lunedì 29 ottobre 2012

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– L’inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. Ha visto che il Prigioniero l’ha sempre ascoltato, fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante e non volendo evidentemente obiettar nulla. Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt’a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: “Vattene e non venir piú... non venire mai piú... mai piú!”. E Lo lascia andare per “le vie oscure della città”. Il Prigioniero si allontana.
– E il vecchio?
– Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea.

fedor m. dostoevskij
i fratelli karamazov

sabato 27 ottobre 2012

Amsterdam #5



L’ombra camminava lungo i muri dei canali, seguendo le direttive di un labirinto mentale, di cui solo i suoi impulsi o forse la sua psiche conoscevano l’uscita. Girare e guardare. L’ombra sembrava uno di quegli antichi penitenti medievali, che trovavano nel tormento della carne e nella sofferenza fisica una forma di purificazione e una libertà che li trasportava nella più alta sfera del loro spirito. Gli sarebbe piaciuto essere un penitente. Un monaco. Un’asceta.
L’ombra sentiva il bisogno della punizione e la cercava.
La vide dietro la porta rossa. Entrò e lei gli sorrise.
L’ombra si spogliò della propria oscurità, colpito e ferito, umiliato e urlante, divenne puro splendore. I suoi occhi erano varchi aperti su altri mondi. Esplose in un getto di luce bianca. Dopo una settimana di tormenti inflitti: mentali e fisici.
Era il compimento di un antico rituale.
Ogni società aveva esorcizzato i demoni che divorano i cuori degli uomini attraverso rituali. Sacri o pagani.
Appoggiò il suo volto sopra i suoi seni. Lei gli accarezzò i capelli. Si guardarono negli occhi e si baciarono piano.
L’ombra pagò la ragazza.
La ragazza sorrise.
Parlarono.
L’ombra uscì nel mondo, di nuovo umano.

giovedì 25 ottobre 2012

Amsterdam #4



Era seduto all’inizio dell’aereo, in sesta o settima fila, dalla parte del finestrino, perché gli piaceva vedere il mondo in quella prospettiva dall’alto, come se nell’arco di un minuto la terra si trasformasse nella sua mappatura. Il decollo era come l’inizio di un rituale, faceva dei lunghi respiri con la pancia, quando l’aereo si staccava da terra, lui si girava completamente dalla parte del finestrino e guardava sotto. Il mondo aveva ordine. L’uomo, schematicamente, aveva cercato di dare forme geometriche alla terra sulla quale camminava. Strade, campi arati, case, fabbriche. Forme geometriche applicate al mondo. Il grande caos delle montagna, la calma blu del mare, l’azzurra speranza del cielo, le bianche forme da pasticceria delle nuvole, chiuse gli occhi e si addormentò un poco, vicino a lui c’erano due ragazze giapponesi, parlavano poco e quel poco che dicevano lui non lo capiva. La compagnia perfetta. Silenzio e femminilità rasserenante.
Aprì gli occhi, guardò fuori, c’era uno sterminato tappeto bianco. Sopra le nuvole. Quello era un altro mondo, un’altra dimensione, prese un tè caldo e bevve lentamente. Si chiese se Penny avesse unito i letti o se li avesse lasciati separati. Ogni tanto dormivano insieme, quando lei si sentiva più materna e protettiva o quando aveva voglia di scopare. Ormai avevano quasi quarant’anni e si conoscevano da venti. Non si vedevano più come prima, anche perché lui era andato a vivere in un’altra città. Però, quando poteva, passava tre settimane o un mese da lei, aveva una magnifica casa nella cerchia dei canali ovest, in una zona molta tranquilla, gli piaceva quando si sedevano sulla piccola panchina di legno fuori dalla casa e lei gli raccontava della sua vita, del periodo che aveva lavorato nel red light district, periodo che lei chiamava selvaggio e periodo nel quale si erano conosciuti. Bevevano una tisana alla menta e mangiavano una fetta di torta all’hashish che penny sapeva preparare così bene. Adesso che ci pensava le avrebbe anche chiesto se poteva leccarle i piedi, una sera, magari dopo un paio di canne, così, per ricordare i vecchi tempi. gli venne duro nelle mutande. le due giapponesi guardavano una rivista di moda, avranno avuto poco più di venti anni, prese il libro che si era portato e si mise a leggere.
Il comandante annunciò che erano quasi arrivati, lui sistemò il sedile e guardò fuori dal finestrino, la fase dell’atterraggio era la fine del rituale. Iniziò a respirare più lentamente e con la pancia. L’aereo scendeva, vide la pista, che si faceva sempre più vicina. Vide un cancello, c’erano due uomini sdraiati su una coperta e un bambino e una bambina che giocavano. Guardare gli aerei che atterrano, pensò, era una cosa che non aveva mai fatto. Ne avrebbe parlato con penny. Magari davanti ad una bella heineken ghiacciata e ai sui piedi dentro sandali orientali.

