, hai gli occhi verdi, mi ha detto - Eravamo al Bar Cañadas, era quasi sera, io e Sebastian stavamo parlando e bevendo birra - Arte, filosofia, meditazione, educazione, sostanze psichedeliche, famiglia, Tomoko, giovinezza, infanzia, alcol, sigarette, musica, fughe, montagna, isolamento, solitudine, illuminazioni, Picasso, linee, disegno figurativo, emozioni, riflessi - La sua anima era così simile alla mia - Poi sono arrivate altre persone, altri folli personaggi di questo labirinto psichico che era Orgiva, ho iniziato a sentirmi confuso, troppe voci, troppi stimoli, troppe birre, mi sono alzato, ho baciato Sebastian sulla guancia e sono tornato a casa, Sara era addormentata sul divano, sono andato in camera, mi sono spogliato e sono entrato nel letto, un luogo sicuro, sotto le lenzuola rosse, c’era l’odore del corpo di Sara, come sarebbe stata, un giorno, la vita senza di lei? Non volevo pensarci, ci sono dei sogni dai quali non vorremmo mai svegliarci.

domenica 3 ottobre 2021

Orgiva #61

 Sembrava di nuovo estate, quella dei miei vent’anni, con la luce e le scopate e le birre e il vento caldo nell’aria, l’odore degli eucalipti come quelli dell’Isola e il mare e le spiagge e il desiderio di vivere solo per il gusto di esistere, senza sapere, senza voler sapere quello che sarebbe successo dopo.


Era come tornare indietro e farlo senza l’obbligo di andare avanti e per questo rimanere fermi nel presente, immergendosi totalmente in esso, nei suoi giochi, nei suoi trucchi e al di là di ogni illusione volevo solo abbandonarmi al vuoto dorato di ogni respiro e gioirne in silenzio. E ancora gli uomini parlavano al bancone del Chico Bar e io mi sedevo in disparte a scrivere e sapevo che il vecchio Hank sarebbe stato orgoglioso di me se mi avesse visto, di quello che (non) stavo facendo, di quanto non me ne fregasse più un cazzo (te ne è mai fregato niente? domandava sorridendo lo scrittore) di giudizi e aspettative, di quello che gli altri pensassero o volessero da me, era l’arte dell’equidistanza, suggeriva qualcuno, nella mia mente, seduto sotto un albero nella posizione del loto.


Mi misi a parlare con Paul e gli dissi che prima o poi avremmo finito questo documentario sul Dragon Festival e che dopo avremmo iniziato qualcosa di completamente diverso, sarebbe stato importante filmare la vita, continuavo, nel suo invisibile e perpetuo manifestarsi, gli strambi personaggi e i grotteschi individui che si muovevano al suo interno, non dobbiamo programmare nulla, Paul, tornando al presente, tutto sarà improvvisato, senza ordine logico, senza sovrastrutture mentali, dobbiamo solo sbronzarci giorno dopo giorno e filmare e non capire più nulla di ciò che stiamo facendo e poi lasciare ogni cosa al suo posto e dimenticare questa realtà inseguendo visioni acide e questo è tutto quello di cui abbiamo bisogno, Paul, un film che esista solo nelle nostre menti, girato, proiettato e distrutto allo stesso tempo, creato e dimenticato, inseguito e perduto.


Chaz mi aveva descritto i sette gradi dell’alcolismo (e sentivo, con un brivido di eccitazione lungo la schiena, di trovarmi già fra il quarto e il quinto - Sei quasi arrivato, ghignava lo scrittore) e i dodici passi della disintossicazione, lo avevo ascoltato con interesse (forse perché ero già alla terza birra), ripetendomi silenziosamente nella testa che questa era la prima e ultima volta che lo sarei stato a sentire, mi aveva proposto di andare a vivere a casa sua (in subaffitto, visto che doveva andare a fare non so quali cazzi in Francia, forse a vendemmiare) e l’idea adesso mi sembrava del tutto improponibile, cominciavo ad averne le palle piene di ubriaconi e tossici e desperados vari, erano utili per lo scrittore e basta, poi il luogo dove vivevo lo volevo tranquillo e pulito, senza spazzatura umana intorno.


I figli che avrei avuto con Sara e non sarebbero mai nati, non mi ricordavo da quanto tempo non sentissi questo tipo di intimità con una donna e di appartenenza a tutto quello che ci univa e divideva nella danza del tempo, in quella del cuore e dei sentimenti, mi piaceva anche quando mi infilava un dito nel culo e un giorno le avrei permesso di scoparmi da dietro con qualcosa di più sostanzioso dentro.


Raccontiamoci i nostri segreti perché siano le bugie a dirci la verità, perché come ci ricorda il vecchio Lee in questa vita nulla è reale eppure tutto è permesso.


freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...