venerdì 30 novembre 2018

freewheelin' #43

Imprigionato in un’ossessione, nell’inquadratura di uno sguardo immutabile, nel regno dei fantasmi affamati, nei luoghi in cui i desideri diventano proiezioni mentali e le fantasie erotiche accavallano le gambe, si sfilano gli stivali di pelle nera e ti mostrano i loro piedi nudi, perfettamente disegnati da divinità sadiche e intoccabili. I lati della stanza esagonale rappresentano i diversi limiti delle tue perversioni, oscure fantasie, ombre che sussurrano nella notte, travestimenti alchemici, formule e cabale e sacerdotesse in costumi piumati, anelli e catene, strumenti punitivi, corde, pesi, candele che gocciolano piacere su pavimenti di legno e sudore, i ritmi ipnotici dei colpi, una nuova dimensione che dischiude i propri confini, si sfaldano le frontiere percettive e non si sono più divisioni, scivoli fuori dai mondi ordinari per perderti in quelli del subconscio, le fiamme sono danzatrici nude dai contorni infuocati, gli schiocchi della frusta e i lividi viola, le lingue si insinuano in cavità bagnate e umide, pulsazioni purpuree, dilatazioni, contrazioni marine, odori floreali come presagi di orgasmi e morti istantanee, libri segreti, sotterranei pornografici, corriamo inseguiti dalle nostre paure, lo specchio e il suo doppio, conversazioni mentali,  un’immagine proibita e quella successiva, ripetizioni, frammentazioni, giovani divinità dalle caviglie dorate, ogni zona di frontiera che attraversiamo, ogni risveglio che solo i sogni  possono rendere reale.

martedì 27 novembre 2018

Love after love




The time will come 
when, with elation
you will greet yourself arriving
at your own door, in your own mirror
and each will smile at the other's welcome,

and say, sit here. Eat.
You will love again the stranger who was your self.
Give wine. Give bread. Give back your heart
to itself, to the stranger who has loved you

all your life, whom you ignored
for another, who knows you by heart.
Take down the love letters from the bookshelf,

the photographs, the desperate notes,
peel your own image from the mirror.
Sit. Feast on your life.

derek walcott

sabato 24 novembre 2018

freewheelin' #42

Infiniti movimenti elicoidali per trasformare i flussi delle maree in energia elettrica, progetti sussurrati in prismi di luce perché le interpretazioni possano diventare codici del futuro, assassini su tappeti di note fiorite, enormi carghi solcavano le onde dell’oceano per trasportare barili di olio e miele, pece e oppio, le foreste che si estendevano lungo i confini onirici fra Zambia e Mozambico, gli studi di biologia marina e gli squali dalle fauci taglienti come arcobaleni carnivori, scie di sangue, sottofondi musicali da osservare attraverso vetri appannati, ambigue composizioni epidermiche, tavoli di legno che ruotavano in direzioni antigravitazionali, sciogliete le briglie, gridavano impazziti gli attori sul palcoscenico desolato della loro follia, non abbiamo più bisogno di architetti e ingegneri, le prossime rivoluzioni industriali le faremo a cazzo dritto, rispondevano uomini mascherati dietro un sipario ancora da strappare, poi gli inni di gloria che i soldati cantavano nelle estenuanti marce notturne, le finestre che nessuno aveva più aperto, i romanzi in fiamme, scatole craniche e fucilazioni iperboliche, i funambolismi lessicali e visivi delle avanguardie storiche appesi ad asciugare su fili di ragnatele scismatiche, le troie dai tacchi a spillo che applaudivano parate falliche di subdoli simboli del subconscio, il rumore del vento sulle spiagge desolate, i giorni, i mesi e gli anni che sono stato lontano da te, cercavo ancora di raggiungerti, in un modo o nell’altro, cercavo ancora di abbracciarti fra una sconfitta e un suicidio di emozioni sintetiche, scivola lento questo tramonto di seta, sulla la tua pelle che vibra in frantumi di nudo splendore.

