venerdì 22 dicembre 2023

...

 "Queste idee o queste sensazioni o questi vaneggiamenti, d'altra parte, avevano per lui un loro lato gratificante. Si trasformava il dolore di molti nel ricordo di uno solo. Si trasformava il dolore, che è lungo e naturale e vince sempre, nel ricordo personale, che è umano e breve e sfugge sempre. Si trasformava un racconto barbaro di ingiustizie e di abusi, un ululato incoerente senza principio né fine, in una storia ben articolata dove c'era sempre la possibilità di suicidarsi. La fuga si trasformava in libertà, anche se la libertà serviva soltanto a continuare a fuggire. Il caso si trasformava in ordine, sia pure a spese di quello che è comunemente noto come senno."

Roberto Bolaño
2666

giovedì 21 dicembre 2023

senza titolo

ero seduto in disparte, 
in un fotogramma muto 
di una pellicola 

ormai sbiadita e dimenticata, 

ho guardato 

oltre i bagliori 

di un giorno in rovina,

i primi fuochi che

venivano accesi, 

le ultime sensazioni 

svanivano 

accarezzando il profilo 

del tuo volto alla sera, 

ci penseranno i tuoi occhi 

a guidarmi al di là 

di questo lento cadere, 

i tuoi occhi 

come lo specchio 

di un cielo striato 

di lividi e angosce 

e infinito candore.


lunedì 27 novembre 2023

freewheelin' #76

 I tavoli di legno della stazione, l’attesa e il calore, le valigie e i frammenti dei ricordi delle notti precedenti. Vicoli, luci e ombre e il fotografo che camminava e si lasciava catturare dalle geometrie che gli acidi e le altre droghe strutturavano in maniera improvvisa nella sua mente, le mappe della città e le direzioni differenti che i sogni insegnavano e creavano. Vicoli e disegni e gigantografie di immagini e locali e birre e vociare indistinto e possibili traffici, possibili accordi e le sostanze nascoste nel sottofondo di una valigetta e la stazione dei treni e tutti gli stranieri che si muovevano lenti e circospetti, crepe nell’asfalto e serate alcoliche che finivamo a cantare in lingue sconosciute e sguardi e ritmi di  melodie dimenticate e ancora tutte le case che accendevano l’immaginazione dello scrittore e i luoghi dove avrebbe potuto vivere per il semplice disciogliersi della sua fantasia. 
Contatti nelle strade e consegne e brevi incontri e stanze in penombra, il gioco dei soldi e delle strette di mano e poi jam session in piccoli locali sudati mentre gli effetti iniziavano e qualcuno ti suggeriva di andare a vedere gli esterni delle chiese e degli edifici all’alba, le pietre e il tremolio lucente dei marmi che si innalzavano in colonne vertiginose, alcune voci amiche, perché perdersi fosse ancora più dolce e poi la stanza dell’albergo nella quale rifugiarsi e stendersi sul letto e lasciare che il mondo interiore ti avvolgesse e arrivassero i ricordi, quelli dell’estate, dei pranzi di ferragosto, di quella lentezza del tempo, di quei respiri che si allungavano in attese sonnolente, il corpo pesante mentre l’anima si allontanava per le sue fughe misteriose e lo scrittore che la prendeva per mano e con lei si aggirava nei vicoli della città, cercando sinestesie solitarie e tutto quello che erano le sue parole a suggerire e rendere reale. 

Persone intorno come fossero diramazioni visive del proprio ego e anche la paura, a volte, per quello che gli uomini e  le donne erano capaci di dire e di fare e allora ci sedevamo sulle scalinate e la luce diventava accecante e i flash visivi dell’acido continuavano a scorrere uno dopo l’altro, insieme ai colori che esplodevano in bianchi orgasmi percettivi e  poi scendeva la sera e le sfumature del mondo colmavano di quiete il nostro continuo attendere e le pietre sembravano sciogliersi e formare nuove e ignote architetture trascendentali. 

Camminavamo senza mai fermarci e quando le pause ci chiamavano per nome noi non rispondevamo e c’era un uomo orientale che lavorava nell’albergo e una sera ci siamo messi a parlare e la sua storia sembrava solo un’altra possibilità che nessuno, tranne lui, avrebbe seguito e mi aveva regalato un po’ di oppio e lo avevo fumato sulla terrazza, guardando le stelle e c’era uno strano silenzio intorno e la città era vuota e non sapevo quale sarebbe stato il mio prossimo viaggio o il sogno di cui mi sarei innamorato o il ricordo che avrei trasformato in una poesia incompiuta. 

Qualcuno rollava sigarette a mano, seduto sulle panchine dei parchi e io pensavo al periodo in cui avevo vagato per città e paesaggi onirici senza neanche sapere dove avessi trovato il coraggio per farlo. Passaggi sotterranei e poi archi nel cielo e volte di pietra e un labirinto di percezioni dove sedersi senza pensare. Prova questa, mi sussurra una voce. La pasticca mi scivola in bocca. Altri giorni che attendono di rapirmi, altre emozioni che terrò solo per me.

mercoledì 1 novembre 2023

freewheelin' #75

 Vecchie e dimenticate poesie scritte sul retro di biglietti della fortuna cinesi, forse haiku accarezzati dal vento - L’eco di risate ubriache, mentre fuori la neve cadeva piano, senza far rumore, i fremiti notturni del ghiaccio che dormiva, il frusciare misterioso dei rami neri, il lento calpestio di tavole di legno consumate dai passi e le piccole tazze di tè fumante fra le tue dita di perla.

Antichi testi del buddhismo tibetano, il libro dei morti sospeso nel vuoto, eravamo ad occhi chiusi, respirando in maniera ciclica, aspettando il prossimo folle cambiamento, quando ci saremmo alzati e avremmo camminato lungo sentieri sconosciuti per raggiungere le cime di silenziose montagne oniriche - La nebbia come una leggera danza di autunnale incanto e i tuoi occhi come specchi di un amore che mai avevo incontrato prima - Gli sguardi, i sorrisi, un ennesimo nuovo alfabeto da decifrare, gesto dopo gesto, inganno dopo inganno, meraviglia dopo meraviglia. 


martedì 24 ottobre 2023

freewheelin' #74

 Senza volto, senza viso - Il tempo era tornato a scorrere veloce - Il mistero femminile della nascita - Giorni e notti, notti e giorni, cambi di identità, pensieri primordiali, nessuna conoscenza scientifica, la visione del mondo, il leggero oscillare della luce, senza voce, senza voce - Forze superiori che dettavano leggi mai conosciute, incisioni sulla pietra, disegni primitivi sulle pareti, rappresentazioni divine di forme umane in trasformazione - Pensieri liquidi al di là della materia - Uomini e animali, animali e uomini, quel regno che esiste solo sotto la terra, cerimonie funebri, cunicoli, la coscienza della morte, quello che vedremo, quello che non abbiamo mai visto, film della psiche, decomposizione cerebrale, sguardi, giovani corpi, risate d’argento, tornare indietro e cancellare ogni traccia, ogni teoria spiegata o inventata - Un uomo cadde sulla terra, nella meraviglia improvvisa di questo mondo, nell’illusione del suo doppio onirico, codici di istintualità in linguaggi archetipici, prigioni psicotiche e diari nascosti fra le crepe di un muro immaginario - Sarei partito per Istanbul, avrei scelto una nuova identità da quelle che lo scrittore mi avrebbe messo a disposizione, significati nascosti dietro le parole, carichi di oppio, stufe a legna, il mare che costringe le onde a venire, baciate dalla luna, baciate la luna, poesie scritte sulla sabbia della memoria, le notti orientali a stringersi e toccarsi fra morbide lenzuola, cuscini e candele, ogni lenta deriva, ogni inevitabile sconfitta - I versi dell’oblio, il grido di un urlo penetrante, ancora disegni su pergamene ingiallite, mormori il mio nome, prepari il tuo cuore, sistemi le tue cose, l’esistenza inseguita su labbra mute, ci stringiamo in questo vuoto, cadendo abbracciati, - Linee di pensieri spezzate in vortici di idee e sensazioni, fuori da queste giornate di vento, passeggiando sulle banchine del porto, prendendosi per mano e lasciandosi svanire, ricordi, radici, rovi e rovine, crolli incredibili di carte truccate, restituiscimi i miei sospiri, le storie di queste menzogne, personaggi falliti, finestre socchiuse sul nascere dell’alba, vedendo i miei occhi piangere ho guardato altrove, in questo silenzio ci ritroveremo ancora.

venerdì 22 settembre 2023

freewheelin' #73

 Insetti. La storia dello scarabeo e del ristorante cinese. Attese. Tavoli apparecchiati sulla strada come punti di incontro di traffici illegali nella metropoli notturna. Silenzio. Sguardi. Un taccuino su cui scrivere i numeri delle ordinazioni. Quelli delle sostanze. Codici segnati. Cadaveri sognati. Quello che scegli sarà quello che diverrai. Traiettorie di indagini. Servizi segreti nei cessi fuori uso. Biscotti della fortuna che contenevano messaggi criptati per le spie del subconscio. Mi sarei arreso inevitabilmente a calze, piedi e tacchi. La donna del dragone passava di sala in sala, in pochi avrebbero avuto il coraggio di parlarle e i più saggi avrebbero preferito accendere una pipa d’oppio piuttosto che affrontare il suo sguardo. Pelle. Grida. Rugiada.
Giorni passati sulle rive di un lago, osservando le luci e le ombre, le sfumature, le inattese sequenze di un sogno. Chi ascolta in silenzio, chi aspetta il proprio turno, gli attimi persi in prove senza esito, dissensi dispersi fra monologhi assoluti, incontri inaspettati, risvegli improvvisi in un furgoncino, sulle sponde del mare, l’alba e la sabbia, la nebbia e il sudore, l’affetto e il rancore, pochi attimi ancora, orgasmi fuggenti, il dissolversi della sera e tutte le tue lacrime che aspettano ancora di diventare stelle.

