sabato 28 aprile 2018

freewheelin' #37

Cerimonie nella mente, codici maia, alfabeti segreti, divinità egizie, sentieri luminosi e appuntamenti in stanze in penombra, gli occhi dell’uomo della medicina, languidi ed enormi, la cesta piena di peyote, gli antenati che parlavano attraverso voci di bambini, qualcuno attraversava ancora le foreste pluviali in cerca di tribù dimenticate e millenarie piante sacre, ogni civiltà che aveva costruito la propria fine e atteso la sua distruzione, tutti gli uomini che avevano camminato su questa terra solo per tornare al punto da dove avevano iniziato, messaggi che attendevano di essere interpretati, il fuoco in una capanna, i disegni di aquile e serpenti, i canti che gli spiriti intonavano in melodie ipnotiche, gli alveari della psiche e gli occhi di luce, i volti e i corpi si trasformavano in masse di energia pulsanti, i fisici della trascendenza atomica rielaboravano teorie quantiche in formule alchemiche, equazioni mescaliniche, le folle in delirio, le chiavi che pendevano dalle loro mani impazzite e una scritta gigantesca sui muri ormai crollati della ragione, NON C’E’ NESSUNA PORTA, i fiumi che diventavano flussi di coscienza, scenari di primitiva estasi, qualcosa che avevo dimenticato nella casa di Aisha, le sue morbide labbra, i gesti che gli attori del cosmo inscenavano in pantomime sciamaniche, le piume, i tamburi, le conchiglie e tutti gli insegnamenti che lo scrittore aveva dimenticato, i giorni in cui abbiamo contato le gocce della pioggia, quelli in cui le onde del mare erano vividi respiri, le molecole vibranti in ogni particella di tempo, la mente si espande nelle visioni che qualcuno invoca per oltrepassare i confini del mondo.

domenica 22 aprile 2018

Aberystwyth #1

Dosi di elettricità bianca alla base dei coglioni, mani sporche di vernice, gocce di silicone come sperma artificiale, i corridoi rimanevano muti anche se i fantasmi continuavano a camminarci dentro, fra pareti dove l’intonaco si sgretolava lasciando graffi di unghie tossiche, le urla delle persone in crisi di astinenza, l’ago che danzava sui tramonti dell’ego, qualcuno scappava e si perdeva nelle allucinazioni dei boschi, i cespugli con i resti delle bottiglie di liquori, le scimmie salivano e scendevano velocemente dalle spalle, si aggrappavano alle grondaie come fossero vene desiderose di eroina, le ombre danzavano liete sulle superfici e qualcuno masticava funghi pieni di psilocibina per riscoprire un altro sguardo sulla realtà, le passeggiate sul lungomare di Aberystwyth, bevendo birra e osservando l’azzurro e le sue sfumature, le ombre delle nuvole cambiavano forma sullo specchio dell’acqua, ci avrebbero pensato i pittori imbottiti di acido a spiegare quanto stava succedendo, giorno dopo giorno perdevamo stabilità e fiducia nell’ordinario, scendevamo in profondità perché sapevamo che era il meglio che potessimo fare e poi la notte si riprendeva le nostre ore di luce e creava città di sogno e le popolava con i doppi onirici che ognuno di noi possedeva e c’erano incontri che nessuno si sarebbe mai immaginato perché era impossibile trovare una maniera per disegnare o raccontare tutte le alternative, i modi in cui saremmo potuti essere, le svolte che avremmo potuto scegliere, lo zaino era sempre pronto in un angolo e ormai sapevi come fare, un saluto, un sorriso, un nuovo tratto di strada, una sosta, riposarsi, riprendere il cammino, oscillavano le foglie nell’oro del tardo pomeriggio a ricordati che eri qui, in un istante di luce, nel suo silenzio dipinto da migliaia di scintille.

