lunedì 31 gennaio 2022

freewheelin' #59

 C’erano gli incubi di mia madre e quelli di Sara, che entrambe mi raccontavano e mi chiedevo se in qualche bizzarra maniera fossero collegati e Tim che veniva a trovarmi nell’incipit di una storia onirica e Lorenzo che aveva rubato una macchina e passava a prendermi per portarmi con lui per fuggire chissà dove e una chiave azzurra che apriva una porta che avrei dovuto tenere chiusa perché dall’altra parte non c’erano altro che riflessi di sogni infranti e poi una stanza con file di formiche che marciavano sul pavimento come eserciti di asceti in coreografie primitive e le enormi navate di un museo con i quadri attaccati alle pareti che cominciavano a staccarsi dalle proprie cornici e il silenzio liquido e le visioni colorate e geometriche indotte dalla mescalina che pulsavano sotto le palpebre, le deliranti architetture spiraliformi sostenute in vortici di dmt, ancora il profilo di una montagna, ogni mattina, davanti ai miei occhi, quando avrei trovato il coraggio di andarmene? Nessuno voleva accettare la propria morte o per lo meno ammettere che sarebbe stata reale, ti avrei attesa in silenzio, mia pudica amante e ti avrei salutato con un bacio sulle tue fredde labbra, che ridicola immagine, disse lo scrittore, che stupida rappresentazione, una rancida iconografia per metafisiche ore di crudele astinenza da oppiacei, ci pensava la tua voce a dirmi cosa fare o quella di John Cale mentre cantava Paris 1919, la sborra che ti colava dalla fica a ricordarmi ogni inutile orgasmo, ogni imbarazzante dichiarazione dei propri sentimenti, vibrazioni oscene nel cuore, ti attenderò qui, sul confine invisibile della mia resa, quando tutto diventa sublime nel suo smettere di essere vero e nudo e inquieto, come un saluto, un addio, un attimo prima di sprofondare in un abisso di brutali e strazianti tentazioni. 


venerdì 28 gennaio 2022

senza titolo

 A volte speravo veramente che le cose finissero, così come erano, così come non sarebbero mai state e che tutto continuasse solo dentro di me, nella quiete del cuore a occhi chiusi, durante la notte, nelle ore in cui la luce non era altro che un pallido ricordo, prima di ogni erezione, di ogni desiderio, non c’erano posti adatti per me in questa vita, lo sapevo, lo avevo sempre saputo e la totale rassegnazione  a questa verità mi dava il coraggio di andare avanti, perché non c’era più nessun luogo dove volessi arrivare, c’erano i respiri e il vuoto e la meraviglia al loro interno, quella di essere vivo e niente più, fuori era una disfatta continua e io non avevo la voglia di ingannarmi ancora, era solo un’attesa per nulla che sarebbe rimasto, lo sapevano i vecchi, lo sapevano nel loro rifugiarsi su una sedia solitaria, al sole o in quello che dei giorni restava, erano i ricordi, quelli che venivano e i volti degli amici scomparsi e gli echi delle risate in macchina e poi fugaci immagini e odori e voci che non ascolteremo mai più.

E la stanchezza, quella di guardarmi intorno senza che ci fosse niente che mi interessasse sul serio e i film pornografici della mente e le stanze segrete e gli incontri proibiti e una tristezza soffocata nella gola, che non volevo confessare, che avrei tenuta nascosta in quello spazio ingannevole di parole impossibili da pronunciare, chiedersi come eravamo giunti fino a qui significava ammettere che non c’eravamo mai mossi, erano gli scenari, le quinte a cambiare ma ogni cosa era assolutamente la stessa, un fiore, una nuvola, un albero, un sorriso, una lacrima, un livido viola sul tuo volto insonne e poi le panchine del nostro abbandono in parchi di fuggevoli bugie, palpebre sottili, ormai di carta, il tuo corpo addormentato in mattine che assomigliavano a una splendente sconfitta, il tuo amore come un atto di resa, una mano che ti indichi il cammino, un’altra che afferri la tua, quando sarai solo e i tuoi passi saranno come le orme di uno sconosciuto, con i tuoi stessi occhi e il tuo stesso dolore.

