Ero
seduto sulla sabbia, mio padre disegnava un cerchio con un bastoncino di legno,
poi lo divideva in quattro parti, questo è il mondo, mi disse, è fatto per
tre quarti di acqua e per uno di terra, il cielo era nuvoloso, ma non avevo freddo,
intorno c’erano alti muraglioni di roccia e un immenso arco naturale che non
smettevo di guardare, mio padre mi chiese se volevo fare una nuotata con lui,
non avevo ancora imparato, perciò si mise a gonfiare un piccolo canotto di
gomma, colorato di giallo, rosso e turchese, ero ancora seduto e lo osservavo
fare. Poi mi sono alzato e l’ho seguito verso la riva, il mare era di un blu
scuro, carico, mi metteva un po’ paura, però lui era vicino a me e questo
doveva bastare, si infilò le pinne, poi sputò nella maschera e la sciacquò
nell’acqua, se la mise insieme al tubo per respirare, prese la cordicella che
aveva legato davanti al canotto e lo trascinò dalla riva nell’acqua, mi fece un
cenno con la testa e io lo seguii, entrai nel mare e mi aggrappai alla parte
posteriore del canotto, intanto anche io mi ero messo la maschera e il tubo,
imitando i suoi gesti. Lui iniziò a muovere le gambe e cominciammo a scivolare
sulla superficie calma dell’acqua, guardavo sotto, con le mani attaccate alla
plastica del canotto, la sabbia, il fondale, ci allontanavamo piano dalla riva
e sotto di me le cose iniziavano a sprofondare, tutto divenne più brillante, i
riflessi, i giochi di luce, il sole doveva essere uscito dalle nuvole, il cuore
mi batteva forte ma sapevo che lui era lì e che non correvo nessun rischio, mi
sono tranquillizzato, non vedevo più il fondo, solo una meraviglia fatta di
scintille e tonalità di azzurro e blu, poi andammo verso i faraglioni e ammirai
le rocce e le alghe e i piccoli pesci che nuotavano, iniziai a sentire freddo e
alzai la testa, dissi a mio padre di tornare indietro, ci girammo, vedevo la
spiaggia, le piccole figure che dovevano essere uomini e donne, tenni la testa
fuori, quelle sagome diventavano sempre più grandi, cercai la figura di mia
madre, che ci aspettava lì, ma non la riconobbi, poi mio padre mi fece un segno
con la mano e io capii immediatamente, guardai di nuovo sotto e lui si stava
immergendo, lo vedevo muoversi come al rallentatore, i colpi delle gambe, le
pinne che si arcuavano, toccò il fondo, ormai ben visibile e raccolse una
conchiglia, poi tornò verso la superficie, alzai di nuovo la testa, ci
sorridemmo, mise la conchiglia dentro il canotto, riprese la cordicella e ci
dirigemmo verso la riva.
Arrivammo
sulla sabbia, avevo la pelle d’oca, mio padre andò a prendere un telo e me lo
mise intorno alle spalle, che meraviglia quel calore, mi diede la conchiglia
che aveva raccolto e mi prese in braccio, gli passai la mia mano di bambino
sulle guance, non dimenticherò mai il contatto della sua pelle.