mercoledì 18 aprile 2018

Liberty caps #3

Ho iniziato a vedere i musi di alcune tigri fra le nuvole e sembravano combinarsi tra di loro come i tasselli di un puzzle, le chiome degli alberi oscillavano vivide e lucenti e c’erano gli occhi di alcuni felini che mi osservavano dalle loro cortecce, ho abbassato le palpebre e i colori nella mente erano caldi e pulsanti, si mescolavano insieme disegnando le mie stesse emozioni. I quadri di Van Gogh andavano osservati oltre le forme dei soggetti raffigurati, era tutto nell’uso del colore e in quello che esso esprimeva: gli stati d’animo di quest’uomo. La gioia, la tristezza, la malinconia e il dolore prendevano vita sulle sue tele e non erano altro che il suo mondo interiore, oscuro e brillante, che gli strati di vernice e i colpi di pennello rendevano improvvisamente reale, c’era passione e sangue in quei quadri e potevo ammirarli mentre sembravano staccarsi dalle pagine di un libro e incollarsi alle mie dita. Mi sono seduto nella posizione del loto e ho cominciato a respirare in maniera ritmica ed ero io il mondo, l’universo e il suo centro e poi i pensieri hanno iniziato a svanire e i limiti del mio corpo a dissolversi ma c’era ancora qualcosa nel cuore che mi turbava, una ferita, un senso di pena, qualcosa che dovevo finire di curare e trovare il tempo per farlo, non ero solo, non lo ero mai stato, troppe volte dimentichiamo chi siamo, un respiro, quello successivo, il vuoto e l’infinito.

domenica 8 aprile 2018

how to disappear completely (2010)

stavo bevendo troppo, lo sapevo e in alcuni momenti mi dispiaceva per la ragazza che avevo accanto, perché era bello stare con lei quando ero lucido e parlare diventava semplice e delizioso e i nostri discorsi non cercavano mai di sprofondare in antri oscuri e disperati, era come una leggera brezza il soffio delle nostre parole ed era bello guardarla negli occhi, così simili ai miei, era bello averla vicino tra i riflessi del sole e nello splendore della luce.
stavo bevendo troppo e uomini sconosciuti parlavano di cose sconosciute e un vecchio rideva forte contro la luna e non sapevo che dire dei suoi discorsi, folli, deliranti eppure cose profondi e carichi di dolorose verità, i suoi denti distrutti dalla morfina, i racconti della sua gioventù, i viaggi per mare, gli amori clandestini nei cessi di qualche stazione, le puttane di amsterdam, le urla del demonio, la corrente elettrica che stritola la mente, c’è stato un tempo in cui ero ancora un ragazzo e vagavo inquieto tra milioni di domande che aspettavano risposte senza senso, c’è stato un tempo in cui il mio coraggio devastava le stelle e le chiese, a poca distanza ci sono ancora i tuoi occhi che mi parlano e condividono la stessa estraneità, la stessa voglia di essere altrove, le domeniche mattina in cui mi sveglio da solo in un letto che ha il mio odore, stavo pensando che ti avrei voluta avere vicina, semplicemente abbracciarti e riposare con te, è strano quanto desideri un corpo da stringere fra le braccia, è una sensazione che porta una calda malinconia e le certezza che non ripeterò più una vita morta e sepolta, mi fanno pena le madri con i loro bambini, mi fanno pena gli uomini che leggono i giornali sportivi, gli aperitivi al bar, prima di pranzo, mi fanno pena le chiacchiere e le sbornie stupide, a me che bevo senza commettere un errore, senza perdere la mia inquieta bellezza, già, la bellezza, cosa darei per sapere che almeno una persona possa vedere dentro di me, attraverso me, uno splendore reale e infinito, cosa darei per guardarmi da fuori, per vedermi, per sapere cosa provano gli altri quando mi sono vicini, cosa provano le ragazze  e le donne mentre cerco di metterle a loro agio, di sedurle, di amarle e giocarci, cosa penseranno di me, quando i miei occhi le fissano e scrutano nella loro anima e rubano senza vergogna il loro fascino e l’essenza stessa dei loro respiri, cosa pensate di me, vorrei tanto saperlo, vorrei tanto vedervi avere il coraggio di venirmi vicino e di baciarmi e di sussurrami qualcosa di meraviglioso, poi su una panchina parlo con un ragazzo, lo invito a casa e cantiamo dentro la notte e attraverso le stelle che ridono e tremano nell’oscurità, poi pochi passi per arrivare in camera, pensarti un’ultima volta, chiudere gli occhi.


