martedì 28 febbraio 2017

Zion (2009)


Era estate e andavo a prendere il fumo vicino Ostia, dalle parti di Campo Ascolano, parecchio prima di Capocotta e c’era un tipo che aveva tirato su un capanno sulla spiaggia, vendeva panini e birra e anche da fumare. Era una situazione molto tranquilla, piacevole, la gente si rilassava e divertiva, c’era anche la musica reggae che usciva fuori da alcune enormi casse. Una bandiera con il simbolo dei pirati si muoveva nel cielo.

Il corpo elettrico vibrava nel sole. La pelle abbronzata. Il cazzo duro dentro il costume.

Scolavo birre su birre. Il caldo mi stordiva al punto giusto, mi piaceva quell’ebbrezza e i giochi delle labbra e delle mani e le improvvise erezioni e la voglia di scopare sempre e comunque e i pompini dietro una duna.

Tornare a casa con una sigaretta incollata alle labbra, le mani sul volante. L’odore dell’aria. Il vento nei capelli. Il torso nudo. Il sudore. Le attese.

Con Marco e mia sorella in quello stesso posto, a prendere il sole, Valentina che ride, io ho venti euro di hashish in mano, le sorrido, metto il fumo nello zaino, andiamo tutti a farci il bagno.

Quel giorno in cui c’erano solo la finanza e i carabinieri. E cercavano, tra le dune, sotto la sabbia, con i cani che scodinzolavano, forse perché erano mesi che non sentivano l’aria del mare. I verbali nelle mani delle guardie, mi sono seduto da una parte, ho visto la situazione, qualcosa di molto squallido e triste, il cielo si fece grigio, tornare a casa mi sembrò l’idea migliore.

Calda la sabbia, calde le tue mani.

Stappo una birra e ondeggio nella luce.

I colori si sfaldano.


Il futuro è adesso.

lunedì 27 febbraio 2017

dream #55



Sono in un prato insieme ad altre persone, è notte e siamo ubriachi, sono rimaste solo tre bottiglie di vino, una di esse è enorme, la stappo e tutti si avvicinano perché hanno una voglia irrefrenabile di bere, do un sorso e poi la passo, ne prendo un’altra e mi allontano, alcune persone mi seguono, la apro e il vino comincia a cadere sull’erba, due uomini si inginocchiano e lo iniziano a leccare come cani, guardo in alto, non ci sono stelle nel cielo – incontro Harry Love su una scala, dentro una casa, mi sorride, mi passa una busta da lettere con sopra il disegno infantile di una stella, poi si allontana, apro la busta, è piena di funghi magici essiccati – sul cellulare ci sono dei messaggi di mia madre, dice che è in partenza per Buenos Aires, sono seduto su una lunga panca di legno insieme a mia sorella, è notte, le faccio leggere il messaggio e ci mettiamo a ridere – vedo Barbara seduta su una scalinata, è buio, lei alza gli occhi e ci guardiamo, mi avvicino e le chiedo se aspetta qualcuno, mi dice di no, le domando se vuole fare una passeggiata, mi osserva silenziosa, poi si alza e ce ne andiamo insieme da quel luogo – siamo per strada e stiamo parlando, ogni tanto mi avvicino per baciarla delicatamente dietro al collo, la sua pelle e i suoi capelli sono continue scoperte, poi ci fermiamo ad un incrocio, mi giro improvvisamente per guardarmi dietro – sono in un letto da solo e non so più come raggiungerti.

giovedì 23 febbraio 2017

Penny (2009)


Penny era tornata da Amsterdam. Si era fatta un paio di settimane in Olanda, per spassarsela un pò, per parlare con alcuni distributori, per fumarsi della buona erba. Volevo molto bene a Penny, era una ragazza magica, i suoi sorrisi erano fontane di luce, i suoi occhi universi nei quali perdersi. Un paio di volte avevamo preso dell’acido insieme, non ricordo esperienze altrettanto emozionanti.

Ero seduto su una sdraia vicino alla piscina della villa nella quale vivevo. Un amico me l’aveva data in prestito per tutta l’estate, era un luogo perfetto per lavorare, il sole donava infinita grazia al corpo delle ragazze che fotografavo. Alcune di loro erano talmente belle che mi toglievano il respiro. Nei momenti in cui riuscivo a svelare i loro segreti avevo sempre l’impressione di assistere ad un miracolo. Quello della vita, della gioia, dell’amore.

Chiesi a Penny di accavallare le gambe, lei sorrise maliziosa e complice e si sfilò le infradito. Io fotografavo. Il pomeriggio stava per lasciare posto alla sera, i capelli di Penny avevano riflessi infuocati, i suoi occhi sprofondavano nella mia anima. Le chiesi altre pose, quelle in cui le si vedevano i piedi erano le mie preferite.

Penny si stava divertendo sul serio. Rideva e iniziò a toccarsi, si accarezzava piano, dolcemente. Io continuavo a scattare.

Mi guardava negli occhi. Un vibratore entrava ed usciva dalla sua fica.

Eravamo sdraiati sulle poltrone di vimini, sorseggiavamo white russian, la notte era arrivata, l’odore dei gelsomini apriva possibilità infinite ai nostri sensi, chiacchieravamo e ridevamo. Lei si fece più vicina. La presi tra le braccia, la sua testa si piegò sopra la mia spalla, le accarezzai un seno, aveva i capezzoli duri.

Mi fece uno dei suoi sorrisi.

Scolai il white russian e le sussurrai dolci parole nell’orecchio.

Il suo odore.

La presi per mano e le stelle mi sembrarono per un attimo ancora più brillanti.

Andiamo, disse.

