mercoledì 29 gennaio 2020

camminare #9

Terre di antiche leggende, un tempo popolate dai lupi e dai loro movimenti d’argento, gli ululati nel vento, le distese rossastre di alberi danzanti, i profili dentellati di cime montagnose, case abbandonate sui margini di campi addormentati, le vecchie stanze decrepite, la polvere posata sulle etichette di bottiglie mai aperte, la cantina della casa di mio nonno in campagna, le sedie rovesciate, i tavoli capovolti, c’era una memoria che mi apparteneva in queste lande e canti che le nostre voci avevano smesso di tramandarsi, donne distese sulle rive di un fiume e l’odore del fuoco fra i colori della sera e dell’infanzia, c’era un passato condiviso dalla gente che apparteneva ai campi coltivati, destinato all’oblio, allo smarrirsi dei giorni, a quelle sensazioni sempre più distanti che nessuno sarebbe stato più capace di provare o rievocare, questi boschi e queste valli conoscevano meglio di noi chi le aveva create e avrebbero atteso nel loro selvatico stupore l’ancestrale richiamo dei lupi e il loro ritorno in un sogno boschivo di neve e bianco splendore.

martedì 28 gennaio 2020

Roma #1

Pioggia. E cemento. E il rumore costante e sdrucciolevole delle macchine. Le strade su cui ho camminato migliaia di volte. Quelle della città in cui sono nato. Un città sconosciuta. Le forme metalliche di camere immobili nel tempo, luoghi metafisici che mi hanno accolto e cacciato, le antiche abitudini marciavano ghignando, felici del mio ritorno, una stanza spoglia, quella del cuore, con le sue eterne malinconie attaccate alle pareti, le solite lacrime, i soliti vizi, fanne una storia diversa, suggeriva lo scrittore, inventa altri personaggi, crea esotiche ed erotiche ambientazioni, i giardini della mente erano adorni di fragili tentazioni, non ascoltare le voci di chi ti parla, affidati ad una lingua che ti scavi tunnel di piaceri proibiti dentro le orecchie, i suoi morsi li hai lasciati dentro un letto sospeso di solitarie meraviglie, hai solcato la pelle del suo culo fino a riempirla di lividi, era un gioco e un atto d’amore incondizionato, continua a fotografarla, continua a scrivere, continua a fuggire, alterna la quiete alla tormenta, il silenzio della valle al vulcano in eruzione, sarai uno straniero perché è quello che sei sempre stato, abbandonati, perdi le chiavi delle case che ti hanno accolto e che ti ospiteranno - C’era stata la possibilità di una nuova vita nel suo ventre e quella della tua mano che l’avrebbe sentito crescere nei mesi a venire, c’era anche stata la speranza che quella illusione fosse reale, l’hai ringraziata per le sue parole e i gesti e il modo in cui ti ha accompagnato in un universo femminile misterioso e crudele, amniotico e avvolgente, hai steso la testa sul suo petto, hai sentito il suo respiro diventare il tuo, le hai lasciato accarezzarti i capelli, ti sei addormentato e svegliato, inchinato ed eretto e poi tutto è finito e sei tornato al punto di partenza, come se non te ne fossi mai andato, raccogli le tue poche cose, abbracciala ancora nei sogni e in quel che resta di loro, non fermarti, non guardarti indietro, il primo passo è stato compiuto e quello successivo non ha mai avuto importanza.  