mercoledì 26 gennaio 2022

freewheelin' #58

 Ed era Stoccolma o quello che ne rimaneva nei sogni o forse quello che non era mai esistito lungo strade sulle quali non avevamo camminato e poi la ricerca di un autobus per arrivare in centro e Maria era al mio fianco, anche se non ne ricordo il volto e ancora vie, palazzi favolosi e indicazioni misteriose e un incontro con Rebecca e il contatto del suo corpo e risvegli troppo veloci e sodomizzazioni notturne e i lunghi discorsi con Paul seduti a un tavolino, le riprese che mancavano, le interviste che aspettavano di essere girate e intanto bevevamo birra ed era gentile la sua anima con il mio cuore e tutte le bugie che mi sono raccontato come se ci fosse sempre stato un altro a dover trovare il modo di soddisfare i miei bisogni e le mie ossessioni e poi mi sono alzato nel riverbero dorato del mondo e sono tornato dentro le stanze di una casa che non mi apparteneva e c’erano ad accogliermi i fantasmi di una vita che avevo rifiutato e uno di essi, seduto in cucina, mi chiedeva dove fossero finiti i miei amori e gli ho riposto che non esistevano più, che avevo perduto ogni interesse nei rapporti umani, soprattutto quelli con le donne, che era meglio lasciare ogni cosa nel luogo dove si trovava e che era giusto scomparire quando il momento per farlo fosse arrivato.

C’erano stelle brillanti nel cielo e geometrie aliene che aspettavano di essere scoperte nell’universo, giorni come ponti infiniti sulla circonferenza di una ruota ferma, nessun luogo dove andare, allora siediti, ragazzo mio, chiudi gli occhi e attendi in silenzio, tutto quello che deve ancora venire e in un sospiro poi passare e svanire. 


sabato 22 gennaio 2022

senza titolo

 E la vecchia magia sembrava essere tornata, quella di risolvere le situazioni spiacevoli in cui mi ritrovavo o di tirarmi fuori dalle gabbie soffocanti dell’esistenza, semplicemente scomparendo, svanendo, era qualcosa di misterioso questa abilità, chiudevo un cerchio con la certezza che non c’era più nulla da fare e così mi ritrovavo di nuovo sul mio cammino solitario e rimettevo nella giusta prospettiva il percorso da compiere e la distanza necessaria dagli altri, dalla loro presenza e dai loro discorsi.
Ero stato brutale, alcune volte, in passato, ero stato violento nel tagliare i contatti, nel distruggere i ponti, stavo migliorando, le separazioni ora mi venivano più semplici e non c’erano più così tante lacrime che volessi piangere o altre ferite che volessi infliggermi nell’anima, al suo interno, sulla pelle, sulla sua inquieta superficie, confini di epidermidi violate e pulsioni sessuali a cui non avrei dato più ascolto, avrei osservato il mondo, facendone parte o forse no, sarei rimasto immobile lungo il fluire degli eventi, lasciandomi trascinare da esso, avrei riso della sofferenza e sofferto della gioia e c’era silenzio, adesso, dentro di me e la consueta carezza degli abbracciati spezzati di un’altra donna amata e perduta, ero un romantico, lo ero sempre stato, questa cosa non passava con gli anni, lo sapeva bene lo scrittore, con tutte le sue poesie bruciate, la danza delle illusioni continuava solenne, mi sarei riposato per un pò all’ombra di un albero, nell’attesa di una fine che sorridendo sarebbe venuta, in questo tempo che mai abbiamo veramente capito, in questo spazio luminoso, vuoto e dolente, che mai abbiamo veramente riempito.