giovedì 15 novembre 2018

freewheelin' #41

Stazioni ferroviarie immobili nella luce del giorno e dell’estate, una voce sconosciuta che galleggia nell’aria, i momenti trascorsi nelle spiagge solitarie della mente, le isole di idee e percezioni interiori come scintille di diamanti di pura meraviglia su fili d’erba in movimento, ogni prato una creazione di eterno e instabile splendore, una testimonianza a colori di una divinità perduta. Si manifestavano ancora, durante la notte, i sogni di sabbia e cemento, architetture    di pensieri sul punto di crollare nell’incastro di frasi senza struttura logica, l’attesa su panchine dipinte di nero, i nomi incisi, i simboli, le svastiche, le rune, i fuochi di significati che solo il buio avrebbe svelato, le rotaie di acciaio, linee parallele su traversine di legno bruciato, treno dopo treno, paesaggi lunari in dissolvenze incrociate, occhi chiusi e macchie di colore pulsante, vecchie canzoni come graffi sonori su vinili impolverati, nuove stanze ti avrebbero accolto, rumori metallici come urla di catastrofi siderurgiche, testimonianze scritte nell’ignoto susseguirsi delle ore e poi liberarsi da tutto, dai saluti, dagli addii, dagli abbracci e dalle dichiarazioni d’amore, il passato tornava sotto forma di sequenze oniriche, il calore delle mani, quello nelle vene, eravamo all’interno di un sogno senza più risvegli, le urla davanti a una casa nera, i giorni che hai attraversato contando gli intervalli di tempo tra una dose e l’altra, fra una fuga e quella successiva, i ripari, i templi di quiete elettronica, modulazioni ondulate, pulsazioni sferiche, contrazioni ritmiche come meduse impazzite, gli acquari pieni di volti senza respiro, i ponti immaginari su città di ombre e pioggia e neon sintetici, i ragazzi manipolavano la loro giovinezza nell’attesa che le droghe facessero effetto, lo senti ancora l’odore della sua pelle? Il contatto del suo corpo? Metti alla prova te stesso in ogni deriva possibile, in ogni finzione esistenziale, quanto rimane di ciò che avevi sempre creduto reale? Ogni luogo scompare nel momento stesso in cui decidi di partire, l’andare avanti disegnerà altre simulazioni di evasione, ricordati di guardarti intorno solo per dimenticartene al prossimo sbattere di ciglia, un elastico abbandonato per terra, la sborra nei coglioni, le sbarre verdi, le prigioni che le abitudini sotterrano perché l’inconscio non possa scappare, sprofondiamo in un abisso di amniotica bellezza, inspira, espira, capovolgi il mondo perché tutto torni ad esserne origine e fine.

sabato 10 novembre 2018

Artist Valley #13

Abbiamo un problema con i rumori di fondo, disse Richie, il continuo lappare di Jasper the dog ricorda troppo il suono di una fica che viene leccata e crea vibrazioni dissonanti nella mente dello scrittore, possiamo risolvere il tutto nella colonna sonora, disse Mark, usando qualcosa della fine degli anni sessanta, tipo rock psichedelico, ho un’idea migliore, aggiunse Toby, perché non mixare la musica e il cane e inserire immagini pornografiche che suggeriscano nuovi significati? Vedremo, disse a bassa voce il produttore, dando una lunga tirata al suo enorme sigaro.
Erano svaniti i sogni e le case e i momenti dell’infanzia e del sole e del calore nel corpo, le voci della sera, le rondini veloci nel cielo, i visi familiari, le reti di protezione con cui qualcuno ti aveva avvolto con la paura che questo mondo fosse troppo diverso da te, ti sarebbe servito molto coraggio durante gli anni dei cambiamenti e ogni cosa sarebbe poi scomparsa per riaffiorare in immagini mentali, in quel vasto oceano che è la memoria, maree di ricordi, volti che prendevano forme ormai dimenticate, scenari metafisici, vuoti e spazi narrativi che lo scrittore avrebbe riempito nelle sue notti insonni, seduto in una piccola stanza, a raccogliere parole da angoli e fessure, interi libri mai scritti, intere biblioteche disposte in infinite linee di fluida immaginazione.
Camminavo con Mark lungo i sentieri di esperimenti ambientali e scientifici, utopie naturalistiche e comunità lisergiche estinte, chi erano stati i fondatori? Dove erano finiti? C’era una foto attaccata ad una delle pareti di legno di una piccola casa, scattata ancora prima che la sua realtà fosse cambiata e ricostruita, c’erano progetti che appartenevano all’ordine dell’illusione e qualcuno che si sforzava costantemente di unire atomi in strutture molecolari che divenissero visibili e perciò concrete, Mark mi raccontava alcuni fatti mentre la voce di Garry aleggiava nell’aria, uscendo fuori da qualche altoparlante sistemato fra gli alberi, abbiamo sperimentato il cinema nascosto, diceva Mark, le persone volevano un’esperienza che fosse totalmente immersiva, non gli bastava più guardare,  volevano sentire, essere parte, oltrepassare lo schermo e diventare luce in movimento, poi siamo passati al cinema proibito e qualcosa è andato storto e non siamo stati più in grado di controllare quello che avevamo intenzione di fare, alla fine ho deciso di mollare tutto e me ne sono andato a vivere fra i boschi e non ci sono stati più fotogrammi a cercarmi, produttori psilocibinici sempre sul punto di cambiare colore, le giornate sono lente adesso e io non ho più fretta di andare in nessun luogo. 
Siamo tornati nella stanza centrale di un basso edificio, abbiamo preso da bere e ci siamo seduti ad un tavolo, continuando a parlare. Oltre le vetrate alla nostra sinistra c’era una specie di giardino zen minimalista, con le pietre e l’acqua e l’idea che nulla fosse destinato a durare.