Rimasi in silenzio e la seguii.


mercoledì 22 febbraio 2017

Babylon #1



Alterazioni emotive e crolli delle inibizioni, frammenti di piacere che si sciolgono fra le luci psichedeliche proiettate su una parete, il volto di Rebbecca così vicino e le labbra dello scrittore che si posano sulle sue, tutti i baci rubati e quelli dati per la prima volta, il doppio di Lynn che appare nella mattina, quando l’alba è  ancora nuda dietro i riflessi di una finestra e la musica continua a pulsare dalle enormi casse, Lynn e il suo doppio che camminano nella sala, con gli stessi movimenti del corpo e quel modo di fare così dolce, lo scrittore inizia a guardare la ragazza negli occhi e lei ricambia gli sguardi e si crea una connessione psichica e attraverso quei contatti visivi lo scrittore può guardarle dentro e quello che vede è meraviglioso e lei gioca sul pavimento, come fosse una bambina, le calze strappate all’altezza dell’inguine, le mutandine bianche tra le natiche, quando si piega in avanti e il suo culo è così invitante, i funghi magici in una scatola che la ragazza porta e che lo scrittore assume senza pensarci due volte, la realtà e il sogno cancellano le loro linee di confine, non ci sono frontiere all’interno della scatola cranica trasformata in una stanza dove ballare, il dj continua a modellare impulsi elettronici in musica, Mat mi fa un cenno con la testa, lo seguo, apre una bustina, lecca il dito, dice, mi infilo l’indice in bocca, poi lo metto nella bustina, polvere bianca appiccicata sul polpastrello, succhio, un po’ di speed, dice Mat, giusto per aumentare il movimento, bevo da un bicchiere di plastica, un sapore dolce e alcolico, gli abbracci con una donna dai capelli biondi, sento il suo respiro e i suoi seni contro il mio petto, sensazioni che irrompono improvvise nelle vene e nel sangue e sotto la pelle, i tuoi occhi sorridono, dice la donna, lo scrittore la bacia sulla guancia e poi si allontana, un fuoco arde in un bidone mentre le stelle sono ancora immerse nella loro splendente quiete e qualcuno parla e qualcuno ride e altre bustine e altre dita e altre sostanze, emmedì in gola, amaro, mentre scende e qualcosa diviene più leggero, i pensieri rallentano e la mente comincia a svuotarsi, le percezioni si modificano e diventano importanti ed essenziali le luci e i colori e i suoni e le emozioni, fluide e lente, che si espandono all’interno dei confini del corpo per poi oltrepassarli e perdersi negli spazi inventanti dall’immaginazione. Richie sta fumando nepalese e lo raggiungo, gli chiedo di passarmi la canna, mi siedo vicino a lui, sotto una grande tenda, è freddo, faccio un paio di tiri, poi mi alzo, vedo Rebbecca seduta su un divano, il cappuccio della felpa calato sugli occhi, la scrittrice si è allontanata per un attimo, c’è bisogno di distanze, a volte, anche da se stessi.

lunedì 20 febbraio 2017

dream #54



Una grande villa immersa nel verde, luce, alberi, uccelli tropicali, sembra di essere da qualche parte in Sud America, c’è zio Massimo che mi lascia le chiavi, perché deve andare via – è notte, sono con una ragazza dai capelli neri su un divano, in uno dei saloni, davanti ad una vetrata, vedo arrivare, fuori, una macchina, scendono dei suoi amici, poi cominciano a venire tante altre persone ed entrano una dopo l’altra nella villa, non mi sento tranquillo perché non ho la situazione sotto controllo e non conosco nessuno – passano le ore ed arriva la polizia, all’improvviso, le persone cercano di fuggire o nascondersi, la villa è piena di stanze, corridoi, porte e scale, ho una bustina di plastica in tasca, con dentro delle palline di hashish, quando mi accorgo che i poliziotti stanno entrando per fare una perquisizione la butto in un vaso pieno di terra – all’alba mi ritrovo da solo, vado su una terrazza e osservo un’altra villa, più in basso, c’è una piscina e delle persone intorno, alcuni uomini, vestiti in giacca e cravatta, tirano fuori delle armi e iniziano a sparare, corpi che cadono nell’acqua, rientro spaventato dentro una stanza e comincio a sistemare degli oggetti, voglio andarmene il prima possibile ma devo riordinare le camere e chiudere tutto – l’immagine di un’enorme fotografia commerciale simile ad una statua femminile, dai colori brillanti, impressa su una delle pareti della villa – un uomo con un vestito leggero, di cotone bianco, un panama in testa, stiamo aspettando una macchina, la memoria funziona in una maniera strana, mi dice, a volte i dettagli non sono come li ricordiamo e inventiamo storie che crediamo reali – sono in una stanza con il pavimento formato da assi di legno, il soffitto è spiovente, come quello di una mansarda, c’è una finestra orizzontale, una ragazza entra da una porta e ci mettiamo a parlare, seduti su un letto, poi mi fa spogliare e mi indica un gancio su una parete, immagino desideri fare qualche gioco particolare, le chiedo se prima vogliamo fumarci una canna, lei dice di si, prendo una bustina con delle palline di hashish da uno zaino che è sul pavimento, intanto lei esce ed entra Ben, un ragazzo alto, dai lunghi capelli biondi, si siede sul letto e comincia a suonare una chitarra, la stanza adesso sembra più grande e dove il soffitto si abbassa mi accorgo che c’è un altro letto dove Bea e Matty B stanno scopando, guardo Bea negli occhi, mi sorride, sorrido anche io, poi mi stendo sulla schiena sulle assi del pavimento, le pareti della stanza sembrano respirare.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...