sabato 24 novembre 2012

Amsterdam #9


Doveva tenere un seminario di tre giorni al dipartimento di antropologia dell’università, aveva condotto uno studio in sud america su quante tribù ancora usassero sostanze psicotrope nei loro rituali, insieme ad un tentativo di catalogare e studiare i diversi tipi di sciamani ancora esistenti. Aveva pranzato in un caffè bruno con un suo collega, che gli aveva dato le chiavi di un piccolo appartamento dove avrebbe trascorso la settimana che sarebbe rimasto nella città. dopo il pranzo il professore l’aveva salutato perché doveva tornare al dipartimento per terminare i preparativi del seminario, lui aveva tutto il pomeriggio libero e anche la sera, si diresse verso il piccolo appartamento, dopo aver posato la sua valigia ed essersi riposato un pò decise di uscire, andò ad un coffeshop che conosceva e prese un paio di grammi di hashish turco, si fece una canna e tornò a casa, se ne preparò un’altra e si spogliò nudo, poi andò a fumare vicino alla grande vetrata, stava al secondo piano, si mise in ginocchio, in modo che da fuori, se qualcuno lo avesse guardato, avrebbe visto solo il suo torso nudo, appoggiò la canna al posacenere e si legò il cazzo e i coglioni, poi continuò a fumare, guardava le donne che passavano, i loro piedi e si eccitava, sentiva il cazzo che si induriva ma non voleva toccarsi, voleva solo sentire l’energia sessuale concentrarsi dentro di lui, nelle sue palle, in quel centro pulsante del suo corpo. Si fece sera. Aveva ancora il cazzo duro.
Andò sotto la doccia e si lavò, tornò sul letto e si stese, prese gli appunti del suo seminario e diede un’altra letta, ripassò mentalmente il discorso di apertura, si sentiva bene, rilassato, in equilibrio, tra i suoi desideri, le sue pulsioni e il suo lavoro, le cose che doveva fare. Spense la luce e si addormentò.

lunedì 19 novembre 2012

...

L'acido era nient'altro che un complemento del mio amore: senza leggi, alato, sconfinato, sbriciolava le barriere anguste della mia mente.

irvine welsh
skagboys

sabato 17 novembre 2012

Amsterdam #8



Essere diversi in un luogo diverso, solo, solo questo, se la vita mi desse un’altra possibilità, cosa sarei? cosa potrei diventare? in un paese che non conosco, senza appoggi, senza nessuna protezione, senza legami, sarei io, io solo e avrei la vita davanti e la dovrei afferrare e scuotere e imparare a conoscerla, a rispettare le sue leggi, non le leggi sociali ma quelle della vita stessa... lui fumava dentro il jolly, con la barba lunga, in silenzio, una canna d’erba dopo l’altra, fuori del coffeshop le persone passavano e passavano e passavano... se guardavi il cielo nuvoloso, improvvisamente, si aprivano squarci di luce e i canali, le facciate sbilenche di alcune case prendevano colore e brillavano, ti potevi sedere su una panchina libera e guardare intorno a te e respirare e lasciare che le persone passassero verso i loro mondi privati... dietro le grandi finestre aperte si svolgevano scene di vita quotidiana, gli interni delle case sembravano così invitanti, l’arredamento ricercato, le grandi vetrate, una sorta di continuità tra il dentro e il fuori, uno spazio vitale che non c’erano muri a fermare, lo stesso sguardo era libero di uscire e vagare, forse non fino al cielo, forse non nelle profondità dell’acqua, ma libero di accorgersi della vita circostante se quella che c’era dentro la casa non  fosse bastata e poi... le tende tirate... e le stanze si trasformavano e venivano accese candele rosse e tutto diventava possibile, tutto.
lei prese una frusta dalla parete e disse all’uomo di mettersi in ginocchio e di poggiare le braccia sul letto, gli diede venti colpi e lui li contò, uno per uno, a voce alta.

