martedì 26 novembre 2019

Bryn y Blodau #12

Lettere dal passato, sgomberi imminenti, uffici governativi a due piani, connessioni telepatiche con i membri di organizzazioni psichiche sovversive, i campi di addestramento trascendentale nascosti nella giungla peruviana, avremmo aggiunto nuovi punti sulle nostre mappe cognitive, diceva pacatamente un curandero seduto su un pavimento di terra e polvere, nuovi luoghi segreti per le nostre cerimonie, gli sciamani del terzo millennio si stavano preparando, ci sarebbe stata una rivoluzione nel cuore, con danze e canti e uomini appesi per i capezzoli ai rami di alberi centenari, l’energia che nasceva in centri colorati e pulsanti e si diffondeva nel corpo, i discorsi, le donne e le loro lacrime, la pelle, i capelli, le preghiere, i rifugi sotterranei, nel subconscio, nei territori astratti di creatività deviate, gli spazi vibranti di un sogno, nel quale mi spostavo e nel quale finalmente mi ero fermato a vivere, trasformando le strutture morbide di realtà parallele in perimetri di fluida incertezza, ogni cosa mutava, svaniva, si ripeteva all’infinito, cambiata, ingannevole copia di ciò che la aveva preceduta, ogni respiro poteva essere l’ultimo, sorella mia, bisognava essere pronti, a lasciarsi il mondo dietro, così come lo avevamo sempre conosciuto, un film di desideri e illusioni, un gioco di ombre ed echi, gli attimi di lucidità, la chiarezza interiore, le direzioni che avremmo scelto per arrivare dove non avevamo mai immaginato di farci crucifiggere, le spie che mi guardavano da dietro la tua testa piegata, lo spaccarsi delle nuvole nel cielo, le esaltazioni sulfuree, gli antichi rituali in contrasti cromatici di piacere e dolore, le zone inesplorate di illeciti continenti orgiastici, le droghe e le tecniche di manipolazione tattile, atti di masturbazione forzata, gemiti e agonie, le accuse dei sentimenti, le prigioni segrete della nostra memoria.

lunedì 25 novembre 2019

senza titolo

ed era maggio e ci stendevamo su coperte e pelli di bisonte e la terra era sotto di noi e la sentivamo fremere nei nostri corpi abbracciati, affondavo il mio volto nei suoi capelli e poi lei piano si girava e apriva le palpebre socchiuse e osservavo nei suoi occhi un universo di meraviglie e sfumature lucenti, il suo mondo, la sua vita, una timida ragazza che scopriva l’amore, una donna anziana che rideva in disparte del suo cedere ai piacere dei sensi e il tempo, il tempo che ho visto scomparire e fuggire lontano, in ore che non avrei più potuto riconoscere se non dalla misura dei miei respiri, ormai così espansi da assorbire gli alberi e le rocce e i canti festosi degli uccelli e il richiamo delle nuvole e le sinuose carezze del sole e lei era ancora addormentata sul mio petto, la testa che si alzava e abbassava al ritmo dei miei polmoni, il quieto smarrirsi di tutto quello che abbiamo sempre creduto di essere, le mie dita che scivolavano piano fra le sue linee e i segreti che rivelavano, in un giorno perduto di primavera che ancora mi fiorisce dentro.

venerdì 15 novembre 2019

Newport Sands

Sentieri sinuosi, serpenti di sabbia, dune mosse, le scie di fuoco nell’aria, la realtà in movimento, oscillazioni psicotrope, il vino, le birre, le memorie rinchiuse in clessidre rampicanti, giardini pensili in caduta libera, associazioni e deviazioni, i corpi nudi fra le onde, le scogliere luminose, la linea dell’orizzonte sulla quale il sole si schiaccia in un morbido tramonto, circonferenze esoteriche tracciate sulla sabbia, gli aquiloni volteggiano lungo traiettorie psicotiche, rumori plastici e metallici, ipocondrie vegetali, carene, ancore, le storie dei marinai perduti, morenti flagellazioni estatiche, punizioni, latrine e oscenità latenti, lei che apre la bocca, gli occhi bendati, la punta del mio cazzo che scivola dentro le sue labbra, la lingua che saetta incontrollata, l’energia sessuale traccia percorsi di frustrazione e piacere, il suo culo poggiato sulle mie palle, ci abbracciamo e ci addormentiamo, l’impulso improvviso di un’erezione, i pensieri sfumano in colori chiari, le foglie e l’erba che ondeggiano in sinfonie visive, i suoi capelli su cui facevo scivolare le mie dita, mi sentivo ancora un ragazzo accanto a lei,  incomprensioni e cadute, una danza di attimi che finiranno dispersi fra sottili strisce di luce, la penombra, il suo calore, la stanza in cui sei tornato, quella in cui adesso ti trovi, le vie di città sciolte nel bianco dell’estate, gli appuntamenti dimenticati, i colloqui d’ira e rancore, i volti, le facce, le espressioni costruite da maschere meccaniche, fisionomie grottesche, carnevali, storpi saltellanti ebbri d’assenzio, parcheggi privati seppelliti sul limitare di metropoli nascoste dai fumi di industrie vaganti, le mine inesplose, le bombe addormentate su inesplorati fondali oceanici, echi e misteri, solventi chimici come trucchi di un inferno estetico, gli stimoli elettrici, le nazioni in rivolta, il tempo che assolve ogni nostra possibile condanna, giudizi sospesi, giardini morali pensili, lacrime e insicurezze, progressioni emotive eseguite su sintetizzatori sintetici, lo sguardo vacuo di un assassino annoiato, l’accadere di un gesto, troverai una ragione, prima o poi, per lasciarti tutto alle spalle, raccontami di te, degli anni e delle guerre, di ogni amore che le tue gambe aperte hanno conosciuto, di ogni carezza che il destino ti ha negato, delle tue sigarette rollate a mano, delle tue preghiere davanti a un fuoco che sentivo ardermi nel cuore.