mercoledì 19 gennaio 2022

senza titolo

 Che cazzo ci avevo fatto seduto in una macchina, a guidare da un centro di accoglienza ad un altro, in queste interzone di delirio umano che sembravano  appartenere all’immaginazione sadica e malata di qualche scimmia in giacca&cravatta, incapace di esprimersi attraverso l’uso del linguaggio umano ma comunque seduto con il suo culo peloso nel posto giusto, una poltrona di pelle lurida e sudata, perché, come sapete bene, non serve molta intelligenza per grugnire ordini, per inventarsi cosa fare e cosa no - Che cazzo ci avevo fatto dentro stanze senza luce, senza aria, a parlare, ad osservare le ore sbiadire lungo pareti rosa senza vita - Che cazzo avevo fatto per ritrovarmi in quel luogo, in quel tempo, adesso che tutto è letteralmente scomparso (ancora ricordo gli operai rumeni che sfondavano i muri delle aule) e che ogni voglia di ritrovarmi in un gruppo se ne è fuggita via fra i boschi e le montagne, adesso che mi accorgo di quanto ogni forma di comunicazione abbia perduto interesse nella mia mente, nessun desiderio di socializzare, per esprimermi ci sono le parole scritte, necessarie e libere di dare forma alla voce del mio cuore, della mia anima, ci sono gli alberi, ancora, a proteggermi, ad accettare e abbracciare la mia solitudine - Dovrò liberarmi anche di te, ragazzo mio? Del piacere, del dolore, delle fantasie, dei ricordi, dei sogni infranti che non ti porteranno più da nessuna parte? Eppure sono arrivato fino a qui perché un giorno ho deciso di seguire la sola direzione che mi era rimasta, quella della fuga e ora sono passati più di cinque anni e il mio cammino continua a essere misterioso e lucente e ci sono giorni che tramontano fra queste pagine e so che domani sarò ancora in bilico sul presente, ad occhi chiusi, a dimenticarmi di quanto è accaduto in questa vita, in quella precedente, posa la penna, ragazzo mio, sorridi a nessuno, nello specchio c’è un volto che non ti è mai appartenuto anche se di anno in anno diventa più vecchio e affascinante, sei tu e chi ti ha detto che un sogno è solo una porta socchiusa sull’infinito e sul vuoto che ogni illusione racchiude e trasforma, distrugge e ama, assolve e maledice, ogni illusione che il nostro cuore soppesa, perché ci siano ancora sorprese negli angoli bui, perché ci siano ancora ferite da portare con noi e ricordati sempre di essere vivo, lungo le strade del mondo, nei vicoli ciechi, fra le mura di una prigione che ti abbracciano strette perché le hai credute così tanto reali da volerle distruggere, alza lo sguardo oltre i confini di questo momento, ci sono solo riflessi, milioni di essi, poi un gemito, forse un sospiro, una preghiera, un sussurro e infine solo uno sterminato silenzio.

lunedì 17 gennaio 2022

Cigarrones #24

 Era come stare qui e anche altrove, forse più altrove che qui, soprattutto quando tornavo a Cigarrones e me ne rimanevo seduto su uno dei divani luridi&sfondati a guardare le persone, alcune amate, alla mia maniera, altre sconosciute, altre ancora fuggevoli sui confini della mia personalità, sui limiti del mio esistere fra gli uomini e le donne e poi me ne andavo un pò a trovare Vittorio ed era come essere in un teatro all’aperto dove si svolgeva un happening dopo l’altro e mi sembrava fantastico, a volte, solamente poter essere lì, senza che nessuno si aspettasse nulla da me o volesse parlarmi, sorridevo, bevevo birra, scambiavo sguardi, creavo connessioni psichiche, osservavo chi avevo intorno solo per scorgerne la bellezza che appariva improvvisa in un momento imprecisato per poi scomparire subito dopo, una scintilla di luce, un riverbero dorato, poi svanivo anche io, così come ero arrivato, fra le ombre della sera prima che diventassero quelle della notte, ascoltavo gli alberi e le millenarie e misteriose voci delle stelle danzanti nel cielo e avrei sempre dovuto ricordarmi che in questo luogo non esisteva futuro perché non ne volevo nessuno e che ogni giorno avrebbe potuto essere l’ultimo della mia presenza in questo sogno all’interno di un sogno e non dimenticarti, ragazzo mio, che tutto questo finirà un’ennesima volta, ora, adesso, in una rapida decisione, che ti porterà altrove, qui e altrove di nuovo.

