lunedì 30 ottobre 2017

Povero stronzo (2011)

Camminavo per i vicoli del centro ed era l’ora di pranzo e avevo bisogno di stare da solo, pensavo ad un posto dove andare e sono arrivato davanti alla chiesa di Santamaria in Trastevere. Sono entrato e c’era un buon odore, come d’incenso e quel silenzio che cercavo, ho fatto alcuni passi e mi sono avvicinato a delle candele, ne ho presa una spenta e l’ho accesa, lasciando una piccola offerta, volevo che quel bagliore illuminasse la strada di Maria se lei non mi avesse più voluto vicino.

Mi sono seduto su una panca e il silenzio continuava a proteggermi e a entrarmi nel cuore e ho pregato per lei, chiedendole perdono per il dolore che le avevo procurato e qualcosa si è sciolto, proprio al centro dello sterno e ho iniziato a piangere e insieme alle lacrime cadevano anni e anni di sofferenze, di paure, di rimorsi, di incomprensioni e di angosce, tutti quegli anni in cui mi sono nascosto senza mai aver avuto il coraggio di alzare la testa e andare avanti da solo, consapevole, lucido, in ogni istante di vita, in ogni singolo passo.


Finiscono le lacrime e una grande pace si espande dentro di me, colmandomi in ogni respiro che faccio. Dalle alte vetrate della chiesa la luce trasforma in oro le immagini di Cristo e dei santi, la luce trasforma in oro il mio volto mentre viene a posarsi su questo povero stronzo, fatto di sangue e di ossa, che continua a porsi domande alle quali non troverà mai una risposta.

giovedì 26 ottobre 2017

Carno


Campi di battaglia mentali, eserciti di idee e ossessioni schierati sui pendii delle colline psichiche, sfumature violacee nelle mattine inventate dalle pillole, non c’erano differenze tra alleati e nemici, perché ognuno era pronto a mentire e tradire, le bandiere venivano bruciate in un vento che le mani potevano toccare, all’interno di tunnel psichedelici si moltiplicavano strategie di annientamento, fra urla ed esplosioni che nessuno credeva reali, i colori si scioglievano e Glyn riempiva un altro bicchiere di vino mentre raccontava di un’operazione della polizia, quasi quaranta anni fa, quando fu scoperto un laboratorio segreto, all’interno di un vecchio cottage in campagna, per la produzione di massa di acido lisergico, migliaia di fogli imbevuti di LSD e le tecniche rivoluzionarie per far impazzire un’intera nazione, travestimenti e false identità e gas esilaranti lanciati contro la polizia, le barricate che il tempo avevo abbattuto e le foto di genitori e famiglie, i capelli lunghi e i vestiti colorati e le ombre di quello che era rimasto, aloni di luce che risplendevano nella memoria, una donna sarebbe venuta a prendermi con una macchina gialla, un nuovo contatto, i nuclei armati avevano scelto la clandestinità e le prossime droghe sarebbero state più micidiali e pericolose di qualsiasi arma meccanica, le valigette piene di soldi e viaggi in Sud America per scoprire antichi allucinogeni, tutta una generazione aveva attraversato il bordo dello specchio e si era persa in un mondo speculare e alterato, i racconti trascritti in codice su fogli bruciati, i denti neri di un uomo mentre si accende una sigaretta e inizia a parlarmi del passato e del futuro e di tutto quello che i giorni hanno nascosto, il cielo è di nuovo grigio e ci sono fotografie che attendono di essere appese, un obiettivo che non cattura nessuna immagine, le sbronze che diventavano teatri di improvvisazione, maschere che tenevo nascoste in una stanza segreta, gli stivali neri in un angolo, le diapositive oniriche che disturbavano le normali percezioni, interferenze erotiche, accumulo di energia, riflessi di dita e macchine da scrivere, i semi del nostro abbandono, la luna piena nel cielo, i canti che la gioventù aveva scritto con il sangue delle rivolte.

martedì 24 ottobre 2017

dream #76


Sono in una stanza insieme a una ragazza e lei mi sta ordinando di fare alcune cose. Sono nudo e in ginocchio e ho il cazzo duro. Lei prende un frustino di pelle e inizia a colpire ritmicamente la punto rossa e gonfia del mio pene. Poi si siede e accavalla le gambe, ha degli stivali neri, comincio a leccarglieli mentre si rolla una sigaretta di tabacco – qualcuno bussa alla finestra, mi alzo e vado a controllare, è Lynn, sono sorpreso di vederla, mi dirigo verso la porta e la apro, lei entra, dicendomi che è arrivata in anticipo, nella stanza ci sono solo io, completamente vestito – cammino per una strada vicino alla casa di mia madre, c’è un albero con dei lunghi fili elastici attaccati ai rami, li afferro e inizio a saltare, sempre più in alto, arriva mia sorella, mi fermo e la saluto, poi entriamo in un negozio, lei si mette a parlare con alcune ragazze, io rimango seduto da una parte in silenzio, poi usciamo, le domando se è incinta, un poco, dice lei, sorridendomi – sono in un treno, sto tornando da un concerto dove sono stato con mia madre, abbiamo bevuto birra e ascoltato un ottimo gruppo musicale, fuori dai finestrini appaiono improvvisamente i palazzi e gli edifici di una città sconosciuta, mi addormento, poi sento qualcuno che mi scuote la spalla, è Alessio, è seduto davanti a me e mi dice che dobbiamo scendere, quando siamo fuori dal treno mi accorgo che non è la stazione giusta ma non sembra avere importanza – sono per strada e c’è un uomo bengalese che sta correndo mentre un altro lo insegue urlando di fermarlo, riesco a bloccarlo quando mi passa accanto e in mano ha un portafogli rubato, lui si mette a piangere dicendo che gli dispiace, ci raggiunge anche l’altro e cominciamo a camminare insieme, ci fermiamo davanti a un albero e uno di loro tira fuori da dietro il tronco un fucile e una pistola finti, me li fanno vedere e mi viene da ridere, poi quello che avevo fermato mi dice che il portafogli era il mio, mi metto una mano nella tasca posteriore dei pantaloni ed è vuota – continuiamo a camminare lungo strade diverse, li sto seguendo perché vogliono farmi conoscere il loro capo, arriviamo davanti a una serranda abbassata, bussano, qualcuno la apre, entriamo, c’è un uomo con i baffi seduto su una poltrona, una giovane ragazza orientale inginocchiata al suo fianco, lui mi fa cenno di accomodarmi su un divano, mi dice il suo nome, poi inizia a parlare senza emettere alcun suono.     