venerdì 18 agosto 2023

Roma #41 (piazza bologna)

 Persone sdraiate sulle panchine a dormire al sole, i rumori della città intorno, una tarda primavera o forse una precoce estate, nuvole nel cielo e nottate alcoliche che il corpo dello scrittore sembrava accusare più del necessario, telefonate lontane e racconti del tempo passato, era come essere fra vecchi amici fra bicchieri di cristallo distrutti - Interpretazioni dadaistiche di Kant, che io e John avremmo dovuto trasformare in uno spettacolo teatrale e poi andare per vicoli e piazze a metterlo in scena, con vestiti di piume e maschere primitive - Ancora voci nella testa, durante la notte, quando le variazioni sul tema del personaggio dell’insegnante erano finite e la classe era ormai vuota e ombre nel cuore e presenze e ricordi e sapevo che non avrei ripetuto quelle scene da cui ero fuggito, non aveva senso rinchiudersi nella stesse repliche di sempre, dovevo lasciare il presente libero di mostrarsi, senza incazzarmi, sorridendo, cercando di sentirmi leggero - Non c’era più molto di cui preoccuparsi, l’amore era un’eco lontana, il sesso e le fantasie erotiche uno scenario mentale in cui lasciarsi andare per brevi atti di follia, riuscivo a perdermi ancora negli occhi delle donne, era l’unica cosa che ancora mi interessasse veramente e poi sprofondavo nei respiri e mi immergevo in quel luogo libero e incontaminato, nella purezza del vuoto, un’oasi nella quale solo io potevo andare e smarrirmi e svanire - Il sole sulla pelle, gli anni continuavano a passare, mi mantenevo in equilibrio, la solitudine, il silenzio, lo sbocciare di un fiore - Un tuo sguardo, un tuo sorriso.


venerdì 11 agosto 2023

freewheelin' #72

 La guerra e i soldati e le stanze in cui nascondersi in attesa di chiamate e raduni e immensi roghi di libri - Profughi polacchi in transito per l’Europa e i manuali di storia riscritti all’ombra di carri armati arrugginiti nella piazza Rossa - Gli occhi lucidi di un ragazzo strafatto di chissà cosa, anche l’estetica della droga stava perdendo il suo fascino e non rimaneva che inventarsi nuove dipendenze, i giovani studenti con i telefoni in mano che neanche capivano cosa stessessero facendo, li avevano fregati fin da subito e non c’era da stupirsi della passività nella quale galleggiavano, apatia catodica, eroina digitale - Dove sono finiti tutti? Mi chiedeva Sara, mentre attraversavamo in macchina strade deserte e poi le navate dei grandi centri commerciali colme di persone che scivolavano lungo le false vie del consumismo, l’aria condizionata che rendeva quei templi del capitale spazi vivibili durante le torride estati che sarebbero diventate sempre più calde, la desertificazione dell’anima era inarrestabile come quella del pianeta nel quale vivevamo e il Dottor Ballard che sorrideva nella penombra del suo studio, contando le pillole rosse nel palmo della mano, nuove dipendenze, abbiamo bisogno di nuove dipendenze, sussurrava a sé stesso o al riflesso di luce della mia immagine in un angolo di una finestra - Non ti rendi conto, non capisci che queste donne sono solo illusioni della tua mente? Diceva una dottoressa in camice e tacchi alti - Ennesimi piani di grattacieli senza nome, ennesime trovate pubblicitarie che ci avrebbero indotto a tacere e comprare, questa idea di una vita comoda in vestiti firmati mi sembrava orribile, come il fatto che il denaro potesse portarci in una dimensione amniotica in cui tutto funzionasse secondo modelli che non avevamo mai scelto, strategie aziendali, investimenti, indagini di mercato, lei lavora? Mi aveva chiesto una voce al telefono, si faccia i cazzi suoi, avrei voluto rispondere, poi sono uscito fuori da questa bolla di ghignante disumanità e mi sono seduto sotto un albero e ho chiuso gli occhi e lo scrittore mi ha detto di nuovo cosa avrei dovuto fare e cosa no e c’erano progetti cinematografici che aspettavano di essere visionati e nuove fughe dell’immaginazione e correnti ascensionali che mi avrebbero trasformato in prismi di luce iridescente e poi di nuovo nei labirinti sotterranei dei parcheggi dei grandi centri commerciali, talpe dalle sembianze umane spingevano carrelli carichi di rifiuti, scoppiavano guerre come fossero fuochi d’artificio di oscene celebrazioni falliche, missili puntati verso il cielo, ci faremo esplodere le chiappe solo per il gusto di vedere schizzare merda, generali depravati in fila davanti ad un buco, il tritacarne in azione, eserciti di scimmie arrapate, qualcuno che mi salutava e di cui mi sarei dimenticato subito dopo, terremoti silenziosi, il battito d’ali di una farfalla, lo spegnersi di una stella, il sorriso di una ragazza, non che me ne fregasse qualcosa, l’odore del tuo corpo, i rumori della notte, il sonar di un viaggio nel subconscio, la lentezza dei respiri, i tossici in fila la mattina per un’ultima dose che non sarebbe mai arrivata. 

venerdì 23 giugno 2023

Roma #40

 Primo caldo, prima follia nelle strade. Un’alcolizzata seduta contro un albero, altri disperati inchiodati sulle panchine di ferro, cellulare in mano, rapiti da qualsiasi illusione li abbia catturati. Qualcosa era accaduto nei sogni, qualcosa accadeva sempre, un ennesimo frammento che si perdeva e veniva ritrovato e  cercava una sua misteriosa posizione nel quadro astratto dell’esistenza e del suo doppio onirico. Un volto, uno sguardo, delle labbra che parlano senza che ci siano suoni a ingarbugliarne i possibili significati. Come sarebbe stato vivere in altre città? Ritornare fra le loro strade agli obblighi della routine? Era Roma l’unica metropoli in cui riuscissi a lavorare? In un osceno disegno consumistico che non condividevo e del quale facevo un’altra volta parte? Gli anni delle fughe erano stati un viaggio ininterrotto di esperienze che viste da qui sembravano ora solo appartenere all’immaginazione dello scrittore, ai suoi sogni selvaggi, ai suoi desideri di libertà. Era stata un’impresa priva di qualsiasi logicità economica e per questo pura e meravigliosa. Ancora i tuoi occhi che mi guardano e la luce al loro interno che risplende, le ultime orme lasciate su una spiaggia, il susseguirsi dei giorni, ogni volta che oltrepasserò lo specchio ci sarà sempre qualcuno ad aspettarmi.

sabato 10 giugno 2023

dream #136

 Stanze clandestine in cui riunirsi e parlare di film e cinema e avanguardie storiche, piccoli gruppi di persone sedute in cerchio, sigarette di hashish che giravano fra le mani e associazioni sovversive di idee e poi l’improvviso desiderio di andarsene e di rimanere da soli e così mi sono ritrovato a vagare per le strade della città, simili e diverse e non sapevo bene che ora fosse anche se era tutto buio intorno e pensavo di dover andare ad un appuntamento anche se non ricordavo bene dove e poi, parcheggiata ai lati di una via, è apparsa la mia macchina e ci sono salito e mentre mettevo in moto un’altra auto è arrivata e mi ha tamponato e quando sono sceso per vedere cosa era successo lo scenario è cambiato, sembrava di essere in campagna, in una zona rurale, c’era un uomo al volante dell’altra macchina, ancora dentro e quando sono andato a parlargli i suoi occhi mi hanno quasi pietrificato, uno sguardo penetrante, forte, diretto, uno sguardo che mi ha spaventato, era uno zingaro e ho pensato che sarebbe stato meglio allontanarmi e mentre stavo camminando lui mi seguiva e poi sono entrato in una casa, che credevo fosse la mia anche se non lo era e sparsi per le stanze c’erano degli oggetti familiari, avrei voluto dormire, mi sentivo come sotto l’effetto di qualche sostanza, labili confini psichici che si stavano sciogliendo, camminavo di nuovo per le strade, era ancora buio, un gruppo di ragazzi arabi mi si è avvicinato, tutto a posto? Ha chiesto uno di loro, gli ho sorriso senza rispondergli e ho tirato dritto.

sabato 20 maggio 2023

Roma #39 (piazza bologna)

 Le borse accanto ai piedi, seduto su una panchina, la bottiglia di Peroni per terra, la sigaretta fra le dita - Gli anziani, gli studenti universitari, i miserabili, gli alcolizzati, gli sconfitti di tutti i tempi passati, di quelli che ancora dovranno venire - La notte la piazza si sarebbe riempita di ragazzi e ragazze ubriachi, uno spettacolo osceno e ripetuto e ormai agonizzante nei ricordi dello scrittore - Una donna dell’Honduras mi aveva parlato ininterrottamente durante un incontro notturno ai tavolini di un bar, c’era anche il futuro marito con lei, un ex militare australiano, non avevo ben capito come si fossero conosciuti, c’era anche da dire che ero al mio terzo negroni e quindi quello che stava accadendo intorno cominciava a farsi confuso, comunque la donna parlava con me in un buon italiano e l’uomo chiacchierava in inglese con un ragazzo che aveva accanto. Avevamo già bevuto parecchi cocktail prima dei Negroni, mentre davo una sorsata da uno nuovo bicchiere che era apparso fra le mie mani e continuavo ad ascoltare, sempre più distrattamente, l’estenuante monologo della donna dell’Honduras. A un certo punto aveva iniziato a farmi domande sul sesso, cosa che mi rende sempre molto timido, specialmente con una sconosciuta, non che le avessi detto molto, visto che dopo un paio di parole che ero riuscito a pronunciare, lei aveva riattaccato a buttare fuori ogni pensiero che le passava per la testa.

