martedì 31 dicembre 2019

Orgiva #4

Distese desolate nei ricordi, pianure desertiche e distillati di Agave e San Pedro, le mandorle cadute su un suolo brullo e spaccato, le case bianche, crepate e abbandonate, i giorni in fila come soldati pronti a fucilare il tempo, il senso di smarrimento, le emozioni in fuga, fino a Gibilterra e poi oltre verso le linee ancora non disegnate del Marocco, le nuvole nel cielo, un attimo dopo il timido mostrarsi dell’alba, i cani affamati, i primi tossici nel vuoto delle strade ancora assonnate, dove troveremo la forza per affrontare questo inutile rincorrersi di ore senza minuti? Abbiamo cambiato scenari e costruito quinte teatrali illusorie solo perché fosse più variopinto questo crudele gioco di sguardi e sorrisi, la pelle che hai abitato se ne andrà via prima che tu la possa difendere, le vedevo scure e spettrali le entrate delle caverne sui fianchi delle antiche montagne, insieme alle ombre di santi, eremiti, profughi, vittime di regimi e dittature, perseguitati e pazzi, sarei diventato anche io uno di loro? Avrei scoperto da qualche parte il coraggio degli esuli? Avrei sacrificato gli ultimi spiragli d’amore prima di chiudere quella porta e non riaprirla mia più?
Nei respiri che mi arrivavano nel petto c’era quiete e un’oasi di silenzio e solitaria pace, il riflesso di quel luogo esisteva anche fuori di me? In modi che diventavano chiari e comprensibili solo nello smarrirsi dei sogni quella terra mi stava chiamando, pazientemente, ascoltando nel buio i miei passi, quelli di un uomo che, inciampando, cadendo e rialzandosi, tendeva le sue mani in avanti per toccare un mondo solamente sfiorato nelle profondità della propria anima. 

Ho camminato per giardini profumati, fra alberi di aranci e limoni, in cui la luce danza sui limiti della ragione e delle foglie, trasformando in visioni quello che gli occhi, in un attimo di estasi, hanno imparato a vedere.    

lunedì 30 dicembre 2019

Llainlas #1

Geometrie sacre e progetti immaginari di caserotonde da realizzare, le cortecce degli alberi e il loro odore, segni esoterici e invisibili relazioni numerologiche, ognuno lavorava in misteriosi punti spazio-temporali sulla circonferenza imperfetta della propria vita, elementi psicotropi del passato, deviazioni comportamentali chimiche, uomini di potere nascosti negli angoli di club sotterranei, le terre spezzate, i campi profughi, le carovane che il futuro avrebbe di nuovo attratto verso le proprie frontiere, il fango che dissolveva e rimodellava errori e impronte, metri cubi di aria prigionieri all’interno di stanze di mattoni e cemento, percezioni soggettive di metropoli in rivolta, i nuovi architetti sonici disegnavano progetti polidimensionali seguendo i ritmi di tamburi ancestrali, palazzi ipnotici avrebbero curvato le loro strutture in un ripetersi di circolarità post urbane, il sole e i suoi riflessi si sarebbero mostrati nel curvarsi di piani prospettici in continua mutazione psichica, ogni appartamento sarebbe diventato pura immagine speculare di un’esperienza individuale e pulsante, colori caldi, linee e punti luminosi intermittenti, schemi e codici di algoritmi trascendentali, le gocce di sostanze in avanzato stato di sperimentazione somministrate sotto la lingua, la pioggia che arrivava con le forme astratte di nuvole dadaiste, le canzoni del Peyote, le capanne sudatorie, le rocce laviche e poi tutti i discorsi e le parole, i segreti rivelati, i ricordi e le lacrime e ancora la speranza che qualcuno, un giorno, si dimenticasse di come fosse giunto fino a qui. 
Camminavamo piano sul confine di un sogno mai nato, dal quale nessuno era riuscito a fuggire, oggi o domani, comunicavamo con gesti che non significavano nulla, ogni interpretazione sarebbe diventata un messaggio di barbarie verbale, non si possono combattere i nostri desideri o confondere le sue armi di violenza erotica per atti d’amore clandestino, diceva Clive, eppure gli schiaffi e le botte continuano a colpirci sotto lenzuola sconosciute e lì, così vicini e penetranti, ci sono i tuoi occhi e la tua pelle e quello che vibra tra uno sguardo e un abbraccio e il mio cazzo duro e la dolcezza e la notte che diventa alba e le stelle che svaniscono in un grido di estasi e nuove emozioni, abbiamo passeggiato lungo sentieri di sabbia e stupore, in un mondo che solo l’immaginazione può rendere reale, le orme che scompaiano e cancellano il percorso che abbiamo compiuto, in quel che resta di questo viaggio e delle infinite possibilità che lo compongono, come specchi di ragnatele e cristalli e candore.