giovedì 18 ottobre 2012

Amsterdam #3



Avevano portato i loro figli a vedere gli aerei che atterravano, era un bel posto, dietro un cancello, da cui si potevano osservare le ruote dei carrelli che si posavano sull’asfalto della pista. Era andato con sua figlia, che aveva sei anni e un suo amico ed il figlio, anche lui di sei anni. I bambini si sentivano sempre così meravigliati quando vedevano gli aerei scendere dal cielo, prima quasi solo un punto luminoso seguito da una scia bianca, poi sempre più grandi, enormi uccelli preistorici di metallo, poi quando atterravano i due bambini ridevano e battevano le mani. I due padri, che si conoscevano da tanto tempo, si stendevano su una coperta sopra il prato che circondava il cancello e la rete metallica e parlavano fra loro, ridendo, raccontandosi storie di quando erano ragazzi, bevendosi una birra e fumandosi una canna. Ogni tanto uno dei figli si avvicinava e chiedeva come funzionassero gli aerei e allora venivano raccontate due storie, una reale e una fantastica, sul funzionamento dell’aereo e poi si chiedeva ai bambini quale preferissero. Erano dei sabato mattina splendidi, soprattutto nella tarda estate, l’high dell’erba rendeva tutto così lucido e rilassato e i capelli biondi di sua figlia erano un miracolo di cui non si stancava mai di ringraziare le divinità.
Quando il tuo cuore si purificava e la mente diventava lucida, le ombre del mondo iniziavano a disperdersi e una nuova luce ti permetteva di vedere le cose in maniera diversa.

mercoledì 17 ottobre 2012

dream #5

C’erano dei piccoli pesci, dei molluschi e un astice non tanto grande dentro dei recipienti rettangolari e trasparenti sul tavolo della mia cucina - Ho cercato negli sportelli dei recipienti più adatti, ho preso un vecchio acquario nel quale ho messo l’astice e alcuni pesciolini, nei primi recipienti lasciavo solo le conchiglie mentre nell’acquario e nel nuovo recipiente, che sembrava un tegame di vetro, mettevo i molluschi e i piccoli pesci - Poi sono uscito sul terrazzino e ho visto un pesce che volava nell’aria, ho cercato di prenderlo perché lo volevo mettere con gli altri, avevo paura che morisse senza acqua, ma lui si è allontanato e non potevo più afferrarlo, allora è arrivata mia madre e scavalcando il terrazzino, camminando nell’aria è andata a prenderlo, poi me l’ha dato e io l’ho rimesso nell’acquario.

domenica 14 ottobre 2012

Amsterdam #2



Il furgone era arrivato presto e aveva parcheggiato vicino al negozio. Più lontano, sullo stesso canale, avevano iniziato a fare dei lavori di rinforzamento degli argini e delle fondamenta di alcune case. Avevano aperto un cantiere e ogni tanto, quando lui tornava verso il suo piccolo appartamento, si fermava a guardare gli operai che lavoravano e parlavano, qualcuno si fumava una sigaretta e sembravano completamente presi, coinvolti in quello che facevano. Non era mai riuscito a creare quel senso di comunione, di fratellanza maschile, se non quando era stato più giovane, a scuola. Poi quegli anni erano scomparsi, come molte altre cose dalla sua vita. E le strade erano diventate più confuse. Una cosa era certa. Andare avanti era l’unica possibilità che avesse.
Il tipo del furgone era entrato nel negozio e gli aveva consegnato la bolla con gli ordini, lui aveva controllato che tutto fosse apposto, aveva firmato e aveva ridato la bolla al tipo del furgone. Poi il tipo era uscito di nuovo, aveva caricato un carrello e gli aveva portato dentro al negozio alcuni scatoloni.
Dopo che il tipo se ne era andato, lui era uscito dal negozio e si era acceso una sigaretta, alcuni turisti si dirigevano, ridendo, verso il centro del red light district, a guardare qualche ragazza o a realizzare le loro fantasie. Questa era la città delle meraviglie, pensò. Ma bisognava avere i soldi per essere un suo cittadino. Altrimenti eri un semplice turista. Ti godevi quanto ti veniva offerto e poi te ne andavi. Ne aveva conosciuti parecchi di furbi, traffichini, imbroglioni, gente che aveva lasciato il proprio paese per vendere merda qui ed era gente che la merda la sapeva vendere bene. Il solito discorso, qualcuno che compra, qualcuno che vende. Dove fosse l’origine di questa dialettica che governava il mondo era un pensiero troppo sottile per essere analizzato. Andava così. Compravi. Vendevi. Compravi. Vendevi.
Aprì gli scatoloni, tirò fuori alcuni vibratori di varie dimensioni, stimolatori anali e vaginali e alcuni articoli sadomaso. Mise alcuni oggetti nel magazzino, altri li fece sistemare dalle due commesse che lavoravano per lui nelle apposite sezioni del negozio. Era un furto, lo sapeva. Non comprava mai oggetti e prodotti di qualità e li rivendeva a un prezzo che era quasi il doppio. Ma tanti continuavano a caderci. E lui a guadagnare.
Uscì dal negozio e si fermò davanti al canale. Passò un  barcone con un uomo e una donna. Lo salutarono. Lui non rispose al saluto. Guardò fisso nell’acqua e si accese una sigaretta.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...