Penso che dovremmo tentare, dissi a Mark, un ultimo spettacolo, prima che le fondamenta di questo mondo inizino a tremare.

lunedì 5 novembre 2018

freewheelin' #40

Travestimenti psichici per affrontare le fredde vie delle metropoli del futuro, vuoti e silenzi, le pagine di un diario, i segreti nascosti nel fondo oscuro della nostra anima, ci avrebbero pensato gli alcolici a perforare barriere e false reti di protezioni, ci si dimenticava di se stessi, del dolore, dei propri fallimenti, ci si abbracciava in stati di ebbrezza progressiva, la musica e le danze estatiche, i vuoti di memoria, le pisciate inconsce su pavimenti di privazioni, il doppio dello scrittore si aggirava in costume in una Venezia ottocentesca, abile sarto in cerca di una nuova occupazione, i tessuti pregiati e i vestiti dai mille colori, pronti per essere confezionati e venduti, creazioni su misura di eccentriche personalità misteriose, qualcuno lo stava accompagnando alla sua nuova sistemazione, attraverso palazzi dalle forme arabe e bizantine, il desiderio di ricominciare tutto da capo, in altre vite e altri corpi, la necessità di fuggire, le bugie come passaporti per terre lontane ed esotiche, c’erano i libri e i romanzi per riscrivere ogni possibilità che non avevamo mai avuto, le donne in divisa con le manette e i guanti di pelle nere, le fantasie proibite, le ipotesi e le speculazioni per chi non era più qui, le strade fluide che si scioglievano in riflessi d’acqua, i pensieri come cumuli di immondizia da buttare via in qualche discarica emotiva, gli psicologi della quinta dimensione spalavano tonnellate di psicomerda da cumuli di esistenze marce e in avanzato stato di psicoputrefazione, ne avevo le palle piene dei problemi altrui, a fare finta di ascoltare ci si imbastardiva dentro, li alleggerivo ancora i cuori delle persone, le sfioravo ancora le loro anime ferite, ma c’era un mondo di quiete di cui solo io avevo il libero accesso, mi ci rifugiavo in momenti di magnifica solitudine, quando tutto splendeva, un’unca luce e un solo respiro.

sabato 3 novembre 2018

Artist Valley #12

Toby stava parlando al telefono con qualche produttore e intanto si aggirava nello spazio filmico della sua mente, passando da un’inquadratura all’altra come fosse un linguaggio di immagini proibite, la sua voce si attardava in significati lessicali che il tempo avrebbe poi tradotto in sequenze di un progetto audiovisivo di cui la natura sarebbe stata la protagonista assoluta. Era il flusso stesso della vita che andava catturato, il suo manifestarsi in particolari di luce e ombra. Le scintille improvvise sulla superficie ondulata dell’acqua. Toby era davanti al computer e assemblava fotografie in grotteschi scenari post industriali, i colori trascendevano cromatismi magnetici, fluidi adrenalinici scivolavano sulle pareti di acciaio pesante, forme apocalittiche di centrali nucleari sui bordi atomici del futuro, simbiosi, trasmutazioni molecolari, nomadismi iperbolici nelle scissioni a bassa temperatura, gli esperimenti spaziali, le tute bianche e gli sguardi in macchina, continua a girare suggeriva un assistente dalle sembianze metamorfiche, evolversi, evolversi, era l’appello delle entità aliene che trascrivevano complessi scenari geometrici in serie interminabili di combinazioni binarie, prossime partenze per l’India, il Nepal e le foreste amazzoniche per realizzare documentari sciamanici, riprese in volo e primi piani di insetti giganti, foglie e schemi di registrazione, cliniche asettiche, corridoi imbottiti, John mi passava una pasticca, la spezzavo a metà e ne inghiottivo una parte, beatsviolenti e martellanti nell’oscurità, le oscillazioni del fuoco e quelle dei corpi, stelle nel cielo, nuvole e masse di buio, tenui respiri e fiumi ininterrotti di parole, ricordi, drammi infantili, John annuiva e intanto mi dava un po’ di erba per rollare una canna, bisognava spogliarsi dalle proprie inibizioni, uno strato alla volta, fino ad arrivare al centro pulsante del proprio essere, assumevano droghe per questo, sperimentalismi psicologici di matrice chimica, mi trovavo d’accordo con lui e annuivo in silenzio, sapevamo entrambi che la strada del ritorno poteva essere ritrovata e che le probabilità di perdersi per sempre erano le stesse. Gli uccelli tessevano richiami e sonorità ancestrali nell’alba, guardavo il mondo svelarsi ai miei occhi, i pensieri galleggiavano, qualcuno ci avrebbe detto cosa fare e finalmente avremmo capito. O più semplicemente dimenticato.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...