domenica 29 dicembre 2019

Orgiva #3

Le fessure nella roccia, il respiro delle pietre, gli alberi sospesi, le ombre dai contorni verdi e luminosi, gli antichi profili delle montagne, le linee di un corpo nudo disteso sul calore del giorno, la sabbia solida, la terra spaccata dal sole, fango e argilla. Il vento e la sua danza invisibile, una donna vestita di bianco camminava silenziosa lungo sentieri di mistero ed estasi, ore trasformate in rifugi di tempo, il perimetro di uno spazio inventato dall’anima nel quale sedersi ed aspettare. Il digiuno, l’assenza delle parole e la visione, in un attimo improvviso, di quello che eri sempre stato senza neanche saperlo, di tutto quanto sarai costretto a dimenticare per poi riviverlo di nuovo. Le feste di polvere e liquori, i balli, i canti, i cavalli al galoppo lungo orizzonti dorati, gli enormi cactus di San Pedro, il profumo del rosmarino, della menta e dell’artemisia, le tracce di uomini scomparsi in ere senza più nome, un varco, una soglia, un ennesimo passaggio per mondi diversi. Realtà multiple, parallele, una all’interno dell’altra, i percorsi onirici, il volo, i volti invecchiati, le stanze e le città che mi avrebbero atteso, la mano che scrive un romanzo che la vita renderà sincero al tuo cuore, le finzioni rituali e i costumi piumati, le gabbie d’argento e le fughe di perla. Il deserto disteso su dune di villaggi in fiamme, utopie incendiate, ancora il movimento, ancora la quiete, non c’erano più domande che lei mi avesse posto, perché tutte le risposte che le avevo regalato si erano addormentate fra lenzuola di sospiri e rinunce. Rimanevo ancora seduto a guardarla, poi si sarebbe alzata, in un attimo di bellezza e smarrimento e io l’avrei seguita, con passi leggeri, perché sapevo che mi avrebbe portato con lei, in tutti quei luoghi in cui la meraviglia di perdersi sarebbe diventata reale.

lunedì 16 dicembre 2019

Spirit Horse

Don’t take responsibilities for today and see how it goes - suggerisce Shivam in una parentesi di quiete sonora, dopo che i tamburi hanno smesso di battere e le persone nel Red Temple hanno finito i loro esercizi di respirazione forzata, breathe control sussurra una donna seduta in penombra mentre accarezza un bastone di legno dalle proporzioni falliche.
Ci sono state danze ed estasi e stati di alterazione progressiva, espansioni luminose della coscienza, i bordi degli oggetti che cominciano a muoversi e incresparsi, il cuore si fa più leggero e permeabile alle emozioni, ancora una volta la sensazione di essere attraversato dalla vita, di non essere altro che un passaggio che i miei polmoni aprono e chiudono, le parole come suoni inarticolati, la natura come linguaggio sinestetico. 
Ho camminato lungo le sponde di un fiume, mi sono seduto e spogliato, ne ho osservato l’acqua e il mio riflesso tremolante sulla superficie, ho meditato su quei fluidi movimenti, mi sono bagnato e poi ho ricoperto il mio corpo di argilla, la mia pelle aveva delle sfumature fra il grigio e l’azzurro, ho accolto il sole, ho accolto l’aria, ho accolto il cielo e la terra, mi sono chinato e ho baciato i piedi di una donna che la mia immaginazione trasformava in una divinità orientale. 
I richiami dei corvi che echeggiano nel sogno estivo di una vallata, poi l’alzarsi dei ritmi tribali, un’architettura invisibile di strutture di percezione auditiva sincopata, geometrie mentali di percussioni primitive, le conchiglie, le piume multicolori di uccelli ormai estinti, collane di denti di animali svaniti dal mondo, tutto appariva e si dissolveva in momenti imprecisati del giorno e della notte, poi eravamo seduti attorno a un fuoco, bevendo sorsate di pozioni psicotrope, masticando liberty caps, ascoltando la voce di chiunque avesse una storia o un’utopia da raccontare, perché lo spazio del reale era stato assorbito da quello della fantasia, che ne ricostruiva, momento dopo momento, confini e possibilità, lasciando così le ombre libere di muoversi dalla loro origine.

