Era estate e andavo a prendere il fumo vicino Ostia, dalle parti di Campo Ascolano, parecchio prima di Capocotta e c’era un tipo che aveva tirato su un capanno sulla spiaggia, vendeva panini e birra e anche da fumare. Era una situazione molto tranquilla, piacevole, la gente si rilassava e divertiva, c’era anche la musica reggae che usciva fuori da alcune enormi casse. Una bandiera con il simbolo dei pirati si muoveva nel cielo.
Il corpo elettrico vibrava nel sole. La pelle abbronzata. Il cazzo
duro dentro il costume.
Scolavo birre su birre. Il caldo mi stordiva al punto giusto, mi
piaceva quell’ebbrezza e i giochi delle labbra e delle mani e le improvvise
erezioni e la voglia di scopare sempre e comunque e i pompini dietro una duna.
Tornare a casa con una sigaretta incollata alle labbra, le mani
sul volante. L’odore dell’aria. Il vento nei capelli. Il torso nudo. Il sudore.
Le attese.
Con Marco e mia sorella in quello stesso posto, a prendere il
sole, Valentina che ride, io ho venti euro di hashish in mano, le sorrido,
metto il fumo nello zaino, andiamo tutti a farci il bagno.
Quel giorno in cui c’erano solo la finanza e i carabinieri. E
cercavano, tra le dune, sotto la sabbia, con i cani che scodinzolavano, forse
perché erano mesi che non sentivano l’aria del mare. I verbali nelle mani delle
guardie, mi sono seduto da una parte, ho visto la situazione, qualcosa di molto
squallido e triste, il cielo si fece grigio, tornare a casa mi sembrò l’idea
migliore.
Calda la sabbia, calde le tue mani.
Stappo una birra e ondeggio nella luce.
I colori si sfaldano.
Il futuro è adesso.