lunedì 30 gennaio 2017

dream #52



Le stanze dalle strane forme, architetture e interni onirici, le foto di mio zio marco, emanuela e marta che riempiono una parete, incorniciate e di varie dimensioni, cammino per le camere, perdendomi, cercando di ricordare percorsi e mappe mentali – nella sala da pranzo, matteo, bekah e lynn seduti ad un tavolo che mi stanno aspettando, mi siedo e ignoro lynn, quell’antica sensazione, il disagio e l’impossibilità di esprimere ciò che sto provando, mi alzo e mi allontano, alla ricerca di una bottiglia di vino – ci sono ospiti che si muovono nella casa e trovo valerio appoggiato ad un divano, gli dico che bisogna assolutamente andare a comprare altra roba da bere, perché? chiede lui, perché ho voglia di ubriacarmi – l’abbraccio di matteo su un letto, stretto, gli accarezzo la testa, le sue braccia intorno ai miei fianchi – oltre una porta una ripida e paurosa distesa di arena, fino ad uno spazio enorme e oscuro tra pareti di cui non riesco a scorgere la fine, provo a scendere e mi ritrovo sulla sabbia bagnata, è buio, guardo in alto, la porta da dove sono venuto è lontana, piccola, il pendio è così erto che mi sembra impossibile risalirlo, provo comunque a farlo, seguendo uno stretto sentiero diagonale, scuro, la paura di cadere, di precipitare, arrivo alla porta, di nuovo nella casa, un labirinto di stanze, i corridoi silenziosi della mente.

giovedì 26 gennaio 2017

dream #51



Sono con flavia in una stanza, siamo seduti su un letto e stiamo parlando, mi dice che in parecchi l’hanno cercata durante questi anni, le dico che invece io ho dovuto aspettare molto tempo prima di chiamarla di nuovo, perché? Perché erano così profonde le ferite che mi avevi lasciato nel cuore che non sapevo neanche se un giorno si sarebbero rimarginate, lei mi guarda, non sai mai mentire, sussurra, ti ho amata così tanto, le dico, lei si alza, sembra contrariata, mi sdraio sulla pancia e lei comincia a darmi degli schiaffi sul sedere, cosa sono? Carezze? Le dico, sfidandola, lei prende una cinta di pelle e mi colpisce di nuovo, le consiglio di non farlo sulla faccia, perché? E’ una zona delicata, ci sono gli occhi, le orecchie, il naso, puoi sbagliarti e procurare gravi lesioni, mi arriva un’altra cinghiata sulla schiena, non mi fai male, le dico, non sento nulla – siamo abbracciati sul letto, perché non hai mai voluto stare con me? Le domando, ci sono stati così tanti uomini nella tua vita, perché non io? Mi guarda silenziosa, mi dispiace, sussurra, non fa niente, le dico, eravamo solo dei ragazzi, poi mi domanda se può fare qualcosa per me, se ho bisogno di aiuto, no, non mi serve nulla, poi le accarezzo la schiena con le punta delle dita – c’è stato un giorno in cui ero nella tua camera e mi avevi confidato un segreto, poi qualcosa si era sciolto nel tuo cuore e avevi iniziato a piangere, abbracciandomi, ricordo ancora il calore delle tue lacrime, poi la tua lingua nel mio orecchio, avrei dovuto scoparti in quella calda ambiguità dei sentimenti, non l’ho fatto, ci avrebbero pensato gli anni a farmi diventare un amante migliore.