venerdì 14 gennaio 2022

senza titolo

E arrivavano ancora, inaspettati, i ricordi della giovinezza, di quando scopavamo la mattina, in una luce che tutto sembrava avvolgere e svelare e ogni cosa era possibile perché non c’era ancora nessuna reale esperienza di quello che significava ferirsi e il tempo era un inganno dalle lunga dita sottili che ancora non ci aveva toccati e ora, più di venti anni dopo, con la vita che mi aveva messo a calci nel culo nella posizione di confrontarmi con lo schifo dei miei simili (ma chi simile a me, aveva detto una volta il giovane scrittore) mi svegliavo di nuovo in una stanza che assomigliava a quella di quando ero stato un ragazzo e ogni cosa sembrava ancora possibile, proprio come allora, solo che adesso non aveva più importanza il pensiero di quello che sarei stato perché già lo ero stato e non me ne fregava più un cazzo di dimostrare nulla, specialmente agli altri, qui ero il centro pulsante di una circonferenza lungo la quale si ritrovavano a passare le persone che avevo intorno, a debita distanza, ero il centro di una ruota, che girando, mi spingeva verso direzioni misteriose, perché ci sono forze che non conosciamo e che mai troveranno una spiegazione - Me ne resto immobile al mio interno anche se tutto continua a muoversi, le cose accadono senza che me ne preoccupi troppo, ripetizioni&improvvisazioni, il dolce teatro delle crudeltà - Ci saranno ancora un inizio e una fine e la possibilità di capire che non esiste inizio e non esiste fine ma solo questa calma nel cuore, quando respiro e mi siedo in silenzio in quel luogo speciale che ho dentro e poi il bianco delle pareti e il sussurro degli alberi, delle foglie, della luce che risplende ovunque e ci sono porte che non aprirò più e volti nascosti dietro di esse e il rumore sordo di nocche che bussano e l’eco sospeso di voci che chiamano e superfici graffiate, ruvide, antiche, non sono io, non lo sono mai stato, non venitemi a cercare qui perché non ci sarà nessuno a rispondervi, mi stendo in una angolo della mia mente ad osservare un tramonto dai colori acidi e liquidi, ti immagino a gambe aperte mentre ti lecco la fica, i tuoi sospiri che gocciolano in stille di piacere soffuso, i tuoi gemiti che di notte mi svegliano e mi fanno girare verso la tua bocca per ascoltarli, sperando che diventino orgasmi, come quelli che avevi dimenticato di trasformare in bugie.

martedì 11 gennaio 2022

freewheelin' #57

C’era il ricordo di piscine lucenti, da qualche parte nella mia mente e della nostra pelle bagnata e di tutti i segreti che il tempo finisce per svelare, perché è nella ripetizione, nell’obbligo conformistico di non cambiare mai che si nasconde e si nutre la perdita di qualsiasi interesse ed entusiasmo nei confronti della vita e non sapevo dove sarei arrivato, come adesso non avevo scie di pensieri a condurmi da dove ero venuto, stavo dimenticando e da tanti anni avevo smesso di sperare, la rassegnazione era il sublime traguardo dei vinti e fra loro io camminavo a testa alta, trovandomi a mio agio fra i miserabili e gli sconfitti e c’erano ancora ratti dalle sembianze umane, negli angoli delle strade, come quelli che avevo visto affrettarsi nei corridoi di molti uffici, c’erano troie che accavallavano le gambe per farti intravedere un pezzo di fica che non ti sarebbe servito a nulla e gli sguardi opachi di uomini che stavano invecchiando e lo stavano facendo molto male, sigarette, coppe di brandy alla mattina, per brindare al nuovo giorno e alla sua inevitabile rovina, che gloria insoddisfatta, quale migliore trionfo della propria decadenza, cadere, cadere, cadere, senza più freni, senza più reti che arrestassero il nostro precipitare, un giorno lo spettacolo sarebbe finito e le comparse se ne sarebbero tornate stanche a casa e noi fra di esse, avrei ascoltato ancora i tuoi insulti e le tue richieste d’amore, volevo andarmene eppure eri tu il mio mondo e in esso avevo deciso di vivere e nascondermi, nessuna giovinezza sarà meravigliosa come la fragilità della vecchiaia, è stata sempre una farsa questa parvenza di lotta (continua, come direbbe mio padre), con i suoi dispersi, reduci, feriti, con le sue vittime, i suoi traditori, con le bandiere bianche alzate al cielo quando ognuno sta guardando da un’altra parte, imperi di erezioni alle porte, ammassati contro le mura di questa prigione, ti sei messa a pecora e mi hai chiesto di incularti, non lo avevo più fatto per anni e forse avrei voluto che fossi tu a sodomizzarmi e in un attimo in cui il tempo è regredito ad un istante di eternità io sono venuto gemendo dentro le tue chiappe, è stata solo un’altra sconfitta, la più umana e dolente di tutte.