domenica 26 gennaio 2020

Bryn y Blodau #13

Vorticare di volti nel buio della mente, Tom, Michael, Chanan, poi i morsi di Samara sulla pelle e quelli nel cuore e le mattine in cui era stretta al mio corpo e la sentivo piangere e sospirare e le albe limpide nei suoi sguardi, alcune volte, quando l’amore risplendeva puro e lucente negli occhi e i giorni e le notti in cui ho atteso il suo ritorno, le ore in cui mi sono perso in fantasie erotiche di fulgida sottomissione ai suoi voleri, le aurore in cui arrivava seducente e misteriosa e si stendeva al mio fianco, sfioravo le sue linee con la punta delle dita, a volte a cazzo duro, altre semplicemente sprofondando nei suoi capelli, respiravo lentamente e la sua essenza e la mia si scioglievano l’una dentro l’altra, momenti di estasi, scintille di beatitudine, attimi di quiete, mi stava insegnando i passi di una danza sconosciuta e avvolgente, ci avvicinavamo, ci allontanavamo, le guardavo il culo, una circonferenza da osservare sempre con rinnovato desiderio, scoprivo il suo corpo e i suoi segreti un centimetro dopo l’altro, l’ho adorata fra le carezze del calore di una sauna, nascosta e protetta nelle fondamenta di un tempio tibetano, lei, antica divinità femminile, sacerdotessa seducente e inavvicinabile, mi sono masturbato guardandola, ho visto dischiudersi una conchiglia di carne e una sensibile perla risplendere al suo interno, abbiamo camminato insieme, l’ho seguita, l’ho ascoltata, l’ho ammirata in silenzio, ho vibrato di cocente frustrazione nel caldo dorato di lunghi pomeriggi estivi, sono quasi affogato nelle mie debolezze, ho dato ascolto ad echi di tentazioni dimenticate, ho aperto e ricucito ferite e cicatrici emotive, mi sono fermato davanti a un fuoco, ho incrociato le mie dita fra le sue, le ho chiesto dove saremmo andati, se in un qualche strano e imprevedibile modo avremmo proseguito questo viaggio insieme, lei mi ha sorriso e in uno scintillio di stelle remote l’ho vista svanire come in un ricordo o in un sogno. E ho capito che un giorno, in questa vita o in quella successiva, l’avrei di nuovo presa per mano per invitarla ancora a danzare con me.

martedì 21 gennaio 2020

Cymru #25

Saremo ancora stranieri in queste lande sconsacrate, saremo ancora stranieri in patria, in famiglia, fra gli amici, stranieri in questo viaggio che porterà i nostri  cuori lungo strade di inarrestabile mistero. Ci saranno oasi fiorite come profondi respiri nel petto, porte e passaggi e poi di nuovo saremo stranieri nelle terre dei sogni, incontreremo individui sconosciuti, li saluteremo e li lasceremo andar via, ci saranno abbracci nelle notti stellate e fragili figure sedute a guardaci in lontananza, i volti invecchiati di nostro padre e nostra madre e il tempo lo vedremo danzare in circoli di costumi colorati, ci saranno risa e lacrime e celebrazioni e addii, feretri profumati, le storie narrate dalle conchiglie del deserto, i cassetti chiusi, le stanze ormai vuote, qualcuno ti indica dove lasciare le tue cose, una donna ti guarda dentro facendo fermare i minuti, perché quello sguardo diventi un momento di infinita comprensione e bellezza. Le fotografie che ti ho scattato, le tue orme che ho seguito con la speranza che sapessero dove condurmi, ho finito per perdermi un’altra volta, nel labirinto del cuore, in quello dei pensieri, le giovani ragazze che non avrò più il coraggio di amare, la sento fluire nelle vene la dolce attesa della morte, è la vita stessa che la chiama, che  la porta con lei, che ci confonde con le sue deliziose e sensuali illusioni. Chiudi gli occhi quando ti senti smarrito, ragazzo mio, addormentati in quei luoghi in cui non sei mai stato, ti sveglierai dall’altra parte dello specchio, ricordando il passato come una serie di atti unici di un teatro onirico e illogico, prendi posto davanti al sipario rosso, i volti degli attori che tra poco appariranno non saranno altro che una galleria di maschere bizzarre e grottesche, quelle che hai indossato nella solitudine del tuo essere, quelle che hai osservato negli specchi di iridi seducenti e severe, la tua immagine moltiplicata in ogni possibile direzione emotiva, satiri in divisa militare salutano a cazzo duro e a braccia tese il nuovo giorno, ombre circensi, sussurri erotici, un brivido alla base dei coglioni, una lingua nelle orecchie, poi voragini di piaceri proibiti e segni viola e lividi sul corpo, quelli che qualcuno nei suoi poemi di sconfitta e frastuono confonderà ancora per gesti incompresi d’amore.