domenica 22 gennaio 2017

Bryn Rhyg #2


Uno strillo nella notte, un urlo di piacere, l’apice di un orgasmo onirico nella mente dello scrittore, il suo corpo sdraiato su un materasso steso su un pavimento di cemento, la luce verde ancora accesa, il suo sguardo conico, le braci nella stufa rimandavano bagliori rossastri, era stata Rebbecca ad urlare? Era stata lei a godere nel letto di Ken? Il vento creava sibili tra le fessure delle assi della casa e scuoteva la tenda mongola nella notte circondata dai boschi, le immagini di disegni tribali nelle prime luci dell’alba mentre l’ombra di un uomo si appiattiva tra le sagome di figure di legno, la testa di un drago intagliata nei resti di un tronco e i volti di streghe e creature maligne all’interno di un albero cavo, gli antichi rituali sussurrati tra le foglie, qualcuno parlava a tavola e qualcuno ascoltava e le bocche masticavano veloci e buttavano giù enormi quantità di alcol, lo scrittore accennava dei sorrisi mentre afferrava un bicchiere di gin tonic e si dirigeva verso la porta per fumare, la pioggia continuava i suoi discorsi in archi di luce che si perdevano nel buio, il calore di voci lontane emanato dalla punta di una sigaretta accesa, Rebbecca parlava al telefono con il suo editore, Ken era sdraiato sul divano, gli occhi leggermente chiusi, il bicchiere di vino ancora stretto fra le dita, una bambina camminava nuda per le stanze donando meraviglia con i suoi occhi, tutto quello di cui discutevamo nelle ore in cui l’oscurità era viva, tutte le parole che ci siamo detti nei corridoi che i pensieri seguivano per dimenticare da dove erano venuti, Geraint guidava la macchina mentre Ken blaterava di fisica e gravità principalmente con se stesso, lo scrittore era seduto dietro e lasciava che l’aria gli entrasse nelle narici per uscirne fuori trasformata in fumo, la sua mano che prende una fiaschetta di brandy e la sua bocca che dà una lunga sorsata, il suo corpo steso su un divano mentre delle immagini sconnesse appaiono e scompaiono su uno schermo ad alta definizione, le strisce di coca tirate nel mezzo della strada, l’urna con le ceneri del padre di Ken appoggiata su un tavolo, tra un posacenere e quaranta grammi di hashish marocchino, lo scrittore che apre il frigo in cerca di qualcosa da magiare e trova due buste di plastica piene di erba, i momenti in cui gli occhi erano chiusi e le palpebre rosse superfici dove il giorno si trasformava in gloria, le visioni liquide degli alberi che si scioglievano, qualcuno seduto in una sauna avvolto da strati di vapore, i suoi occhi violacei, un sorriso misterioso, c’erano ore senza nome e nessuno che ti dicesse come chiamarle, innalziamo barricate nel cuore per proteggere quel silenzio, lanciamo urla nel vuoto luminoso che lo accoglie, nemici invisibili nelle battaglie dei sensi e contro noi stessi.

giovedì 19 gennaio 2017

dream #50



Il mare scomparso, le distese di terra arida, le prime tende, gli accampamenti, gli enormi tappeti sulla sabbia, le architetture immaginarie di una moschea invisibile, parlo con una donna islamica, la abbraccio, mi metto a piangere, ricordando gli anni passati con le persone fuggite dai loro paesi – sono dentro un gigantesco edificio, alte vetrate verticali e cemento, tavoli e bicchieri in un salone, ci sono parecchie persone e della musica, la gente sta ballando e bevendo, una donna mi propone di andare con lei, rifiuto e continuo a camminare per le enormi sale, colori grigi e aloni bluastri – seduto su una poltrona di pelle rossa, le luci soffuse che colano dal soffitto, un bicchiere di vetro in mano, in alto l’immagine di una donna completamente vestita di latex, sul volto la maschera di un bizzarro animale, è in piedi su una piattaforma di metallo, il suo profilo stagliato contro una delle vetrate, la osservo scendere lentamente verso di me, il corpo magico, sono legato ad un letto, polsi e caviglie, lei si ferma un attimo, prima di trascinarmi nell’oblio – ci sono fleur e lynn sedute ad un tavolo, nella casa di mia madre, stiamo mangiando e julian parla con mio padre, metto della musica e fleur comincia a raccontarmi qualcosa, cerco gli occhi di lynn ma lei sta guardando da un’altra parte – una collezione di strani e introvabili film pornografici, raccolti in una custodia nera, apribile e piegabile, la lascio in macchina dopo aver parcheggiato vicino a casa di mia nonna, poi salgo da lei perché la devo accompagnare da qualche parte, non ne ho voglia, nella sua casa non c’è nessuno anche se sento gli echi della sua voce – una valigetta lasciata nel cortile - torno verso la mia macchina, prendo la custodia nera con i film pornografici e la porto a casa di mia madre, la apro, guardo i titoli e leggo le note di produzione, la richiudo e la metto in un armadio – i cani che corrono sulla spiaggia, le riprese dall’alto, le fughe nel cielo – sono in una stazione ferroviaria e ho comprato un biglietto per amsterdam, ho trovato delle monete in una delle tasche dei pantaloni e ho pagato con quelle, mentre cerco di raggiungere il binario giusto mi fermo ad osservare una serie di oggetti smarriti appoggiati per terra, ci sono le chiavi della mia macchina, le prendo e me le infilo in tasca, poi continuo verso il binario, il treno che aspettavo passa senza fermarsi.