giovedì 14 novembre 2019

Bryn y Blodau #11

Crisi isteriche notturne, ketamina in circolo, risate psicotiche come echi di frasi spezzate, corrosioni neuronali, cortocircuiti sinaptici in cervelli alterati, lo spazio circoscritto da un’avanguardia rurale, maschere e travestimenti, gli enormi amplificatori, le gigantesche casse, le vibrazioni sonore, le apparecchiature elettroniche, il giorno e la notte e il loro sovrapporsi, il continuo vociare, le scie bianche dei pensieri, i cerchi di fuoco, gli equilibristi della psiche in erezioni circensi, circoncisioni e circonferenze illusorie, le geometrie cognitive tessute nell’aria, i cessi di legno, le teste di pesce che parlavano da vasche di immaginazione privata, deprivazione e depravazione, toccheremo ancora il fondo, disse qualcuno, poi le letargiche attese nascosto sotto coperte e pelli di bisonte, le pianure selvagge di luoghi mai esistiti, le interminabili discussioni con Ian, le bolle di pensiero, una dentro l’altra, scatole cinesi e bambole russe in estasi sessuali da rivoluzione bolscevica, non c’è via di uscita e nemmeno d’entrata, disse sogghignando un uomo dai baffi a manubrio, poi fughe e biciclette smarrite su strade in cui l’estate non sembrava mai terminare, mio padre e mia madre ancora in viaggio oltre ogni mio possibile sentimento, ci saremmo scritti e rivisti nei sogni, ci saremmo lasciati andar via, i nuovi incontri annulleranno il tempo e il suo ciclico danzare, stretti l’uno all’altra, io e Samara, attraversavamo superfici epidermiche e sentimentali, ci sorridevamo, ci ignoravamo, ci abbracciavamo di nuovo in una folle intensità di azioni ed emozioni sul palcoscenico della sua casateatro, una donna era un vortice che lasciava il mondo in perenne rotazione, attrazioni e repulsioni, planimetrie agricole rivoluzionarie e guerriglie spirituali, red path, canti indigeni, numerologie cabalistiche, gli alberi fluttuanti in realtà parallele, identità multiple, lo scrittore era qui, la penna e il taccuino nero e sarebbe stato ancora lui l’origine e la fine di ogni parola amata e perduta.

mercoledì 13 novembre 2019

freewheelin' #49

Berlino città distrutta, dai sogni grigi di topi in divisa, una stanza sotterranea di un albergo metropolitano, parlo con un ragazzo mentre siamo seduti nei resti al neon di un liquido loungebar, gli chiedo dove posso comprare un pò d’erba e delle pasticche, lui ha i contatti, roba buona, a quanto sembra. I viaggi sotto la superficie di cemento armato e pelle coperta di latex nero, il disperdersi del  fragore delle bombe cadute da bocche dementi, i fantasmi di guerre e padri che inneggiavano a vittorie perdute. Seguivo alcune persone, forse dei clandestini, fuori da un cimitero c’erano incontri segreti, scambi di identità sessuale, ipotesi di guerriglia urbana, poi nelle aule fumose di scorregge oppiacee un manipolo di studenti dell’università balinese discuteva delle cittàstato, delle divinità mesopotamiche, di agricoltura primitiva e nomadismo, si lasciavano offerte di cibo sui piatti sporchi della mensa sumerica allestita in una darkroom abbandonata, i circoli di autocoscienza e autorassegnazione, le preghiere e i feticci, statue senza braccia violentate in attimi di estasi da primati arrapati, gli straccioni travestiti da leader religiosi con tuniche e cravatte abbinate, il cristianesimo ci ha rotto i coglioni, imprecava un uomo nudo nel mezzo di una strada vuota, duemila anni di queste cacate fuorvianti e ancora ‘sto cristo appeso a una croce, le sirene delle autoambulanze in lontananza, le squadre antisommossa in fila lungo marciapiedi sgretolati dalle dita dei piedi di folle in tumulto, pazzia ovunque, pazzia di sopra, di sotto e nel mezzo, ce la faremo mai ad evolverci? A estinguerci, a sterminarci, a eclissare un’ennesima era, ad attendere che la nostra civiltà vada distrutta? Macerie, cumuli di macerie, templi in rovina, le giovani vergini stuprate da sacerdoti con cazzi equini, le colonne spezzate, le ombre del desiderio svanite nelle eco dei giorni, anni di piombo, millenni di polvere e stelle oscurate, celle di contenimento psichico, le pillole bianche, il simbolo fluorescente di un triangolo, dee sintetiche, amplessi scintillanti. 