Pensavo che non avevo più voglia di tutte queste discussioni etiliche, dei piccoli giochi di seduzione, mi piaceva la mia vita ritirata, quella di uno scrittore solitario, mi immaginavo sempre nei suoi panni e a volte rendevo la sua esistenza reale.

C’è odore di pioggia nell’aria e un cielo plumbeo e le macchine e le persone girano intorno alla piazza e io continuo a domandarmi dove vadano e perché non capiscano che non c’è nessun luogo dove andare.

Chissà cosa vedremo prima di sparire, quale sarà l’ultima immagine, l’ultimo pensiero.

Spero ci sia il vuoto ad accogliermi e quella luce lontana, intima, presente e infinita che mi brilla dentro, che mi appartiene e mi avvolge nella sua inesauribile bellezza.

martedì 2 maggio 2023

Roma #38

 Mattine lente e piovose, giri in macchina nei vecchi quartieri, poche persone per le strade, le foglie morte e i teli di plastica fuori dai bar, i tavolini di metallo, la prima birra della giornata, improvvisi svenimenti notturni e noiose repliche di spettacoli erotici privati - È ora di darsi una mossa, suggeriva lo scrittore, spegnendo l’ennesima canna notturna nel posacenere, dietro la porta del subconscio troverai sempre agenti in posizione antisesso/antisommossa e cerchi di persone danzanti fra le fiamme, in una protesta primordiale dei nostri diritti primari, pulsioni animalesche, bianca, bianca energia, i sospiri, le grida, i lamenti, le unghie - Un bicchiere era caduto per terra esplodendo in migliaia di frammenti dei quali nessuno mi aveva ferito, la sequenza era stata ricostruita da diversi punti di vista, con una scena al rallentatore del momento in cui il bicchiere toccava il pavimento ed andava in frantumi eppure c’era una certa stanchezza nelle idee del regista, una costante ripetizione di temi e situazioni in queste notti solitarie e urbane, in bilico su prospettive smarrite - Poi le tracce narrative delle strade da seguire, i negozi ancora chiusi e quello che sarebbe potuto succedere una volta che fossero stati aperti, i soliti traffici, i negozianti cinesi di scarpe, le fotografie di altri giorni passati in luoghi di fantasia, fra spunti di immaginazione vibrante e continui fotogrammi di altre possibili vite, altre improbabili storie - Dove la città diventava straniera a sé stessa era dove mi trovavo meglio, dove c’erano voci e colori e odori diversi, i posti dove vagavo perché ero tornato a indossare le vesti del perdigiorno, strati su strati di ricordi e poesie che mi ero dimenticato di scrivere e queste esistenze si sovrapponevano, si scontravano, si scambiavano fra di loro, creando ellissi sulla linea temporale ormai deviata dei giorni perduti - Poteva essere un film ogni volta diverso, più originale o forse solo di una noia continua - Non per lui, non per lui, gridava saltando un attore invasato, ghignando e sbavando e puntando il dito tremante contro di me, gli anni delle performance solipsistiche erano strisciati via e gli happening comunitari si erano trasformati in spazi vuoti e le lunghe ore di training, le stanze spoglie del castello di Holstebro e ogni ruolo, ogni interpretazione che avremmo potuto creare sulla nostra pelle e al di fuori di essa, avanti il prossimo coglione dicevano gli uomini in giacca e cravatta, appena una delle loro scrivanie si liberava, i giovani studenti chissà se avrebbero trovato strade alternative - Sal voleva scrivere di esplosivi e acido lisergico e come dargli torti, gli avrei concesso la piena libertà di seguire i suoi interessi - Gli impulsi sessuali non erano altro che una pantomima perversa, non confondevo più l’amore con ciò che l’amore non era, i set della mia perdizione erano già stati allestiti in alcune delle sale della mente, l’odore dell’acqua di colonia di mio nonno e i giorni dell’infanzia inondati di luce, qualcosa si stava oscurando oltre il limite dei nostri sensi tesi, lo sentivo nel cuore e nei suoi palpiti lenti. 

Ore che scivolano sulle tue labbra e le loro curve bagnate. 

giovedì 13 aprile 2023

Roma #37

 Alcuni luoghi sarebbero dovuti rimanere liberi, quelli dei sogni, delle pulsioni primordiali, dell’ozio, delle fantasie erotiche, degli incontri proibiti. Stanze con moquette sul pavimento e poltrone imbottite e bassi tavolini di legno con sopra posaceneri di vetro, bicchieri e bottiglie di liquori. Pomeriggi urbani, finestre con le veneziane abbassate, in modo che la luce possa entrare obliqua, le lente ore dell’estate e il calore e la stanchezza, la voglia di non muoversi, di aspettare l’uomo delle sostanze, pensieri vaporosi di sceneggiature, soggetti, racconti e romanzi, il ronzio elettrico del frigorifero, le sagome geometriche di quadri alle pareti, i miraggi di esposizioni in città lontane e la vita di un vagabondo lungo le sue strade e le panchine nei parchi dove stendersi a risposarsi. Stappo una birra, strappo l’ennesima pagina non ancora scritta. Erezioni architettoniche, elevazioni verticali di vetro e cemento e ancora stanze, uffici, incontri, segretarie con i tacchi alti e poi giù, cadendo, sprofondando sottoterra, nei cunicoli misteriosi della metro, negli spazi suburbani degli uominitopo, disertori della società dei consumi o forse solo gli ultimi superstiti, mentre divorano i resti di cartelloni pubblicitari, ancora convinti che quella illusione sia lo specchio della loro vita e non solo un miraggio in una cieca oasi del deserto metropolitano. Luci, esplosioni di luci, intermittenze elettriche e coreografie luminose perché tutto sembrasse come una festa quando non era altro che l’ennesima maniera di incularci. Non capivo più le persone che avevo intorno, cosa dicessero, dove andassero, speravo solo che non mi rompessero i coglioni più del necessario, che non trovassero altri subdoli modi per essere più stupidi e fastidiosi. Qualcuno per strada voleva ancora vendermi le sue cianfrusaglie e io volevo solo starmene per i cazzi miei, seguendo le intuizioni visive del subconscio, scattando fotografie mentali, trovandomi a mio agio fra i vagabondi, i poveri, i miserabili, i pazzi. Mi rifugiavo in stanze psichiche per i miei desideri, la mia solitudine, le mie creazioni. La differenza fra i mondi diveniva sempre più sottile, bussavo sulla parete, sperando che tu fossi ancora nella camera accanto alla mia, anche se non mi rispondevi accarezzavo la tua immagine nascosta fra le ombre di un giorno di tarda primavera, eravamo di nuovo giovani solo perché non lo saremo stati mai più e l’amore che abbiamo tradito e gli insulti che ci siamo scambiati e la pelle e il sesso e le notti e i risvegli e la prossima volta in cui ci incontreremo, in un sogno o in quel che resta di noi al di fuori di esso.