e finalmente svanire.

venerdì 6 aprile 2018

Llanidloes #12

Le pasticche e l’alcol e i vuoti di memoria che non sapevo più come colmare, avevo baciato la spalla di Pam e le avevo fatto un massaggio ai piedi, così lei mi raccontava, seduta sul letto, ripetendo infinite volte che un fatto era un fatto e a me veniva solamente da ridere e ho guardato Carl e si stava innervosendo e i suoi occhi non riconoscevano più nulla, il suo sguardo era altrove, perduto in chissà quali drammi del passato che sembrava rivivere ora, Bea mi ha consigliato di andare al letto e così ho fatto e il giorno dopo c’erano scie di pensieri nella mente, inconsistenti come i suoni ovattati delle macchine che scivolavano su una strada, ho cercato di mettermi in piedi e il cuore era pesante, i suoi battiti irregolari, ero stanco e svuotato e triste e così è stato per quattro giorni e ho imparato cosa significava il termine comedown e la discesa dagli effetti delle pasticche e nel ristorante indiano mentre gli altri mangiavano e cercavano di parlare io ero silenzioso e mi chiedevo cosa ci facessi lì dentro, con quelle persone e ho capito che era finita e che avrei dovuto andarmene via, mi dispiaceva per Bea, ci sarebbe stato il solito vuoto nel petto ad attendermi, una volta lasciata la sua casa, ma era inevitabile, lo sapevo, lo sentivo nella profondità del mio essere.
E allora i ricordi e le serie di eventi che qualcuno avrebbe montato fra di loro attraverso filtri di tristezza e malinconia, erano le scelte obbligate del mio cuore, ci avrei ripensato ai momenti trascorsi insieme, prima di addormentarmi, avrei pianto e avrei lasciato le mie emozioni fluire e sembrava che finissi sempre per cercare quel dolore speciale, erano storie che si ripetevano negli anni e lo scrittore avrebbe dovuto darci un taglio e inventare nuovi scenari e paesaggi emotivi, da riempire con qualcosa di inaspettato. Le ultime scopate, quello che avevo provato a riscoprire e che non mi interessava più, c’erano corridoi e stanze silenziose ad attendermi, ritornare al punto di partenza, il cerchio finiva sempre per chiudersi ma non volevo più girare sulla sua circonferenza.
Volevo finalmente diventarne il centro.



mercoledì 4 aprile 2018

freewheelin' #36


Anche se ci fosse stato uno schema non sarebbe servito a nessuno, quindi non aveva importanza segnare in una griglia emotiva i propri stati d’animo, correlati a colori energetici e presenze pietrificate nei boschi dell’immaginazione, i tronchi argentei e le foglie dorate, il tempo immobile espanso in cerchi d’aria, dove nulla si muoveva eppure era tangibile e vivo e presente, le celle spaziotemporali si spostavano come fossero i tasselli tridimensionali di un cubo di Rubik psichedelico, le piccole stanze in cui ognuno di noi era rinchiuso, le pareti di morbida pelle, le vibrazioni, i terremoti che finivano per distruggere le fondamenta della psiche, i traumi, le fratture lungo la spina dorsale del mondo, i continenti di desolazione espansi in laboratori d’esistenza, speci ed evoluzioni, teste gigantesche issate sui pendii delle colline e i richiami ipnotici degli uccelli dalle mille piume, il dio serpente e i fulmini che qualche ubriaca divinità ellenica scagliava a caso sulla terra, gli incendi della memoria e le antiche librerie che assomigliavano a labirinti mnemonici, l’uomo con la testa di toro e i pilastri di templi distrutti, gli amari liquori oppiacei e le dolci labbra delle fanciulle del mare, le sentivo ancora cantare, la sera, disteso sulla sabbia al tramonto e mi chiedevo dove fossero andati gli anni e le loro reti di bugie e inganni e le rime che qualche poeta aveva inciso sulla pietra di un muro con segni appartenenti a un alfabeto che nessuno conosceva, le note improvvise di un’estasi sonora, i bagliori nel cielo, i lunghi capelli e la pelle, ogni immagine svanisce in sinfonie di liquidi silenzi.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...