sabato 8 gennaio 2022

freewheelin' #56

 Le serate con Garry a cenare in silenzio e a fumare hashish dalla sua piccola pipa di legno, questo dopo, seduti sul divano, quando la notte, fuori dal cottage, era una presenza misteriosa e aliena come le forme degli alberi che si muovevano e danzavano al di là dei vetri della finestra e Lynn, in macchina, che mi chiedeva quanti anni avessi mentre il passato continuava a rincorrermi, una presenza rabbiosa nel cuore che volevo solo lasciarmi alle spalle e poi gli abbracci, quelli che non ho dato ad amici ormai perduti e ancora le chiacchiere con Paul al Chico Bar, i nostri ennesimi tentativi di parlare di un film che non avremmo mai terminato, un altro meraviglioso progetto fallimentare e proprio per questo profondamente umano, più di qualsiasi cosa riuscita e portata a termine e poi ogni  verità nascosta, mai svelata, se non fra queste pagine dove tutto è permesso, perché nulla è reale, dove i significati si celano nelle ombre di frasi e periodi, i miei luoghi oscuri, i recessi dell’anima, negligenze apologetiche e vangeli alcolici e libri, libri, libri, abbandonati chissà dove e il silenzio di una stanza vuota, dove abbiamo dormito e ci siamo svegliati, dove sei stata la mia amante, Sara, come fossi stata la prima, dove ti ho accarezzato i capelli anche se le mie dita finivano sempre per farti incazzare, dove ti ho preso a schiaffi sul culo perché era quello che intimamente desideravi, una stanza dove ti ho amata, dove ho dormito e dimenticato di sognare, una stanza, una casa tutta per te era quello che volevi, per la tua musica, i tuoi disegni, la tua arte fremente, che non ci siano più uomini a dirti cosa fare, Sara, che tu possa essere libera e unica e felice e ridente, che tu possa essere libera da tutto ciò che da sempre ti ha incatenato, da questo dolore che è la stessa esistenza, che hai tentato di capire, in un attimo di abbandono, con una lama tesa sui tuoi polsi di perla e candore.

giovedì 6 gennaio 2022

Orgiva #68

 Il cerchio si stava per chiudere di nuovo e i punti (in)stabili della sua metafisica circonferenza sembravano andare a formare una perfetta sfera di assoluta follia, certo che l’alcol non aiutava, mia cara amica, a mantenere la calma e avevo dato fuori di testa a casa, durante il trasloco, con un attacco, una esplosione di rabbia che aveva trasceso la mia stessa persona, trasformandomi nell’altro, quello che sempre si era incazzato al mio posto, ormai libero di improvvisare la sua bestiale insofferenza egoistica, non so, non so se c’erano maniere (barriere?) per proteggersi, per non ferirsi in questo tipo di lotta (o forse era solo un masochistico gioco dalle atroci conseguenze?),  sapevo però che non ci sarebbero stati sopravvissuti, era una guerra omicida, una faida di istinti e pulsioni inconciliabili, i muri della casa erano diventati più stretti, mi sembrava quasi di soffocare, i dialoghi si erano fatti incendiari e neanche mi ricordavo cosa avessi detto, sentivo solo il sangue pulsarmi dentro ovunque, la miseria e la cattiveria di certe rispettive battute era stata orribile, non so chi fosse lo sceneggiatore, chi avesse scritto il copione, probabilmente qualche scrittore malato di mente e alcolizzato ossessionato dalla tossicità dei rapporti di coppia, non so che cazzo ci facessi qui, fra queste persone, mi sembrava l’ora giusta per sbaraccare un’altra volta, zaino in spalla e nemmeno un saluto.