martedì 11 aprile 2023

Roma #36

 Tutte bestie, urla una vecchia salendo sull’autobus, non che abbia torto, è questa un’antica verità che ogni tanto dobbiamo ricordarci, è anche possibile che sia la sua follia a farla parlare, l’avevo già incontrata nell’androne del palazzo dove vivevo, mi aveva fermato davanti all’ascensore e si era messa a raccontarmi del lavoro che aveva fatto per tutta la sua vita, la tassinara e a quanto pareva era stata la prima donna a Roma a guidare un taxi, l’avevo ascoltata per un paio di minuti, poi mi ero rotto i coglioni, l’avevo salutata ed ero salito a piedi fino al mio appartamento - Giorni di tossicodipendenze inventate, parentesi drogate dell’immaginazione, fantasiose sostanze tornavano a prendere il sopravvento, poi scenari erotici, indecenti teatri dell’osceno, primitive performance masturbatorie, perversi film mentali, interruzioni pubblicitarie e consumistiche nel flusso orgiastico di continue crisi di astinenza orgasmiche - Cose da comprare: cibo, alcol, prodotti per la casa, sigarette, cartine - Ancora fantasie erotiche, i bisogni del cazzo e quelli dei coglioni, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, trasformavamo le nostre illusioni in serie di sequenze di immagini pornografiche o qualcuno lo faceva per noi distruggendo così la potenza figurativa della nostra libido - Il tempo diventa umano solo quando viene raccontato diceva qualche santo e così continuavo a trasformare i momenti della mia vita in un romanzo frammentato e irrazionale, visionario e alterato - Le fermate dell’autobus sul quale stavo scrivendo seguivano un tragitto che già era diventato ordinario ma l’alcol e le sostanze scioglievano questo ordine e allora le strade, le vie, i quartieri e le città si aprivano ai loro doppi onirici e così ero libero di fuggire e perdermi, la chiave blu appesa alla cinta dei pantaloni, perché fosse possibile un ritorno a un luogo sicuro, una stanza, una casa protetta dalle insidie, dove rifugiarmi e poi ricominciare questa pazzia di nuovo.
Tutte bestie continuava a urlare la vecchia, quando qualcuno le se avvicinava troppo, condividevo il suo pensiero ma non la maniera acida e aggressiva in cui lo esprimeva - Altri gruppi di persone di cui non volevo fare parte, continuavo ad osservarli, quando ciò era possibile, chiacchiere e discorsi e alterchi e incomprensioni e ipocrisie e falsità e domande e risposte e tutto il circo di insulse sentenze senza senso - Osservavo i corpi degli attori, le loro espressioni, i gesti, non era male da un punto di vista estetico, ma i tesi e le battute lasciavano parecchio a desiderare - Sale cinematografiche vuote, comizi anarchici in piazze avvolte da alberi neri e spogli, l’alta ciminiera di una fabbrica nella notte piovosa, sapersi vendere, gli sguardi di intesa che ancora ricordavo, i significati impliciti di un’occhiata e le droghe, come sempre, i desideri che diventavano dipendenze, oscillavo da un contesto a un altro, attento allo stile e alla forma, era domenica mattina e non avevo la minima idea di come ci fossi arrivato. 

mercoledì 5 aprile 2023

Roma #35 (pigneto)

 Il rumore delle patatine sgranocchiate da un paio di imbecilli all’interno del cinema Aquila era ripetitivo, fastidioso, snervante, forse ancora di più delle parole che uscivano dalle bocche dei due ragazzi che le stavano mangiando - C’era una parete sulla quale erano affisse locandine di film e vicino ad ognuna di esse si poteva lasciare un commento, accanto a quella di Arancia Meccanica ho scritto “da cinebrivido” - C’erano un paio di lesbiche sul tram che mi stava portando al Pigneto, il 19 ad essere precisi, e sembravano assorbite totalmente dai loro mondi interiori e così ho lasciato la mia immaginazione libera di lavorare, perché ci fossero nuovi personaggi fra queste strade e ho comprato un pacchetto di cartine da un tabaccaio vicino al cinema e pioveva e il buio e la pioggia mi facevano ricordare i giorni passati e le mie fantasie di tossicodipendente lunatico ed era confortevole sapere che non avevo bisogno di nessuna sostanza e che mi sarebbero bastate un paio di birre per ritrovarmi in quella condizione psichica alterata e diversa in cui volevo essere - Non c’erano altre persone con cui volessi stare in questo momento e c’era la scatola blu di David Lynch ad aspettarmi in sala e me ne se sono fregato delle merdate circostanti, delle chiacchiere, delle stupide supposizioni di chi mi sarebbe stato intorno, c’era puzza di fogna nel foyer e niente alcol nel bar, che merda di cinema, avevo perso interesse in tutta una serie di stronzate ed era meglio così, le persone iniziavano ad uscire dalla sala e tra un pò sarei entrato in quel ventre visionario di immagini fuggenti, sedie bianche, scale nere, nulla da dire, ogni luogo nel quale sia possibile ancora fuggire, parole in fila, ricordi di vite passate, commenti dimenticati, poesie non scritte, la mano dello scrittore, il suo cuore, i suoi desideri, continuavo a dargli spazio, nei sogni e nella veglia, ce ne saremmo andati altrove, a un cero punto e tutto sarebbe cominciato a crollare di nuovo, frammenti, tagli, fughe e finzioni, le ombre delle tue mani su un muro, strade perdute, strade perdute, strade perdute.

martedì 4 aprile 2023

Roma #34

 Sempre la stessa merda tornando da dove si era venuti, niente risa, poca luce, dove sono finiti il vino e le rose? Nella spazzatura, sospirava lo scrittore così come la vita di molti di noi, eppure una parte di me sapeva di trovarsi esattamente nel posto giusto, sempre mutevole, pronto a svanire, eterno in un istante di felicità oppure perduto, smarrito e ritrovato chissà quando nelle oasi e nei giardini fioriti della memoria - Erano ancora lì alcune delle persone che avevo conosciuto e la tristezza che aveva accompagnato il loro abbandono mentre attendevo che un ricordo sbocciasse - Da Londra a Roma, i pensieri del consumo erano tornati a strisciare nella mente, soldi, pagamenti, bollette, lavoro - Poi gli stupidi echi di conflitti familiari - Le tentazioni alcoliche, feticistiche, sadomasochistiche e masturbatorie - Non riuscivo a uscirne, conoscevo bene l’illusione e continuavo a renderla reale, anche se una voce dentro di me ripeteva che era tutto un gioco, una farsa, una sciocca sciarada erotica dove non c’erano vincitori né vinti ma solo la stanchezza allucinatoria di una ripetizione continua con ormai minime e insignificanti variazioni - Mattine silenziose sul divano di casa, in bilico sul divenire - Rimanere, lasciarsi andare, scomparire definitivamente - Bella serata al pub a scrivere, immagini romantiche nella sala cinematografica mentale privata dello scrittore, la pinta di birra davanti alle sue mani, i dialoghi inesistenti di personaggi che non sarebbero mai esistiti, sapevo che ci sarebbe stato un momento preciso in cui avrei capito cosa fare esattamente, un nuovo segmento di tempo che sarebbe diventato la mia esistenza, non avere paura amore mio, in ogni modo, non mi dimenticherò mai di te.

domenica 2 aprile 2023

London #13

 Luis ci stava aspettando nel suo barcone, c’era un pò di sole e le cose e gli alberi intorno sembravano brillare, io e Sara siamo entrati dentro a dare un’occhiata, lui lo stava ancora sistemando e chissà quando lo avrebbe finito, c’erano sempre progetti che nessuno avrebbe mai terminato, lo sapevano bene gli oziosi e i saggi di ogni tempo e luogo - Luis si è alzato dalla poltrona nella quale era sprofondato, si è rollato una sigaretta, poi ha preso un album di fotografie e ce lo ha mostrato, c’erano immagini che raccontavano la progressione dei lavori nel barcone, Luis era bravo in questo genere di attività, aveva i capelli lunghi e l’aria di qualcuno che era passato attraverso la vita conoscendone bene i luoghi oscuri, le trappole e le tentazioni, eroina compresa.

Ci siamo andati a bere un paio di pinte nel pub vicino alla marina, già c’erano alcuni degli altri uomini che vivevano nei barconi acconto a quello di Luis, uomini sfiancati dal tempo ma che ancora avevano voglia di riempirlo in qualche modo, tatuaggi sulle braccia e occhi lontani, era lunedì e non era neanche mezzogiorno e la vita continuava a fluire senza che la maggior parte di noi sapesse dove ci stesse portando, meglio così, pensava lo scrittore, dando un altro sorso alla sua birra.

Le strade di Londra erano come un labirinto di consumismo senza via d’uscita, i negozi ti accompagnavano ovunque, alla destra e alla sinistra della tua visuale, nel continuo famelico tentativo di catturarlo e di trasformarlo in un bisogno, poi si innalzavano improvvisi edifici e palazzi fra esplosioni di luce nelle nuvole e orde e onde di persone nelle strade e alcuni folli che si muovevano fra di esse, perduti in un sogno, in una visone senza fine, questa dimensione indescrivibile, questa estasi nichilista e spirituale, violenta e luminosa, continuava ad affascinare lo scrittore, fino al punto di fargli sperare che arrivasse anche per lui il momento della sua resa definitiva, quando si fosse ritrovato finalmente solo e libero, senza nessuna identità o regola prestabilita, in una fluida e splendente improvvisazione, senza leggi morali se non quelle del proprio cuore e della propria malinconia.

Non chiedere nulla a chi non sappia ascoltarti, non dire nulla a chi non sappia ascoltarti, non chiedere nulla a chi non sappia ascoltarti.

Rimani in silenzio, brilla, esplodi, scompari.

Il vuoto della mente, quello senza confini della nostra essenza.