venerdì 9 novembre 2012

Amsterdam #7



Vagare per le strade e per i canali, per gli stretti vicoli del red light district, vetrina dopo vetrina, illusione dopo illusione, come un cane che segue piste di odori invisibili, giorno dopo giorno, le scarpe gli facevano male e ormai aveva delle vesciche ai piedi, aveva quasi finito i suoi soldi e aveva dovuto lasciare la stanza dell’albergo in cui stava, ormai erano quasi due settimane che vagava per la città, rubando ai turisti, soprattutto la notte, facendo qualche lavoretto, aveva trovato da dormire in una casa occupata dagli anarchici, si era trovato uno spazio al secondo piano, su un materasso, insieme a lui c’erano un ragazzo e una ragazza spagnoli, la casa non aveva porta, quindi ognuno poteva uscire ed entrare, l’acqua non sempre funzionava, come la corrente elettrica, era estate e quindi il freddo ancora non lo spaventava, ma sapeva che sarebbe stata troppo dura rimanere anche oltre l’autunno e in un modo o nell’altro si sarebbe dovuto muovere e andare via e migrare e cambiare e scorrere come fanno tutte le cose nella loro fuggevole esistenza e quando tornava nella stanza e si frugava nelle tasche e tirava fuori quello che aveva trovato, perché vivere era diventato veramente cercare qualcosa, perché nel momento in cui non possedevi più nulla di tutto quello che ti classificava come un normale cittadino allora si spalancavano le porte rosse di un nuovo mondo e anche se ci era entrato strisciando e soffrendo, regredendo allo stadio di bestia aveva trovato la luce più pura all’interno di tutto quel buio e quella luce brillava così nitida e perfetta che ancora non aveva la piena consapevolezza di come l’avesse potuta trovare in quel luogo. pensava mentre camminava. pensava alla natura umana. all’ordine delle cose. pensava che le leggi che regolavano questo mondo erano strane. le leggi non scritte sulla carta ma nel cuore di ogni uomo, sulla superficie del mare, sul tronco di un albero, nelle mani di una donna, una serie di leggi che andavano capite e rispettate e non sempre la successione delle cose, il loro collegamento era così chiaro, a volte si procedeva per paradossi e riusciva a trovare cose esattamente nei luoghi dove non aveva mai pensato di cercarle. tornava a casa e si bucava le vesciche. si bucava anche le vene, ogni tanto, perché i ragazzi spagnoli erano dei tossici e ogni tanto si faceva con loro e ancora non sapeva se cambiare e continuare su quella strada, perché sarebbe stata ancora più difficile e ancora non c’erano la scimmia e i suoi balletti, perché si era bucato solo un paio di volte e c’era la sua luce interiore che ancora brillava e non voleva che fosse l’eroina a oscurarla o forse l’eroina sarebbe diventata una luce ancora più brillante di quella che lui adesso vedeva dentro di sé, allora avrebbe dovuto alimentare quella luce, a turni di otto ore, un antico sacerdote di un’antica divinità, roba nelle vene, l’oscurità del mondo esterno, il calore l’avrebbe riscaldato e lei sarebbe stata la sua dea, sua madre, l’aguzzina, la sadica, la dolce cura alla violenza del suo cuore.

sabato 3 novembre 2012

freewheelin' #5


spinto per le strade della città da forze oscure e misteriose. i film in bianco e nero di louis malle. un negozio con il soffitto pieno di lampadari. le pareti di un bagno completamente ricoperte di specchi. il colore viola. il calore. l’oppio dentro la mia stanza. gli occhi di una ragazza che ti guardano. un treno in partenza per nessun luogo.

giovedì 1 novembre 2012

Amsterdam #6



Era uscito presto, aveva fatto una passeggiata lungo i canali e si era diretto verso rembrandtplein, si era seduto su una panchina, si era arrotolato una sigaretta e aveva fumato, ormai aveva quasi settant'anni, ma non riusciva ad abbandonare le sigarette. Per circa venti anni aveva lavorato come marinaio, quando era più giovane. Poi si era sposato, aveva avuto dei figli. Sua moglie era morta. In poche righe si potevano riassumere le linee generali di una vita? Si può parlare di qualcosa di così vasto e inarrestabile e continuo con poche parole? Cerchiamo di dare un’idea, uno spunto, un modo per inquadrare questo uomo, per vederlo camminare, i suoi capelli bianchi, la borsa con alcuni giornali che porta con sé. Lo vediamo seduto che fuma. Mentre intorno ci sono molti ragazzi e ragazze più giovani, sdraiati sul prato della piazza che giocano alla vita, giocano con il tempo e con tutto quello che ancora dovranno affrontare.
C’è un momento in cui ti ritrovi davanti all’abisso. Lo vedi maestoso davanti a te. Puoi voltargli le spalle, puoi caderci e andare sempre più in profondità, puoi imparare a volare, fare un passo e guardarlo dall’alto, in tutta la sua bellezza.
Quando sua moglie era morta si era cacata addosso, succede spesso che prima di morire i muscoli dell’intestino si rilassino e la merda esca fuori. Quell’odore di merda era così forte mentre lui piangeva stringendole la mano. Come si può vivere per tanti anni con una persona e poi doverla lasciare andare via? I morti rimanevano nel cuore dei vivi ma a volte la vita usciva dal culo di chi se ne andava e la cosa non appariva più così romantica, ma molto brutale e beffarda. Non aveva avuto il coraggio di pulirla, era rimasto con quel tanfo di merda e la sua mano ancora calda nella sua. Non sapeva per quanto tempo. Poi qualcuno, non ricorda chi, forse uno dei suoi figli, l’aveva trovato, l’aveva accompagnato in un’altra stanza e aveva fatto quello che doveva fare.
Finita la sigaretta continuò la sua passeggiata. risalì lungo alcuni canali e arrivò al red light district. Entrò dentro un sexy shop, quello in cui andava sempre. Salutò la commessa che gli fece un sorriso. Poi scese nella zona dei dvd. Seguì uno scaffale, poi un altro, poi si sedette su uno sgabello. Posò la borsa accanto a lui e iniziò a tirare fuori i dvd, per vedere se c’erano nuovi arrivi.
C’era scritto SHIT sul cartellino accanto alla sua testa. Quattro scaffali pieni. Sorrise e continuò, in silenzio, la sua ricerca.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...