mercoledì 30 ottobre 2019

Bryn y Blodau #9

Terapie mitopoietiche del Dottor Ballard, accumulo di energia sessuale e sogni, le storie frammentate dalla mente, gli archetipi narrativi, gli oggetti sfuocati del desiderio, polluzioni notturne in ampolle di saliva e sperma, l’Alchimista e le sue capre, la Montagna Sacra nascosta dai veli di nubi orientali, messaggi criptati dalle banche della Coscienza Sotterranea, palazzi grigi, geometrie metropolitane in movimento, periferie londinesi di pioggia e droghe suburbane, la polvere azzurra e i suoi effetti, i progetti dinamitardi di Anthony, i suoi congegni elettrici esplosivi, le prove di insurrezione psichedelica, costruivamo gruppi di ribellione lisergica, gli enormi amplificatori a bombardare coscienze sul punto di aprirsi e modificarsi per sempre, non ci sarebbe stato ritorno scriveva Ian su un pezzo di carta prima di bruciarlo in un fuoco di lingue purpuree, espansione, espansione, urlavano in estatiche proteste gli studenti in rivolta dell’Università Balinese e se tutto fosse solo una creazione della mia immaginazione non era altro che il titolo di un seminario per scimmie e matricole arrapate, scenari pornografici nelle classi di astinenza e masturbazione, sacerdotesse celtiche scrutavano con occhi glaciali gli uomini ammanettati ai loro letti di piacere, i liquidi gocciolanti, i lenti orgasmi, inseguiti e poi lasciati esplodere in urla di luce e frastuono supersonico, traiettorie aeree di erotismo metallico, gli elicotteri della psicopolizia volteggiavano come enormi insetti affamati sulle verdi vallate oniriche, in cerca di piantagioni clandestine, gli alberi in fiore a nascondere amori fuggitivi, il ripetersi delle azioni pericolose, il disintegrarsi tossico di quelle nocive, linee, lettere, perimetri, formule fisiche alterate in ambulatori fatiscenti, alambicchi, provette, gas esilaranti, composizioni chimiche deviate, sintesi psicosomatiche, liberatevi dalla logica e ascoltate le voci che non esistono era la scritta che appariva nei cessi di una stazione di servizio ai limiti del deserto di Atacama, il biglietto lasciato cadere su un pavimento di privazioni dalla mano tremante di uno scrittore suicida, cosa accadrà dopo? Cosa accadrà adesso? Sospensioni cromatiche dei colori dell’alba, colpi di frusta a venire, cavalcami impavida in campi di gloria femminea, nuda e orgogliosa, i tuoi capelli di vento, indomita bellezza, madre perduta, figlia mai nata, figura danzante, musa addormentata dal profilo lucente di perla e sudore. 

lunedì 28 ottobre 2019

Bryn y Blodau #8

Le scie bianche e lucenti nell’azzurro profondo del cielo erano linee che congiungevano due punti sconosciuti sulla mappa mentale del mondo. Partenze e arrivi, decolli e atterraggi, gli spazi e i tempi sospesi di un aeroporto del passato. Mi piaceva arrivare in largo anticipo, prima del volo, sedermi da qualche parte in penombra, a bere birra o gin tonic, a leggere qualche pagina di un buon libro, a scrivere sul taccuino nero, a scattare fotografie di superfici e materiali, a fantasticare, ad assopirmi nel calore delle grandi finestre con i vetri oscurati.
I ritorni da Amsterdam, quelli ancora da compiere. Nel mio cuore c’era la strana certezza che, in un modo o nell’altro, sarei andato avanti senza più voltarmi indietro e che Roma sarebbe diventata un ennesimo arrivo, una tappa intermedia di un viaggio che era ormai il mio vivere.
Le strade, le città, i volti che apparivano nei sogni, in ruoli diversi, in vecchie abitudini, in prosaiche alterazioni, speravo che la maggior parte di quelli che mi avevano conosciuto si fossero finalmente dimenticati di me, le scie bianche nel cielo, le forme luminose di enormi uccelli metallici che uomini primitivi  avevano disegnato sui muri delle caverne del subconscio, le immagini di nuovi luoghi, misteriose esistenze che mi stavano attendendo, i miei giorni non erano altro che immersioni in oceani di pura immaginazione, poi ridevo, dentro di me, una volta seduto sulla calda sabbia del presente, di tutto quello che mi capitava, delle emozioni che ancora mi colpivano, dei miei bizzarri desideri, delle fantasie erotiche, lasciavo ogni cosa disperdersi nel mio cuore, i pensieri svanire dalla mente, i bisogni sgocciolare nella terra umida e bagnata.

C’era un altro me stesso, in questo preciso istante, seduto nella sala d’aspetto di un aeroporto del futuro, un bicchiere di vino bianco ghiacciato in mano, gli occhi protetti da lenti sfumate, la valigetta nera accanto alle gambe, la precisione dei dettagli è quella che è sempre mancata alle sequenze oniriche sospirava il regista e poi dissolveva il primopiano del mio volto con una ripresa aerea di una città mai conosciuta, sarò ancora qui, a perdermi nell’asfalto della miseria metropolitana, sarò ancora in fuga, fra alberi, fiori e misticismi acidi, le pietre su cui sono inciampato, quelle che ho afferrato in un pugno e scaraventato lontano, quelle che ho tenuto strette fra le dita prima di addormentarmi, gli ostacoli che la vita mi ha regalato, perché ogni sfida diventasse nei suoi caotici intenti un’indomita dichiarazione d’amore nei confronti dell’esistenza stessa.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...