Un altro giorno di pioggia, un altro giorno di pioggia, un altro giorno di pioggia.


giovedì 30 marzo 2023

London #12

 David era tornato da uno dei suoi viaggi misteriosi e mi aveva riportato due ovuli  di plastica rossi pieni di mdma in polvere - C’erano grandi stanze dalle pareti bianche in cui aspettavo che arrivasse qualcuno e quelle ormai silenziose della casa di mia madre e i pezzi della mia vita andata che continuavano a cadere senza fare troppo rumore e sapevo che mai sarebbero potuti ritornare nella loro posizione originale, rimanevano i ricordi, certo, di quello che ero stato e di quello che avevo solo immaginato e in questa lotta di proiezioni e desideri proibiti, di nostalgia e fughe e sconfitte la mia ombra continuava a muoversi e a ribellarsi - Sapevo che c’era una spinta, un’onda, un cammino che ancora mi stava chiamando affinché lo seguissi, affinché seguissi quei passi che ritenevo invisibili anche se erano i miei, che momento dopo momento apparivano e svanivano davanti al mio sguardo - Avrei anche potuto rimanermene fermo e forse sarebbe stata la scelta migliore e questo viaggio sarebbe continuato solo al mio interno, nell’immaginazione dell’anima, nel mondo dei sogni, in ogni presente mai esistito e così perdutamente reale - Ancora barconi lungo i margini del canale e l’odore della legna bruciata e del carbone e l’inverno e gli alberi spogli e le storie che le donne continuavano a raccontarsi in cucina, la mattina, prima che i bambini si svegliassero e un altro giorno di frenetica dolcezza iniziasse, donne con le loro storie di amori e sconfitte, di padri scomparsi, storie che si ripetevano, relazione sbagliata dopo relazione sbagliata - Le nuove dipendenze tecnologiche, studiate e applicate, perché la gabbia fosse invisibile e ci rinchiudesse tutti quanti, nuove crisi di astinenza elettronica, pulsanti e pulsioni represse, distorsioni visive delle proprie immagini riflesse, avatar allucinati e ataviche funzioni del nostro cervello sfruttate e sfrattate dalla scatola cranica, sfrontate strategie di consumo futuristico in cui non ci saranno più differenze fra il prodotto e colui costretto a pagarlo e assimilarlo e espellerlo sotto forme di feci feticistiche del mercato, ancora studi, ancora nudi, ancora diagrammi, un vortice senza uscita di psicosi collettive, poi la vecchiaia e qualcuno imprigionato come un sudicio eremita nel proprio appartamento labirintico, per scrivere un saggio critico sul rapporto fra i sogni e il cinema e ancora un ritorno mentale nei luoghi che avrei voluto far scomparire una volta per tutte dai fotogrammi del mio passato - Definizioni ostili di tutto ciò che non è altro che un’oscena illusione, scrittori alcolizzati, donne sudamericane strafatte di cocaina attaccate al telefono dalle prime ore della mattina, troppa confusione, troppe parole, il rifugio del silenzio di una fredda e oscura notte, il riparo delle lenzuola, quello del tuo corpo, non sappiamo chi siamo fino a quando non incontreremo l’altro o noi stessi o chi avremo potuto essere e non siamo stati.

sabato 18 marzo 2023

London #11

 Deformazioni urbane e spazi aperti in cui sarebbero sorti centri di piacere per ricchi oligarchi, appartamenti completamente circondati da vetrate da cui osservare, immaginare, accedere a potenti visioni del futuro, una lotta fra cemento e metallo nella ricerca dell’estasi architettonica, dell’equilibrio perfetto di forme e volumi - Il vuoto apriva voragini nella terra, dove venivano posate le fondamenta di ciò che non sarebbe mai stato, anche se visibile a tutti una volta costruito, rimanevano i musei, la TATE gallery, dove perdersi in dimensioni proprie e altre, facilitati dalle mani e dalle menti degli artisti: quadri, fotografie, dipinti e installazioni - Sovvertivamo l’ordine e bestemmiavamo i comandamenti del consumo per inoltrarci in un territorio liberato dalle pubblicità e dalla presenza ossessiva delle merci, boicottavamo il denaro e ogni cosa esso era in grado di comprare o creare, avremmo distrutto le opere del capitale per sostituirle con un’estetica dell’ozio e della fantasia e di qualunque altra cosa non avesse un valore economico e proprio per questo infinitamente unica e preziosa - Ci siamo fermati a bere un caffè nel mercato coperto di Brixton, io e Sara e c’erano ancora vecchi rasta jamaicani appoggiati alle pareti dei palazzi in rovina e la musica reggae che usciva fuori dalle casse di qualche negozio nascosto di vinili usati, le scie degli odori, delle spezie, dei cibi cucinati e tutte le direzioni che avremmo potuto seguire e anche quelle che sarebbe stato meglio dimenticare e le case sporche, le strade sudicie, eppure era solo in questi luoghi che la vita mi sembrava più splendente, pulsante, era qui che le sue vibrazioni erano più forti, potenti e luminose - La miseria sarebbe stata pronta ad abbracciarmi in qualunque momento, un vagabondo era ad occhi chiusi nella sala centrale della TATE, immobile nei suoi vestiti lerci e strappati, mentre ascoltava il rumore ipnotico dei suoni atavici di una foresta primitiva, queste forme di comunicazione ancestrale ci trasportavano in scenari mentali trascendentali, nei quali i nostri avatar si muovevano inconsapevoli di chi fosse l’originale e chi soltanto una copia, una proiezione, un simulacro agonizzante - Underground, tunnel psichici del sottosuolo, cunicoli di possibilità smarrite, migliaia di volti, migliaia di vite, sguardi incrociati per frazioni di secondi irripetibili, il film della mente e quello della memoria in costante evoluzione: riprendere, montare, proiettare, vedere - tutto nello stesso istante - Mark mi parlava ancora nei sogni del suo cinema nascosto, delle cerimonie filmiche, dell’estasi di bizzarre visioni psichedeliche - La follia di porsi fuori da se stessi, nei pensieri di un altro simile a noi, vedendosi impazzire lentamente - Un sogno all’interno di un sogno, la morte che ci attende perché da sempre siamo stati destinati ad incontrarla e abbracciarla, l’ultima seduzione, la misteriosa fine che da qualche parte ci sta chiamando, perché le porte si schiudano e la luce dietro di esse ci avvolga - Che la festa abbia inizio, gridò un uomo barbuto passandomi una mezza plastica di acido - La gloria degli uomini in terra non è altro che uno scherzo crudele. 

martedì 14 marzo 2023

London #10

Scrivere frammenti, frammentare la scrittura. 

Tristan era venuto a trovare Sara, adesso che stavamo in Kettlebaston Road, nella casa di una sua amica e avevamo parlato per tutto il pomeriggio e la sera, fumando erba e aprendo porte sui nostri mondi interiori, socchiudendo gli spiragli del passato, le immagini dei ricordi in comune di Sara e Tristan, la settimana che avevano passato al Boom Festival in Portogallo, le bancarelle, le pasticche e le risate - Grigio e pioggia e le passeggiate lungo Brick Lane, i ristoranti bengalesi, i vestiti orientali, gli odori delle spezie e quelli di un’umanità in continuo movimento, uomini e donne che si mischiavano, riproducendosi, portando avanti tradizioni e sperimentando nuove possibilità - Camminavamo verso Liverpool Street, dove cominciavano ad ergersi i palazzi del futuro della City, come se tutto quello che avevamo intorno non fosse altro che una proiezione oleografica delle strategie visive del capitalismo e del denaro, gli architetti dell’ultimo millennio venivano pagati per dare forma alle allucinazioni geometriche di ricchi oligarchi del consumo, piani su piani, torri e piramidi, chi  sarebbe arrivato più in alto? Il vincitore credeva davvero di avvicinarsi così alle nostre finte divinità? Di essere, forse, una di quelle divinità? 

Saremmo arrivati ad un punto in cui non avremmo più potuto distinguere la differenza fra la realtà e la sua duplicazione in immagini trascendentali e tridimensionali, avremmo avuto schermi così grandi, con una definizione tanto alta che sarebbero diventati essi stessi la manifestazione subliminale del mondo, il fenomeno oltre lo sguardo e di noi uomini, fra i lucenti margini di questa visione, cosa sarebbe rimasto? Come saremmo stati capaci di separare la falsificazione digitale dall’inganno di quanto quotidianamente osservavamo?

Durante la notte le sagome degli edifici di vetro e metallo mettevano paura, soprattutto quelle dei palazzi incompiuti, i cui scheletri di cemento si ergevano come cadaveri metropolitani in attesa di prendere vita, c’erano una enormità di luci tutte intorno e in alto, una verticalità di fonti di illuminazione che ci davano l’ennesima illusione di un futuro che fosse il presente o viceversa, il tempo era stato annientato e con esso il nostro stesso destino, sempre ammesso che ne avessimo mai avuto uno e che ogni non giorno non fosse stato altro che l’ipnotica ripetizione di quelli che lo avevano preceduto.

Ci siamo fermati a bere un paio di pinte in un Wetherspoon, io e Sara e lei mi raccontava della sua vita a Londra, di cosa faceva, dei luoghi che visitava e i ricordi come sempre prendevano una forma nella mente dello scrittore e divenivano parti fluttuanti di una storia che in un momento imprecisato sarebbe poi stata raccontata - Tristan parlava del padre e dei rapporti con la sua famiglia e di villaggi utopistici in India in cui ciascuno avrebbe potuto realizzare le sue piene potenzialità e corsi di meditazione e cerimonie sciamaniche e un uomo che si guadagnava da vivere con un metal detector cercando gioielli smarriti nelle spiagge dove i ricchi magnati russi passavano le loro ore, dimenticandosi bracciali, anelli e collane sotto la sabbia - E le molte esistenze che i più coraggiosi sapevano scegliersi e anche quelle che i più folli, suggeriva lo scrittore, sapevano immaginarsi e un abbraccio, al mattino, sotto le lenzuola, dove avrei voluto rimanere stretto a te per gli anni a venire - Un altro secondo, un brivido, una carezza, un bacio, un sorriso, un gesto d’amore, un fremito della carne, un palpito del cuore, un ennesimo momento smarrito che al risveglio non saprò più come chiamare.

sabato 4 marzo 2023

London #9

 C’erano case in cui lo scrittore aveva vissuto e mattine grigie in cui l’alba non era stata altro che un pallido vagito di luce e gesti e azioni che richiedevano la dovuta lentezza - Alzarsi, accendere la stufa, mettere l’acqua a bollire, preparare il caffè, aprire il quaderno, iniziare a scrivere - C’erano stati luoghi in cui ero potuto essere un altro, qualcuno diverso da me, un estraneo così vicino alla mia reale essenza che poteva immaginarsi la mia vita negli spazi fra i respiri, nel silenzio,  quando mi trovavo così sicuro al loro interno, chiudendo gli occhi, lasciando i pensieri svanire e le emozioni passare.