Ho guardato le stelle e le stelle unirsi fra di loro, fino a quando l’intera volta celeste non è stata altro che un affresco scintillante popolato da strane figure mitiche, ecco il momento stesso in cui abbiamo creato i nostri dei, let the celebration begin - ha urlato Joe in un’esplosione di gioia e sudore, un corteo di corpi in trance selvaggio ha percorso territori psichici inesplorati, c’erano grida e canti e battiti e colpi, salti e convulsioni spasmodiche del cuore, poi i gesti codificati di antichi ed ebbri rituali pagani, le mie risa che distruggevano le cattedrali del peccato e del perdono, ogni volta che le divinità femminili, con uno schiocco di frusta, illuminavano di erotico candore la maschera esultante del mio volto trasfigurato dal piacere e dal dolore.

martedì 10 dicembre 2019

freewheelin' #50

Intellettuali polacchi in fuga da tundre messianiche, il teatro di Grotowski allestito in capannoni segreti, gli attori ingerivano funghi allucinogeni prima di ogni rappresentazione, le parole sottratte e le immagini sessuali mancanti, i giorni passati sulla spiaggia di Newport Sands nascosti fra le dune, le miriadi di scintille sulle onde, le morbide linee del paesaggio, la delicata mano del Grande Pittore, gli echi mattutini di visioni primordiali, gli elementi naturali in combinazioni poietiche, l’origine dei rituali, uomini in costumi piumati, nudi e danzanti, io e Luca in macchina, andando chissà dove, riunioni oniriche di gruppi adolescenziali in subbuglio, i volti invecchiati di vecchi compagni di scuola, gli itinerari nel subconscio di una città intrappolata in un eterno crepuscolo, le erezioni che l’alba trasformava in piloni dell’alta tensione, le file immobili di macchine abbandonate su autostrade deserte, i contorni tremolanti dei palazzi in lontananza, il caldo riverbero di linee geometriche sul punto di sciogliersi, gocce di asfalto squagliate nel tempo, cortocircuiti di identità represse, i nuovi documenti, la vita clandestina, alcuni di noi erano fuggiti, altri si erano perduti nei propri templi di psicosi compulsive, i laboratori e le cavie del masochismo contemporaneo, centinaia di celle in file algebriche elettrizzate, gli scienziati moltiplicavano i livelli di interazione e sofferenza fisica, demoniache invenzioni parallele, le grida si trascinavano inermi lungo pavimenti di sudore ghiacciato, le foto quadrate di teste mozzate, chi eravamo, chi saremo, niente altro che algida putrefazione.

lunedì 9 dicembre 2019

dream #91

Feste notturne in piscina, alcolici nel sangue, inviti non trovati, discussioni all’entrata e scambi di identità. Le domande di mio padre, in macchina, cercando un parcheggio, guidando senza patente. Provo a rubare del cibo dagli scaffali di un supermercato, una vasca da bagno pubblica sistemata in una delle corsie. Eleonora è seduta davanti ad un computer portatile con un bambino in braccio, si gira per parlarmi quando si accorge che sono entrato nella stanza. Passo delle giornate con Jasmine in luoghi di cui non ho mai avuto memoria. Le passeggiate con Marco lungo strade un tempo familiari. Un enorme paracadute che pende dalla palma nel cortile del palazzo dove vive mia madre. Il rumore di una macchina che si allontana. Le parole di una donna sulla soglia di un nuovo giorno.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...