domenica 16 marzo 2014

senza titolo


forme lucenti e bianche e liquide sulle mie mani, il calore della sabbia sulla pelle, negli occhi lo scintillio del mare, le montagne azzurrine distese in lontani paesaggi, i polsi legati ad una croce, i colpi e i lividi, la discesa nel buio, lo splendore delle mie emozioni, gli occhi di una ragazza che amavo guardare e la perdita, lasciarsi tutto dietro senza tenersi nulla, forse un paio di grammi per i momenti difficili, quando le strade saranno vuote e sentirai il freddo scorrerti dentro, quando gli occhi delle persone saranno vuoti e la tua casa un gelido rifugio, passo dopo passo, respiro dopo respiro, lenti cerchi di fumo nell’aria, la scia di un aereo come un taglio nel cielo, il silenzio, una maschera di legno, un volto antico, un dito davanti alla bocca, i colori della sera mentre attendo che le sostanze inizino a fare effetto, i quadri appesi nella mia mente, le parole, le mie migliori amiche e ancora tu, mentre dormi nel mio letto e sei qualcosa di vivo e morbido, lontana e vicina, qualcosa che posso toccare e sentire e baciare, non c’era bisogno di molto mentre camminavamo per le strade del mondo, anzi non c’era bisogno proprio di nulla, avresti solo dovuto chiudere gli occhi e capire che niente era reale, anche se la luce continuava il suo crudele gioco delle illusioni, la bellezza era oltre quelle forme, in sguardi interiori e respiri profondi, nelle ombre delle cose e delle persone c’è ancora chi cerca il proprio caos. 

domenica 9 marzo 2014

R. Size

Il pavimento della stazione di Porta San Paolo è uguale a quello della Black Lodge di Twin Peaks, penso, mentre passo accanto ad una colonna fallica con due enormi palle di marmo alla base. Poi c’è via Ostiense da attraversare e un palazzo occupato con murales di volti giganti e finestre come occhi e sotto un ponte industriale c’è il disegno di un fiore d’oppio e beviamo delle birre tedesche in un locale con pochissima luce, i tavoli di legno e delle mani che escono dall’oscurità e si muovono sulla loro superficie, ci sono ombre di figure perdute negli incubi dell’infanzia e nelle strade intorno edifici crollati e resti di palazzi e potremmo essere in un quartiere sconosciuto di Berlino, alla ricerca di un po’ di roba o di qualche acido e invece ritorniamo su un’altra strada e camminiamo sull’asfalto di un’ennesima proiezione mentale e arriviamo davanti ad una porta rossa, aperta, dentro c’è l’immagine di un uomo grasso con un corsetto e delle giarrettiere e accanto alla porta, un’altra immagine, di un uomo della security, alto più di tre metri e poi un’altra porta, con il disegno di un cuore, entriamo in quella rossa e nella stanza c’è un forte odore di sativa, paghiamo un biglietto, perché c’è sempre un biglietto da pagare, ci mettono un timbro su una mano e così ho una erre sul dorso, forse una lettera in codice per qualcosa che non capisco, per un alfabeto misterioso che dovrò decidermi a studiare o interpretare e qualcuno apre una tenda e ci ritroviamo in una lunga e buia sala verticale, con immagini sulle pareti e coni di luce soffusa e rossastra e c’è un lungo bancone con una moltitudine di bottiglie e una ragazza con i capelli biondi e una maschera sul volto che serve da bere, ci sediamo su un divano di pelle nera e beviamo le nostre birre in attesa che la musica inizi, quella di Roni Size e mentre aspettiamo parliamo e ci perdiamo nei giochi della luce e poi mi alzo e vado verso il palco e scopro sulla destra l’entrata di un tunnel in cui persone parlano e fumano e mi immergo in questa dimensione chiusa e magica, una scatola delle meraviglie inaspettata, il tunnel è lungo, non ne riesco a vedere la fine e non so proprio cosa possa esserci nel punto dove dovrebbe terminare e allora mi fermo a parlare con un paio di ragazzi, perché continuare a camminare all’infinito sarebbe da folli e riesco a comprare un po’ di hashish, dell’ottimo fumo marocchino e torno indietro, sui miei passi e sono di nuovo seduto sul divano, mentre  rollo una canna e il fumo denso sale in vortici verso i coni luminosi dei  piccoli fari nel soffitto e ci sono stelle incastonate fra di essi, brillanti e purpuree e i loro raggi si attorcigliano lungo le colonne di invisibili minareti mentali.


E la musica inizia in una sospensione del tempo e dello spazio e mi ritrovo a ballare, ad occhi chiusi, come sempre, sentendomi una sola cosa con i ritmi e le sonorità, i leggeri movimenti del mio corpo, spirali di fumo in cui si trasformano le mie dita, la statua di Dafne che si tramuta in un albero, dopo che Apollo l’ha sfiorata, gli occhi del Bernini, i colpi della sua arte, possa vivere la tua anima in forme eterne e immutabili, possa la tua anima scorrere e fluire in ogni singolo respiro e la notte è passata senza che neanche me ne accorgessi e adesso sono in un prato, lo sguardo è libero di muoversi e il cielo è attraversato da nuvole bianche che si allungano in filamenti silenziosi e i cristalli di anfetamina chiusi nel pugno di una ragazza, i fuochi di artificio che esplodevano nel buio profondo dei suoi occhi, seduto nella posizione del loto con il sole che mi guarda dritto in faccia e mi fa sentire il suo contatto sul volto e sulle guance ed è meraviglioso, alcune volte, bere birra in una domenica assolata e fumare qualche tiro di una buona erba e sentirsi galleggiare e poi innalzarsi nell’aria, toccare le nuvole e ridiscendere sul prato, ad occhi chiusi, il sole che ti bacia le palpebre, i battiti del cuore come sussurri di una voce lontana, il caldo abbraccio dell’aria un attimo prima di sparire per sempre nell’estasi dorata del mondo.


venerdì 7 marzo 2014

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Umiltà, o, se la parola sembra troppo grossa, assenza di vanità. - L'umiltà di un uomo lucido, che non si considera particolarmente bello e dotato e trova che c'è qualcosa di ridicolo nel fatto che ogni suo minimo gesto, parola, silenzio, ecc. crei felicità o infelicità. Che iniquo potere gli viene attribuito! Non ho molta stima per chi osa pensare ad alta voce: "Lei mi ama", e non tenta almeno di ridimensionare la cosa dicendo: "Sta prendendo un abbaglio su di me". In questo modo umilia certo la donna, ma solo perché prima ha umiliato se stesso.
E' un sentimento analogo, per esempio, a quello dello scrittore che trovi ridicolo avere dei "discepoli" perché sa com'è fatta la sua personalità e che fine fanno i "messaggi". Un uomo degno di tale nome disprezza l'influenza che esercita, in qualunque senso la eserciti e subisce il fatto di doverne esercitare una come lo scotto da pagare per il bisogno che ha di esprimersi. Noi vogliamo non dipendere da nessuno. E dovremmo stimare le donne che dichiarono di dipendere da noi? Se ci rifiutiamo di comandare su chicchessia è perché abbiamo un'alta opinione della natura umana.

Henry de Montherlany
Le ragazze da marito

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...