Mattine invernali, il fumo che esce a sbuffi sopra i tetti, le strade vuote e gli echi di natali scomparsi, quando ero ancora un bambino, i regali da scartare sotto l’albero, quella semplice gioia, i pranzi in famiglia, quel senso di protezione, i giochi con le carte, la tombola, le immagini di volti familiari che cominciavano a sfuocarsi, a perdersi lungo i margini di quelle strade che avevo dovuto percorrere per allontanarmi da loro e fuggire, per vagare e perdermi, di stazione in stazione, in un meraviglioso viaggio in cui avevo lasciato libera la mia fantasia di modellare e trasformare il presente seguendo le logiche misteriose dei sogni o quelle liriche del cuore, dei romanzi, dei film, delle poesie. 

Avevo scritto una storia unica, personale, svogliata e struggente, di cui ero stato il protagonista, l’autore e il lettore, in uno scambio costante di ruoli e posizioni, nell’affascinante ricerca di spazi intimi, interiori, in cui rifugiarsi e barricarsi, tentando così di difendere la propria esistenza dalla barbarie del consumismo e dell’omologazione, sapendo bene che la sconfitta sarebbe stata il traguardo, l’unica e gloriosa vittoria ancora possibile.

Lente passeggiate lungo i canali, a guardare i barconi fermi sulle sponde, inventando situazioni letterarie, vagheggiando sulle intuizioni narrative che ogni imbarcazione offriva, l’odore del carbone, l’acqua immobile e sporca, il volo improvviso di alcuni uccelli e oltre le chiome degli alberi si intravedevano le prime sagome degli edifici del futuro, architetture che trasformavano i miei pensieri in una continua proiezione lisergica, scattavo foto in bianco e nero affinché quelle geometrie del subconscio non si sciogliessero nel pattume di idee ripetute e inutili e poi c’erano i parchi in cui la mente e le gambe potevano riposarsi e gli alberi mi accoglievano di nuovo con la loro pacata benevolenza e così i ricordi arrivavano e la memoria diventava il presente e questo preciso momento non aveva più una posizione chiara, perché sarebbe potuto solo essere un immaginario punto di un disegno (o uno scherzo) infinito, incomprensibile, insulso e incompiuto.

Alcune linee erano state spezzate e dei progetti originali non rimaneva che un’astratta e malinconica composizione, solo così l’arte era libera di esprimersi e la materia della vita stessa diventare malleabile e modellabile a nostro piacimento o contro la nostra volontà, i recinti erano stati distrutti e i confini cancellati e c’erano vele alzate in giornate senza vento, quando era solo l’illusione di muoversi a mandarci avanti. 

E ancora il mio volto riflesso in uno specchio in un tenue chiaroscuro e oltre la cornice che racchiude ogni nostra immagine i muri e gli oggetti di appartamenti in cui altre persone vivono e poi scompaiono, perché questo è il nostro destino. Pregavamo spesso affinché tutto ciò finisse e quando sarebbe arrivato il momento di andarsene, avremmo solo voluto un attimo in più. Meglio prepararsi da subito ed essere pronti a lasciare ogni cosa, nella luce che ci avvolge nulla è mai esistito. 

domenica 26 febbraio 2023

freewheelin' #71

 Io e i miei compagni eravamo in fuga, stavamo scappando attraverso lunghe gallerie sotterranee all’interno di chissà quale edificio o struttura o aberrazione architettonica, sapevamo che la piscopolizia ci stava inseguendo, potevamo quasi fiutare la loro presenza, dietro ogni angolo poteva nascondersi un pericolo o la possibilità della salvezza, eravamo impauriti e stanchi ed era buio ma nel cuore  avevamo anche la consapevolezza che bisognava andare avanti nonostante tutto ed era in quel luogo emotivo ed interiore che risiedeva il nostro coraggio per proseguire e fare quello che andava fatto - Qualcuno mi aveva mostrato delle immagini di alcuni ragazzi che sfondavano il vetro di una macchina e poi compivano altri atti vandalici e non so perché avevo la sensazione di aver fatto parte di quel gruppo di giovani teppisti ed anche di esserne stato il responsabile, come una specie di tutore della malavita che dovesse verificare l’appropriatezza barbarica dei loro gesti, ero stato a osservarli quando si esercitavano e poi ero davanti ad uno schermo mentre qualcuno mi faceva vedere quelle sequenze da altre angolazioni e allora dissi a chi avevo davanti che era tutto sbagliato e sarebbe stato meglio mettersi seduti tranquilli in una sala montaggio e riordinare gli eventi secondo logiche inesplorate e poi riavvolgere la pellicola e darle fuoco e accendersi un sigaro e parlare dei quadri di Max Ernst e anche dei libri del marchese De Sade e poi uscire e vagare per le strade e ubriacarsi e lasciare la mente libera di cerare nuove associazioni e di smarrirsi nelle impossibili oasi di una estetica pornografica e trascendentale - E poi eravamo tutti riuniti nel sottoscala di un palazzo a Garbatella, nella nostra sede clandestina e qualcuno raccontava storie ormai quasi dimenticate, di resistenza, di bombe, di attentati, di anarchia e rivolta e io ascoltavo e seguivo i fili sonori delle voci e e quelli ottici degli sguardi e poi ammassavo pensieri in un angolo della stanza, davo un sorso dal bicchiere di vino e tornavo a concentrami sul flusso audiovisivo, un ragazzo dai capelli lunghi stava facendo delle riprese e i compagni erano seduti in circolo e poi le parole sono finite e ci siamo alzati e abbiamo cantato vecchie canzoni e ho visto il volto di mio padre sorridermi e poi eravamo in macchina, di notte, senza parlare, sapendo bene quale era la nostra destinazione.

sabato 18 febbraio 2023

dream #135

 Si era rotto un tubo dell’acqua nella stanza, lo vedevo attraversare la parte bassa di un muro scrostato e ammuffito, verde scuro, azzurrognolo, avevo toccato il pavimento, era bagnato, avrei dovuto chiamare la proprietaria di casa e dirglielo, un’altra rottura di coglioni - Erano arrivati dei nuovi coinquilini, erano una coppia e avevano due figli piccoli, non avevamo parlato molto e poi eravamo in macchina e stavamo cercando di raggiungere un posto in cui avrei dovuto tenere un colloquio di lavoro, come al solito mi sono perso e le strade che vedevo non erano come quelle che ricordavo e le mie mappe mentali sono diventate confuse e poi eravamo dentro una cartina stradale, appiattiti, muovendoci in maniera virtuale in uno spazio inesistente, in un disegno, che solo dopo essere stato proiettato all’interno delle nostre menti sarebbe diventato di nuovo tridimensionale e percorribile - Siamo passati in un tunnel e non capivo se ne saremmo mai usciti - Una ragazza stava litigando con qualcuno, sul tetto del palazzo che avevo di fronte al mio balcone, era notte e pioveva e lei ha lanciato qualcosa, forse dei vestiti o delle scarpe e ho pensato di andare a controllare per vedere che roba fosse, era parecchio buio, così ho preso una torcia, per poi fermarmi a riflettere che non avevo la minima idea di dove andare a cercare - Una parte della sceneggiatura raccontava di una fuga e di un inseguimento e della presenza di un personaggio malvagio, forse un nazista, che ci stava cercando mentre noi continuavamo a nasconderci e a vagare all’interno di interminabili città sotterranee, appartenenti ad un futuro fantascientifico e apocalittico, mi ero ritrovato chiuso in un armadio ad attendere che la paura passasse, poi ero al volante della mia macchina, fuori dal tunnel psichico, le strade si annodavano come fossero serpenti vivi, più veloce, disse la donna che mi era seduta accanto, mettendo una mano sul rigonfiamento dei miei pantaloni, premendolo e accarezzandolo, ho accelerato senza pensarci troppo, incominciando a sentire una erezione, non sapevo dove stessimo andando, però era meglio sbrigarsi e non guardarsi indietro. 


mercoledì 15 febbraio 2023

freewheelin' #70

 Eravamo nella sala oscura di un teatro ma sembrava che nessuno stesse recitando sul palco spoglio, c’erano degli spettatori e nella fila davanti a quella in cui ero seduto c’era un bambino piccolo che ogni tanto si arrampicava sulla sua poltroncina, poi si girava e mi guardava stupito - Sono uscito per fumare e c’era anche Sara vicino a me, mi ha passato il tabacco, un pezzetto di hashish e le cartine e ho rollato una canna, poi l’ho accesa, ho fatto qualche tiro e gliela ho passata, era notte e intorno a noi, fuori dalla piccola struttura in cemento e vetro che doveva racchiudere il teatro, c’erano degli alberi, alberi bizzarri e strane piante, mi sono avvicinato per vederle meglio, per capire come erano fatte - Chissà dove eravamo in questo momento, chissà come eravamo arrivati fino a qui - Sono tornato verso Sara ma era scomparsa, intorno non c’era più nessuno, ho cercato la canna in un posacenere ma era vuoto, allora sono rientrato nella sala del teatro ed era già buio, sono scivolato fino al mio posto, Sara era seduta, l’ho guardata e ho preso la sua mano fra le mie. 