martedì 12 novembre 2019

dream #90

Avevo parlato con qualcuno del mio ultimo romanzo, di tutte le pagine che avevo scritto negli ultimi tre anni e che probabilmente nessuno avrebbe mai letto e poi io, Ariel e Lorenzo stavamo suonando la chitarra ed eravamo invecchiati e un volto, sorridendo, ha detto che assomigliavamo a Crosby, Stills and Nash e poi c’eravamo io e mio padre, in una stanza, a raccontarci storie e Lynn e Julian, su un palco, a recitare poesie incompiute e poi la casa di mia madre, il portone aperto e una figura sconosciuta che non voleva lasciarmi passare, la luce dei giorni che ho dimenticato, quella meravigliosa del presente, i suoi riflessi negli occhi di un’ennesimo viso che lo scrittore trasformerà nelle melanconiche sfumature di un ricordo perduto.

domenica 10 novembre 2019

Bryn y Blodau #10

Piani di guerriglia alimentare, onirica ed erotica, campi coltivati nascosti fra le colline ondulate, le piantagioni di marijuana e oppio, le tute mimetiche indossate da Keith nelle giornate di grigiore e desolazione, gli incontri clandestini, i gruppi armati di disperazione e miseria, gli atti rivoluzionari disposti in ordine casuale nelle militanti menti da droghe alterate, sostanze psicotrope, sintetiche, polveri chimiche, laboratori allestiti all’interno di baracche isolate nei boschi, le reti di contatti, i nomi in codice, le previsioni apocalittiche di Ian, il suo umorismo nero, i teepee innalzati nella notte, i sentieri misteriosi dell’universo attraversati da stelle cadenti, le tue preghiere, le tue lacrime, le maree dei ricordi che risalivano lungo terre sconosciute, uomini di potere attendevano il nostro arrivo in abitazioni circolari che reinventavano la geometria piana attraverso teoremi indotti dalla mescalina, poi deliri suburbani nei viaggi orizzontali da stazione a stazione, le memorie confuse di anni trascorsi nella metamorfosi dei metalli pesanti, del corpo e del pensiero di una farfalla a forma di frattale danzante, gli appunti, i taccuini, i vestiti strappati, le false identità, le fughe, i ripari, le storie custodite nel cuore, quelle stracciate, quelle ripetute, gli schemi di stordimento visivo, gli schermi a rinchiudere lo sguardo in bisogni irreali, le crisi, le astinenze, le telefonate in francese, la scrittura fiorita dettata dal subconscio, i diari dei giorni perduti, le onde silenziose, le proteste mute, gli spazi sonori che qualcuno ancora disturbava con grida e imprecazioni infantili, i codici sovversivi, i calendari maya che svelavano le date esatte in cui consegnare il mondo e la nostra razza alle fiamme, le bombe inesplose nelle strade di metropoli abbandonate, le deflagrazioni fognarie delle nostre coscienze in avanzato stato di psicoputrefazione, città di labirintiche biblioteche stordite, cani al guinzaglio, labbra spaccate, le botte, i calci e i pugni, vetri rotti nelle finestre che la giovinezza aveva aperto e poi abbandonato, le fabbriche diroccate, l’immagine roca di un urlo, una bandiera divelta, le folle senza lavoro, i miserabili che laceravano i veli di sporcizia che ricoprivano i loro corpi deformi, gli inganni dei secoli e dei loro falsi nomi, le bugie di propagande inventate da folgoranti mercanti di gloria, i volti enormi, le statue decapitate, il flusso delle parole, il rincorrersi dei sussulti dell’anima, un domani mi ritroverò lontano da te e dal tuo letto disfatto, una resa, un ultimo orgasmo, i colori dell’alba, il rumore della pioggia, quello che resta della tua pelle nascosta, il suo odore, il modo in cui mi hai insegnato ad amarti un istante prima di addormentarmi nell’abbraccio di un’oscurità femminea e suadente. 

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...