E poi bastava scendere al Chico Bar e mettersi a scrivere, cerveza al fianco e la quiete che tornava nel mio cuore e la luce, quella luce dorata, sospesa, nella nuova casa di Sara e il tempo che rallentava al suo interno e quella sensazione dolce e dolente di quando vedevi qualcuno o qualcosa e sapevi che lo stavi facendo per l’ultima volta e tutti i giorni che hanno preteso il loro prezzo, il loro tributo di sofferenza solo perché eravamo vivi e non potevamo fare altro che esistere e poi i sorrisi e i momenti di splendente allegria, negli occhi, sulle labbra, mi ricordo i tuoi brillare, farsi più profondi ogni volta che ti ho vista felice mentre salivo e scendevo da questa giostra delle emozioni con il desiderio in fondo all’anima di andarmene, un giorno, a fare in culo per sempre.


E c’era Vanessa davanti a me, a bere birra, in un incontro che i sogni esigevano e Tim e Scott a parlare seduti a un tavolo di pietra, chissà di cosa, musica, droghe, terra, si, terra, una parte di Cigarrones era in vendita, chi l’avrebbe comprata? O forse parlavano di tutto quello che non riuscivo a capire e che non bastavano gli sguardi a spiegare, ad esprimere e poi ho visto Frasco che risaliva verso la sua casa, ultimo cowboy di questo pueblo (il progetto di un western acido con i desperados locali era ancora in un angolo della mente) - C’era un biglietto di sola andata verso il nulla ed era un viaggio che ci attendeva a tutti quanti, lo avrei fatto da solo, non avevamo compagni in questa ultima fuga, avrei oltrepassato lo specchio e le illusioni di questo mondo che ingoia e divora le nostre speranze trasformandole in debolezze, dolce puttana che ridi con la faccia e la gola inondate di sborra, imparerai ad amare anche queste umiliazioni perché la tua anima è pura e le tue gambe un tempio di tentazioni proibite.


martedì 4 gennaio 2022

Orgiva #67

 Due mondi, due universi si stavano sovrapponendo ed erano i nostri occhi, con le loro galassie di segreti e misteri - E c’era un’altra vita che avevo tenuto nascosta, perfino a me stesso, in modo che fosse un altro a compiere azioni proibite in mio nome, nessuno, in modo che ci fosse un doppio con il mio corpo, il mio cazzo, con le mani legate dietro alla schiena, i segni viola, i lividi di ogni errore che portavo con me, un ricordo, una magnifica e inquieta ossessione - Quanti melodrammi recitavamo io e Sara, a casa, per le strade, nella camera da letto e poi nei bar, quando l’alcol iniziava a fare effetto, luoghi che diventano un teatro perfetto per le nostre esplosioni di rabbia, passione, desiderio, odio, potevamo vedere le nostre emozioni prendere possesso di noi stessi, così frementi, intense, devastatrici, violente - E Chaz era ancora ubriaco, di mattina, seduto a un tavolino fuori del bar italiano, a bere birra e brandy per colazione e Tim gli si avvicinava, quasi senza peso, posava la custodia lurida del suo violino per terra, accanto al tavolino, si sedeva e si metteva a parlare con Chaz, chissà di cosa, pensavo, la prossima sbronza? Come trovare i soldi per farsi una pera? Chaucer? Bach? Schopenhauer?

Wibbs mi indicava una bizzarra e primitiva struttura di pietra, poi me ne spiegava l’origine, eravamo in un sogno e io lo ascoltavo e annuivo, poi c’era una fila di persone in marcia, nella penombra del fianco di una collina e una prospettiva all’interno del mio sguardo che cambiava in continuazione, da tridimensionale a piana, da piana a tridimensionale, avremmo di nuovo fumato changa e avuto visioni, c’era la presenza di un uomo defunto all’interno di un’armadio nella casa dove viveva Sara e la morte sorrideva e aveva mosche che le ronzavano sul capo in attesa che io la riconcessi e la salutassi con un cenno della mano, per poi sedermi da qualche parte, in silenzio, a bere con lei.


freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...