Viaggi in macchina lungo strade perdute e scenari avvolgenti e notturni e forse serie di paesi di cui non conoscevamo il nome anche se ci passavamo attraverso e tutto quello che avevo fatto in questo ultimo anno non era stato altro che cercarti nei luoghi della memoria, nelle strade, nei posti in cui avevamo vissuto insieme e tu non c’eri  più anche se quando chiudevo gli occhi e mi posavo una mano sul cuore e mi mettevo a respirare tu apparivi di nuovo ed eri dentro di me e sapevo allora che ci saresti rimasta fino a quando avrei camminato su questa terra.

Le luci tremolavano riflesse sulla superficie dell’acqua scura del lago, poi si fermavano e ne guardavo geometrie e composizioni, inventando con la mia immaginazione le forme più stravaganti ma anche quelle più semplici e c’erano coreografie danzanti di stelle nel cielo e ho pensato che sarebbe stato bello fare una lunga passeggiata e parlare dei ricordi o semplicemente sentire la tua voce e la tua presenza e osservare il tuo profilo e metterci a ridere e scherzare, amandoci un altro pò, prima che il mondo cambi e le nostre strade ci conducano in altri luoghi, lontani e misteriosi. 

Lontani e misteriosi.

domenica 12 febbraio 2023

dream #134

 Qualcuno mi aveva detto, mentre stavamo camminando di corsa in un tunnel per raggiungere un’uscita inesistente, che tutto si sarebbe risolto e che sarebbe arrivato un momento in cui avrei ricevuto altri soldi e che quindi non dovevo preoccuparmi e che tutte le cose che stavo facendo, i tentativi di trovare un lavoro, si sarebbero rivelati inutili una volta che fossero stati visti da quel punto incerto nel futuro, nel quale avrei potuto fermarmi e osservare me stesso, chiuso nelle illusioni di adesso o in movimento verso altre o in fuga perenne come lo scrittore voleva - Sara mi aveva messo i piedi in faccia mentre eravamo sdraiati sul divano, faceva scivolare le piante sopra il mio viso, ne potevo sentire consistenza e aroma, ho tirato fuori la lingua senza pensarci troppo e mi sono messo a leccarli - Ero con un gruppo di persone e stavamo passeggiando per le strade di una città che non conoscevo, c’era come l’impressione di trovarsi nel Sud della Francia e con noi c’era una ragazza disabile su una sedia a rotelle che qualcuno spingeva, sapevo che la mia macchina era parcheggiata da qualche parte e che c’era una borsa, al suo interno, che dovevo recuperare, solo che non mi ricordavo dove era l’auto e anche se a un punto ho creduto di vederla, gli scenari sono cambiati così velocemente che ho capito che non ci sarei mai arrivato - Eravamo all’interno di un piccolo autobus che ci stava portando chissà dove, non eravamo scesi ad una fermata che ritenevamo quella giusta e non potevamo tornare indietro, così siamo scesi a quella successiva, dopo che abbiamo attraversato alcuni svincoli di un’autostrada che si incrociavano fra di loro e adesso sembrava di essere in una parte vecchia di una città, con un fiume che brillava bluastro oltre alcune stradine piene di caffè e bar con tavolini fuori e persone sedute a parlare e divertirsi e allora ho abbandonato la sceneggiatura e chi stava tentando di adattarla a sequenze di smarrimento e angoscia e mi sono seduto a un tavolino bianco e avevo dei bei vestiti addosso e ho ordinato un cuba libre e accesso una cigarillo e quello scenario urbano mi piaceva e non volevo cambiarlo e poi è arrivata Sara e si è seduta accanto a me, era molto bella, portava i tacchi alti, mi ha sorriso e così ho immaginato i suoi piedi nella mia bocca insieme ad altri rituali feticistici e situazioni scabrose, siamo rimasti in silenzio a guardarci e a bere i nostri cocktail, sapevo che la stanza dei giochi non era molto distante.


venerdì 10 febbraio 2023

dream #133

 Sara mi aspettava fuori dalla porta e mi chiedeva come saremmo tornati in città, non sapevo cosa risponderle, avevo una moto parcheggiata da qualche parte ma non mi ricordavo dove e c’era sempre la possibilità di prendere un treno notturno, ci avremmo messo più tempo e avemmo dovuto trovare una stazione e al momento decidere cosa fare mi sembrava molto difficile, mi sentivo confuso mentre cercavo le chiavi dell’appartamento nelle tasche, senza trovarle - Ero in una stanza in cui c’era il mio zaino poggiato in un angolo e una donna stava rovistando in un cassetto, le ho chiesto cosa ci facesse lì e lei non mi ha risposto, poi se ne è andata via senza dire nulla e sul pavimento, vicino al letto, c’erano un paio di stivaletti rossi con il tacco molto eccitanti e ho visto un altro me stesso inginocchiato a leccarli, in una camera diversa, illuminata da candele accese - C’era un cinema sotterraneo dove ero stato a vedere uno strano film e nel quale dovevo tornare senza sapere come, continuavo a perdermi in una serie di cunicoli e corridoi, simili a quelli di una stazione della metropolitana - Poi mi sono ritrovato in una specie di piccolo parco e davanti ai miei occhi è apparsa l’architettura futurista di un auditorio che brillava nella luce del sole, c’era anche  un fiume al suo lato, attraversato da diversi ponti scintillanti e sapevo che la sala cinematografica era sotto al fiume e all’improvviso una mappa mentale, oscura e violacea si è impossessata del mio cervello, così sono rientrato in quella rete virtuale di vicoli, bui e misteriosi e ho continuato la mia solitaria ricerca - Avevo vissuto in questa città per quasi un anno, senza lavorare, senza mai veramente cercare lavoro e non potevo dire cose fosse successo veramente o in che maniera il tempo mi avesse avvolto e tenuto con sé, perché nel mondo interiore, quello dei respiri e della fantasia, non c’era nulla che potessi chiamare presente o passato o futuro, era un’unica preziosa materia invisibile nella quale scivolavo sempre più in profondità, fatta di immagini e sensazioni e luoghi della memoria e altri che diventavano come punti fra le linee delle mie cartine mnemoniche, disegni che qualcuno stava facendo con la mia vita o con quello che era stata, potevo osservarla, continuavo ad osservare ogni cosa, soprattutto me stesso nel vuoto di questa esistenza e delle sue illusioni - Sembrava mancasse un libro nello zaino, non si poteva sempre essere certi di tutto, con sicurezza, questa volta, ho chiuso la porta dell’appartamento, trovandone le chiavi, ho raggiunto Sara, che si era accesa una sigaretta e le ho detto che saremmo andati in treno, l’ho presa per mano e insieme ci siamo incamminato per raggiungere una stazione.

mercoledì 8 febbraio 2023

freewheelin' #69

 Sottotrame turbolente per sequenze da arresto cardiaco all’interno di una casa, nelle proprie stanze Rodolfo e un paio di amici hanno portato delle valigie piene di coca, perquisizioni e procedure poliziesche mentre siamo a un tavolo a parlare e dopo che i fatti, che gli eventi della sceneggiatura si sono svolti Rodolfo mi racconta un’altra storia, forse non uguale a quella che abbiamo visto insieme e di cui lui è stato protagonista - Propongo di fargli una intervista, di interrogarlo sulle sue idee, di scavare a fondo nelle sue responsabilità sceniche, avremmo anche bisogno di una videocamera per riprendere il susseguirsi delle nostre domande e risposte e vorrei isolarmi per qualche minuto e poter buttar giù una sorta di questionario psichico e artistico, qualcosa che arrivi al subconscio e lo faccia lavorare in disparte, non condizionato dalla ragione o dalla sequenzialità logica - Mi alzo e vado in un bagno, in cui entro anche se è già occupato, mi lavo le mani e in un cestino di vimini trovo delle pasticche di E, ne prendo un paio e me le infilo in tasca - Nel cortile del palazzo intanto sono arrivate molte persone, sembra una giornata invernale anche se non fa freddo, i colori sono lividi ed è come se non ci fosse la luce, molti dei presenti stanno parlando, discutendo di quanto è avvenuto ai piani superiori, ci saranno delle indagini, dei colpevoli verranno additati oppure tutto rimarrà nero su bianco sulle pagine di un copione che nessuno ha scritto anche se gli attori in scena hanno dovuto recitare quelle righe e quelle parole e immedesimarsi nei personaggi di questa mattina - Potremmo prendere alcune delle armi che hanno nascosto da qualche parte in una delle stanze della casa e spargere del sangue e trasformare il complotto in azione omicida e prefigurare così una coreografia di corpi sbudellati e di psicosi narrativa - Torno vicino a Rodolfo e ricominciamo a parlare, forse dovrà partire, scomparire per un pò, se lo lasceranno andare, lo vedo afferrare una valigia e poi salutarmi, mentre gli dico di non aver paura e che io mi occuperò del servizio e della finzione, delle parole e delle menzogne e che si, può stare tranquillo, il regista è stato soddisfatto e le prossime sequenze avranno luogo chissà dove, sicuramente non qui, buon viaggio amico mio, gli passo una delle pasticche di E e lo accompagno alla porta.