venerdì 17 gennaio 2020

Granada/Cymru

Mulini a vento stilizzati in strutture a tre eliche, verticalità plastiche e anamorfiche, le verdi distese degli ulivi in linee parallele, gli speroni bianchi, las haciendas, i piccoli balconi di ferro battuto, invasioni mentali islamiche, gli stretti vicoli de El Albacìn annodati fra loro, un giovane ragazzo cerca di vendermi dell’erba, le visioni notturne di Tangeri, le porte misteriose nel buio delle stradine e gli occhi luccicanti di porpora al loro interno - ho bevuto un pò di vino rosso sull’aereo e Samara ha appoggiato la sua testa sulla mia spalla e nel momento in cui stavo entrando nel mondo onirico il pilota ci ha fatto atterrare (non in quella realtà, purtroppo) e quando le ruote hanno toccato terra sono rimbalzato fuori da qualsiasi posto mi trovassi e mi sono ritrovato ad occhi aperti sul sedile, le luci delle città viste dall’alto ancora mi pulsavano nelle iridi, punti arancioni e giallastri in composizioni geometriche, miniature futuriste di codici aztechi mai scoperti, quelle immagini ad alta definizione erano ancora presenti nella sala  privata della mia memoria visiva, poi, un altro film è stato proiettato nelle autostrade della psiche, una macchina sfrecciante nella notte, Dave guidava, io ero sul sedile anteriore destro e Samara era seduta dietro insieme a Nick Taylor, folgorato sassofonista in costumi egizi degli Hawkwind, ormai ottantenne, di ritorno da un concerto e un party di tre giorni a Granada, Dave lo aveva dovuto tenere d’occhio, cercandogli divani dove sedersi e rollandogli canne a raffica, Nick riusciva a malapena a parlare e aveva gli occhi cerchiati di rosso sangue, Samara ha girato uno spliff di hashish marocchino del quale Dave aveva trovato un bel pezzo nascosto sotto un cuscino gonfiabile, quando lo aveva preso dal portabagagli per passarlo a Nick per farlo stare comodo durante il viaggio - la musica correva insieme a noi e ai lati della strada scivolavano scenari industriali sempre sul punto di trasformarsi in ripetizioni caledoscopiche di parcheggi e macchine dormienti, avevo fatto qualche tiro dalla canna e non potevo credere che quel fumo fosse così forte, mi sembra di essere all’inizio di un acid trip, la mia testa ciondolava, mi sentivo sul punto di svanire nel sonno e in quel confine della coscienza l’asfalto e il cemento e le illuminazioni artificiali di insegne, lampioni e segnali stradali si fondevano in intuizioni psichedeliche vorticose e sognanti - poi sono arrivati i boschi e le colline ancora distese nell’oscurità, la macchina curvava, rallentava, cambiava direzione in una personale interpretazione delle mappe sul subconscio, ci siamo fermati davanti a quella che sembrava una casa abbandonata, dopo aver percorso una strada sterrata inventata da chissà quale mente deviata, siamo scesi tutti, tranne Samara e abbiamo accompagnato Nick fino alla porta, dentro c’erano cani che abbaiavano e quando lui è entrato un tanfo di urina mi ha colpito le narici e ho sorriso e gli ho dato il suo sassofono e gli ho stretto la mano, lui non ha detto niente, mi sono girato a guardare il cielo, le stelle erano nascoste, le nostre speranze oscillavano nel tempo, sono tornato in macchina, Samara si era addormentata, da est qualcosa o qualcuno sembrava sussurrare il suo nome.

venerdì 3 gennaio 2020

Orgiva #5

Arbusti di artemisia e pietre e silenzio. Poi lo scorrere fangoso di un fiume e la terra  arancione, le grotte, le cavità oscure, i passi danzanti nella notte illuminata dai ritmi elettronici di sonorità vibranti, serpenti a sonagli, cactus, divinità femminili sparse sulla circonferenza di un tempio in disuso, piante esagonali sussurrate nel crepuscolo del deserto, punti immaginari tessuti fra i canti di uccelli primitivi, le vane fughe, gli abbracci che gli occhi ricordano, donne impazzite in abiti africani, i loro piedi nudi che seguono un percorso di sensualità iridescente, le macchine abbandonate, le roulotte scaraventate dal passato su altari di sabbia e vento, i canneti che ondeggiano nei colori tenui del tramonto, componendo versi e arie di canzoni mai scritte, le colline si sdraiavano lascive sulle ultime luci del giorno, gli alberi se ne stavano immobili, a raccontarsi storie di semi e gemme, osservatori discreti di azioni che avevano dimenticato il pudore, i corpi senza vestiti che ne coprissero linee e desideri, le aberrazioni morali trasformate in posizioni di gioia estatica, le divinità della polvere, i grandi insetti aztechi, i millepiedi etilici, poi le palpitanti modificazioni visive di un’eccentricità acida che tutto avrebbe trasformato e mai più reso comprensibile ad una mente razionale e consumatrice, gli adepti del Mercato Cosmico, compravendita di anime fatiscenti, i parcheggi sconfitti dalle lamiere arrugginite, cadaveri solitari in avanzato stato di putrefazione etica, i balletti sincopati delle mosche, i teatri conici di lampade oscillanti, i profughi del presente persi nei flussi migratori del tempo, il velo colorato che copre il tuo volto, ogni sorriso che svela la grazia che hai dentro e che risplende di vita e mistero. 

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...