mercoledì 11 gennaio 2017

dream #49



Sono seduto dentro un vagone ferroviario fra due ragazze, durante il viaggio succede qualcosa, un guasto al motore del treno e rimaniamo bloccati per ore, ci sono prospettive allungate di corridoi e gallerie, flash di luci, provo a dormire e appoggio la testa sulla spalla della ragazza alla mia sinistra, riprese dall’alto dei nostri corpi che si girano sui sedili, adesso quasi orizzontali e su quelli degli altri passeggeri, mi sveglio, siamo arrivati da qualche parte – io e la ragazza usciamo insieme da una stazione e arriviamo in una stanza, cominciamo a baciarci, lei ha i capelli biondi e la pelle morbida, sequenze di atti sessuali, primi piani della sua fica e del suo ano mentre li sto leccando e le mi sta succhiando il cazzo, sento il suo sapore sulla mia lingua e la sensazione nitida delle sue labbra intorno alla mia cappella – mi prende per mano, siamo nudi e andiamo in un’altra stanza, le pareti sono di pietra e sprigionano una luce azzurrina, entriamo in una grande cabina della doccia, con i pannelli di vetro, lei apre l’acqua e ci abbracciamo, comincio ad avere un’erezione, con le dita mi sfiora i capezzoli, poi si inginocchia a succhiarmelo, una serie di dettagli pornografici e riprese di bizzarre posizioni sessuali – camminiamo per strada, in una città inglese, arriviamo a casa della madre, ci sono delle stanze enormi con delle pareti di pietra, un grande camino, sistemo la legna per il fuoco, lo accendo, poi vado in un’altra stanza, la ragazza e la madre stanno parlando, esco per strada e mi compro un triangolo di pizza, lo mangio, ci sono parecchie persone intorno a me, rientro nella casa, mi appoggio ad una pietra sul muro e questa fa scattare un meccanismo all’interno del camino, si apre una specie di botola e la legna che sta bruciando scompare dentro di essa, poi la botola si chiude, da una porta entra un’altra ragazza, parla in tedesco, la guardo negli occhi, ritorno nella cucina, la madre della ragazza con cui sono venuto comincia ad accusarmi di aver rotto un bicchiere di vetro, mi incazzo e le dico che sta solo trovando delle scuse per sbarazzarsi di me, me ne vado dalla casa e la ragazza bionda mi segue, finalmente siamo di nuovo da soli, mi calmo, scendiamo delle scale, le dico che sono veramente interessato a lei, a conoscerla meglio, parliamo un altro po’, le chiedo di darmi il suo numero di telefono o un contatto, per sentirci in futuro, poi siamo fermi su una scalinata, ci sono dei giapponesi intorno a noi e lei fa una cosa strana, prende in bocca il pezzo di metallo finale di una ringhiera, è cilindrico, uno dei giapponesi vuole scattare una foto, gli dico che deve pagare 10 pounds, la ragazza fa un’altra volta il suo numero, prendo i soldi e il giapponese scatta la foto, sento di avere qualcosa tra i denti, un pezzo di rughetta della pizza che avevo mangiato prima, lo tolgo e lo butto per terra, sono di fianco alla ragazza, la saluto con un bacio sulle labbra, poi lei scompare tra le strade di un’ennesima città senza nome.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...