lunedì 23 ottobre 2017

Liberty Caps #2


Nervature d’inchiostro sulle pareti bianche, disegni d’insetti tridimensionali in linee di fumo, cuscini addormentati come gatti sul divano, gli oggetti sembravano possedere una loro personalità e ne scorgevi i volti: sedie, poltrone, armadi e maniglie. Le superfici di legno e plastica si muovevano lentamente, i materiali si rimodellavano in nuove fantasie colorate, era come osservare qualcosa sotto la superficie dell’acqua mentre ondeggiava seguendo il flusso delle correnti marine. Posare i piedi nudi sulla moquette e lasciarci sopra delle impronte, come se fossero assorbiti da essa, c’erano movimenti nei limiti dello sguardo e una luce che pulsava e sfumava nei tessuti e pensieri tentacolari che si aggrappavano alla mente cercando degli appigli nei ricordi, respiri che diventavano più scuri e profondi, un senso di tristezza e i volti delle donne e il loro amore e anche il modo in cui si legavano al tuo cuore, erano semplicemente diverse, bisognava accettare quell’essenza anche se una parte di essa era già presente dentro di me, non avrei mai potuto abbandonarla, intuizioni femminee e giochi d’infanzia e anche risate e sospiri e poi lasciare quelle immagini e rimanere solamente a guardare la magia di un mondo e una realtà in continuo mutamento, essere sospesi e presenti in una nuova dimensione e ammirarla come se fosse la prima volta, parlavamo con esseri inesistenti solo per provare a noi stessi che nulla era vero, regni di immaginazione, infinite città di sogno.

venerdì 20 ottobre 2017

freewheelin' #32


Alcuni pensieri avevano fatto irruzione nella sala controllo della scatola cranica, avevano ammanettato e imbavagliato i presenti e si erano impossessati dei comandi cerebrali. Era iniziato un discorso immaginario tra il fotografo e qualcuno che voleva infangare il suo nome, uno scandalo sarebbe stato quello che ci voleva, per avere un po’ di notorietà, con repliche e attacchi e insulti. I momenti sospesi in cui mi ero ritrovato in delle stanze circondato da altre persone che parlavano di una marea di stronzate inutili, così tante che mi sembrava di affogare fra le loro voci, il vento continuava a trasformare le foglie in ballerine impazzite e isteriche, improvvisamente il sole si mostrava, una divinità che ogni essere vivente si prostrava per adorare, i piedi nudi di una ragazza sulla moquette che ricopriva il pavimento della camera dei giochi, qualcuno aveva pubblicato immagini oscene di pecore sodomizzate da contadini sotto l’effetto di sostanze sconosciute, una nuova operazione Julie ci sarebbe voluta, aveva gridato una donna sul punto di levarsi le mutandine per farmele odorare, un’altra si era accovacciata e aveva pisciato per strada, guardandomi negli occhi, un rospo era rimasto immobile sulla terra, completamente mimetizzato fra i colori del suolo, solo due puntini rossastri tradivano la sua presenza, le minacce erano terminate e con loro la ramificazione delle possibilità di inventare scenari psichici inesistenti. C’era stata una mostra cinematografica in una città abbandonata, devastata anni prima da una esplosione nucleare, gli schermi bianchi erano stati dipinti con vernici atomiche, qualcuno si divertiva ad accendere e spegnere il proiettore, spettatori schizofrenici in preda a crisi epilettiche, dottori con siringhe ipodermiche che si iniettavano i propri veleni, la giuria era composta da due scimmie danzanti, che provavano piacere a grattarsi il culo a vicenda, qualcuno è salito sul palco e ha distrutto un premio di vetro e cenere, lo scrittore osservava le tendine della propria stanza, le geometrie cromatiche che si muovevano ed emanavano bagliori rossastri, una maschera lo aveva masturbato nel bagno di una stazione ferroviaria, la sborra che colava densa come vernice, appiccicosa come silicone, fermate quell’uomo ha ordinato una donna vestita di pelle nera, le manette che scattano ai polsi, la cella di isolamento, ora ci appartieni è scritto su una delle pareti, vieni fatto spogliare e loro ti ispezionano, una bomba era esplosa nel buco del culo di una metropoli dell’Occidente Organizzato, i superstiti si erano tolti la vita da soli, l’utopia di una strage negli sguardi bianchi di manichini inginocchiati nel sangue.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...