domenica 16 giugno 2013

Amsterdam #26



Kira e Boris erano andati a passeggiare lungo i canali, la giornata era lucente, il cielo libero dalle nuvole, camminavano in silenzio e ogni tanto si guardavano negli occhi, quasi a misurare l’esitenza del mondo dal loro riconoscersi, camminavano piano. Si fermarono su un ponte, appoggiati alla balaustra bianca e arcuata, guardarono i riflessi di luce sull’acqua verde del canale. Boris disse che gli piaceva quella luce, quella qualità della luce, quando si rifletteva sulle superfici di metallo o di vetro o di plastica. Kira sorrise. Si avvicinarono un poco. Adesso erano quasi spalla contro spalla. Si guardarono di nuovo negli occhi. Pochi centimetri dividevano i loro volti, le loro labbra. Boris sentì nitidi e perfetti i battiti del suo cuore, più profondi, intensi. Non si baciarono e continuarono a camminare. Gli occhi di Kira erano come calamite, non riusciva a staccarsi. Arrivarono ad un coffeshop, si sedettero, Boris comprò un grammo di orange bud e due succhi d’arancia. Tornò al tavolo e rollò una canna. Fecero un paio di tiri a testa. Poi rimasero in silenzio a guardarsi e a sorridere.
Boris pensò alla mescalina, a come un giorno in cui l’aveva presa insieme a Kira i fiori sulla sua camicetta fossero diventati così splendenti, poi si erano iniziati a muovere, come in una immagine tridimensionale, si erano staccati dal tessuto e avevano brillato nell’aria. Pensava ai quadri di Vermeer, Rembrandt. Pensò a Van Gogh e Brughel.
Pensiamo spesso che la vita sia dolorosa.
Eppure rimane il dono più grande di tutti.

domenica 9 giugno 2013

Amsterdam #25



A volte i sorrisi delle persone sembrano dei ghigni deformi, pensava il ragazzo mentre camminava tra le stradine lungo i canali, guardando la gente che si aggirava intorno. guardava le loro facce, le mani che si aggrappavano alle bottiglie, dita che rollavano in continuazione sigarette di tabacco e canne.
Mat gliene passò una d’erba, fece tre tiri e la diede a un tipo che gli stava vicino, cappello da baseball e capelli luridi sotto. Il tipo sorrise, lui anche. Non un sorriso da squalo, nemmeno un bel sorriso, solo due labbra ebeti che avevano fatto un movimento. E’ pericoloso quando le persone smettono di sorridere o di farlo in maniera naturale. La maggior parte dei sorrisi era di plastica, li vedevi disegnarsi in maniera forzata e spastica su quelle facce di cazzo.
Il ragazzo chiese al suo amico se pensava che fosse necessario uno stato mentale alterato per fare conoscenza con gli altri, era la stessa cosa che essere lucidi, eppure prima di scambiare una parola con un tuo simile ti dovevi fare fuori alcol, canne, sigarette, coca, anfetamine. Era una presa per il culo l’abuso di sostanze. Il bisogno di sostanze. Eppure c’erano periodi che non ne potevi fare a meno e continuavi quel ripetersi di situazioni sempre uguali che solo le droghe facevano sembrare diverse. C’erano pure le volte che beccavi le persone giuste e fumare era una sensazione piacevole e rilassante, Non gli era mai piaciuto stare in mezzo a troppe persone. Continuavano a camminare. I vicoli sembravano stracolmi di turisti, le ragazze in vetrina non lo attraevano, stava pensando ad una ragazza che aveva visto al seminario di antropologia. L’aveva notata perché fuori dalla facoltà stava parlando con il professore e aveva percepito una particolare alchimia tra quei due corpi fermi a discutere. La ragazza aveva capelli lunghi, fino alle spalle, aveva osservato gli orecchini con il simbolo della pace che portava.
Il ragazzo e mat, tornarono a casa, si misero a vedere alcuni video su youtube, lui fece un’altra canna di un ottimo fumo marocchino, mat gli chiese se voleva rimanere a dormire da lui, gli disse che era una buona idea.
Quanto sarebbe durata ancora questa vita?

sabato 1 giugno 2013

Amsterdam #24



Sono stato all’isola del wight nel settanta – scriveva l’uomo sul suo diario, in un tavolino del Noon, mentre fumava molto lentamente una canna di white widow – insieme ad una ragazza, lei era più piccola di un paio di anni, scriveva delle splendide poesie, amava william blake e le sue visioni, avevamo degli acidi con noi e durante quei giorni suonarono jimi hendrix, i doors, janis joplin, dormivamo in tenda, non mangiavano quasi mai, vivevamo le nostre estasi dorate, l’acido che cambiava le prospettive e liberava le nostre percezioni i suo capelli erano cascate i suoi occhi laghi, sentivo così nitide le sue emozioni, non avevamo bisogno di parlare anche se la sua voce era una misteriosa melodia, mi raccontava della casa dove era nata, di suo padre, ogni tanto aveva suonato il basso in un gruppo e ricordo il rossore sulle sue guance quando le sussurravo i versi che lei aveva scritto e che avevo imparato a memoria, avevamo visto i pink floyd a londra dopo che avevamo preso della mescalina, eravamo giovani, non c’erano le gabbie della quotidianità, del lavoro, le illusioni della vita sembravano ancora così lontane, ci immergevamo nei nostri sensi, splendide visioni, eravamo alberi e foglie che nascevano, eravamo un sentiero dorato, una montagna lucida, eravamo il bianco della morte e lo splendore della rinascita, una volta la vidi splendere nella luce del giorno, le dissi qualcosa, non ricordo cosa, le tenni la mano e potevo vedere le sue vene scorrere, ci guardavamo negli occhi e il mondo intorno scompariva, la musica era ovunque e creava colori nella mente, ci guardavamo negli occhi ed erano così chiare le forme dei suoi sentimenti, un viaggio continuo, un viaggio meraviglioso e continuo… - l’uomo posò la penna sul tavolino, la canna si era spenta, la mise dentro un pacchetto di sigarette quasi vuoto, chiuse il diario, chiuse gli occhi, quei colori ancora brillavano nel fondo della sua anima.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...