lunedì 6 febbraio 2023

freewheelin' #68

 La casa di Patrick era stata messa in vendita e così ero andato a vederla un’ultima volta, era in campagna, isolata, credo in prossimità di una montagna, aveva un’anima quella casa e un’attenzione speciale per i mobili e l’arredamento, con un gusto retrò, decadente, artistico, piena di bizzarri oggetti. Ero salito al secondo piano, composto da una sola lunga stanza, in un angolo c’erano un paio di piccole stufe di legna, ora spente, ho aperto lo sportello di una di esse e c’era della cenere dentro, l’ho toccata e poi mi sono pulito le dita sulla manica delle mia camicia lisa, la moquette sul pavimento era consumata, punteggiata di bruciature di sigarette, mi piaceva quel mosaico di fallimenti ed esaltazioni notturne, c’erano due divani di pelle ormai screpolata che davano su una grande vetrata, da cui si poteva vedere il panorama esterno, le colline, le montagne, verdi e azzurre in lontananza - Era notte e stava piovendo, era buio e i lampi apparivano nella mente, scariche elettriche, composizioni geometriche bianche simili a interferenze sotto le palpebre - Avevo preso una birra dal frigo, era ancora mattina, l’avevo stappata, avevo dato un sorso e poi ero uscito fuori, in giardino - C’era il sole, ho camminato a piedi nudi sull’erba, ho raggiunto un tavolo di legno, ho dato un altro sorso alla birra, mi sono seduto e mi sono messo a scrivere - Troppo presto per bere, osserva qualcuno - Fanciullo, sono ancora uno scrittore - I videotape delle serate private di Patrick in quella casa, quando metteva in scena i suoi spettacoli, i suoi numeri musicali in cui si travestiva e ballava o indossava bizzarri costumi creati da lui stesso - Qualcuno aveva bussato alla porta, un paio di agenti della psicopolizia, volevano fare una perquisizione (avevo trovato una mezza canna spenta sotto uno dei cuscini del divano, ma non l’avevo fumata), era anche arrivato Julian con una teiera ancora calda (probabilmente piena di mushroom tea), intanto i poliziotti non sapevano bene che fare, erano giovani e impacciati, uno di loro mi ha dato un foglio, gli ho dato di pulircisi il culo - Ci siamo seduti a un tavolo della cucina, io e Julian, anche il primo piano della casa era formato da un unico grande spazio che la nostra immaginazione creava e cambiava, modificando la posizione dei mobili e degli oggetti al suo interno - Ho preso un vecchio servizio cinese da tè in porcellana, Julian ha riempito le tazze, Robert ha messo su un disco di Chet Baker, eravamo in silenzio, da un teca di vetro Julian ha preso un pipa da oppio, le notizie del mondo sembravano essere svanite, così come i programmi e i piani di guerriglia sovversiva, ci eravamo ritirati, al momento, nei nostri mondi personali, a parlare di letteratura, arte, musica, fotografia, poesia, cinema e pittura - Come ero arrivato in questa casa non lo ricordavo, era una proiezione perfetta della mia psiche, della mia personalità, della mia essenza - Presi un libro di poesie di William Blake dalla libreria, mi sedetti su una poltrona rossastra, tra cuscini polverosi, l’odore delle cose antiche mi ammaliava - La notte, fuori, sembrava essere tornata.

martedì 31 gennaio 2023

dream #132

 Camminavo con mio padre, stavamo andando da qualche parte insieme e lui ha detto che sarebbe stato meglio comprare una bottiglia di vino, così ci siamo fermati in un negozio e quando è arrivato il momento di pagare, un uomo, vicino alla cassa, ha preso il pezzo da venti euro che mio padre aveva in mano e lo ha strappato, volendo dimostrarci così che era finto, allora mi sono avvicinato all’uomo e gli ho detto che era un bugiardo e alcuni dei suoi amici, appena apparsi nel negozio, mi hanno accerchiato, sussurrandomi delle cose oscene nell’orecchio, potevo vedere i loro volti come fossero i primi piani di un film noir  di pervertiti - Siamo usciti dal negozio e credo che fossimo nel quartiere dove avevo lavorato per alcuni anni come insegnante e avevo la sensazione che ci stessimo dirigendo proprio verso il mio vecchio ufficio, così ho detto a mio padre che avremmo fatto meglio a tagliare per un’altra strada che conoscevo - Siamo arrivati in un luogo in cui c’era una specie di festa, però non mi sentivo tranquillo, c’era qualcosa che mi turbava in quel posto, così ho detto a mio padre di proseguire e ci siamo ritrovati in una piccola piazza, era sera adesso e c’erano delle persone sedute per terra o su degli scalini e non mi sembravano molto raccomandabili, erano come ombre ed emanavano un’aurea di disperazione, siamo andanti avanti, cercando di raggiungere vie più luminose - Ero in una casa e stavo parlando al telefono con Paul, non so da dove mi stesse chiamando, mi diceva che potevo rimanere lì fino a quando non fosse tornato - Ero in una vasca e mi stavo lavando, avevo però ancora dei vestiti addosso, così mi sono alzato e ho incominciato a levarmi  la roba che portavo, in una tasca della felpa ho trovato la mia macchinetta fotografica digitale, speravo non si fosse danneggiata, così l’ho appoggiata su una mensola, sembrava stranamente asciutta, rimasto nudo mi sono risistemato nella vasca, l’acqua era ancora calda, piacevole, mi sono disteso e ho chiuso gli occhi. 

martedì 24 gennaio 2023

dream #131

 Avevo letto su un giornale che una donna che conoscevo era morta, la notizia mi aveva lasciato turbato, non era una persona con la quale avevo avuto chissà quale relazione però leggere del suo decesso sulle pagine di un quotidiano non era stato piacevole - Era notte ed ero uscito di casa e mi ero incontrato in una piazza con altra gente, poi ero entrato in una specie di convitto di suore e una di loro mi aveva spigato come funzionasse lì dentro, eravamo seduti ad un tavolo in una piccola mensa e lei mi ha offerto una tazza di tè - Poi ero nel cortile di un palazzo, insieme ad altri ed era quasi sera e sopra di noi sono passati degli aeroplani che hanno iniziato a rilasciare un gas dal colore bianco, quelli che avevo intorno si sono spaventati, dicendo che dovevamo scappare e trovare un rifugio - Sono tornato a casa e ho incontrato Sara e le volevo dire di questa notizia che avevo visto sul giornale ma non riuscivo più a trovare il quotidiano per fargliela leggere - Allora ho cominciato a pensare che non fosse vero, che mi fossi inventato tutto, che forse quel gas che avevano lasciato cadere avesse qualche effetto allucinogeno, in grado di cambiare il corso dei miei pensieri - Ho trovato il giornale ma mancavano delle pagine - Qualcuno ha bussato alla porta, sapevo che era un uomo e che non dovevo farlo entrare, poteva essere pericoloso, così, in silenzio, sono andato sul terrazzo e mi sono nascosto - Mostravo il giornale a Sara ma adesso le notizie erano diverse e del nome della donna che era morta non ve ne era più traccia. 



venerdì 20 gennaio 2023

dream #130

 Ero in macchina con Sara, eravamo stati chissà dove e ora stavamo tornando da quel luogo e qualche strana entità ci stava inseguendo, sapevamo però che nell’auto eravamo protetti, c’era poca benzina nel serbatoio e lei aveva finito le sigarette - Siamo arrivati in una città e ci siamo persi fra le sue strade e Sara mi ha detto di girare da una parte ma era una via contromano, così ho fatto una strana manovra e ho parcheggiato dietro a una macchina bianca - Stavamo camminando, era quasi il tramonto e Sara mi ha detto che avremmo potuto dormire in città, prendere una stanza per la notte, mi sembrava una buona idea - Ci siamo ritrovati in una casa molto grande e stavamo parlando con un uomo e lui ci ha detto che il metadone sarebbe stato distribuito prima di cena - Ero in una vasca da bagno piena d’acqua, è apparsa Sara, si è inginocchiata e ha iniziato a succhiarmi le dita dei piedi, poi quelle delle mani, sorrideva, poi se ne è andata e sono rimasto da solo, pensando a lei e a tutto quello che sarebbe potuto ancora succedere.


martedì 17 gennaio 2023

Roma #33

 Alcune volte arrivavano delle risposte alle mail che mandavo in giro con il mio curriculum, una pantomima di ricerca di lavoro che mi lasciava con la coscienza a posto, non che me ne fregasse un cazzo, era giusto per fare qualcosa, così quando mi contattavano, spinto dalla curiosità, andavo a vedere di cosa si trattava. 

Un paio di persone mi avevano chiamato per un posto da insegnante di italiano. Il primo era in una scuola per il recupero degli anni scolastici. Il giorno del colloquio ero arrivato un pò in anticipo e così come da copione mi era toccato aspettare, già dopo cinque minuti me ne sarei voluto andare via di là, la sala era buia, senza finestre, c’era un’enorme stampa di una faccia da cazzo che immagino fosse il fondatore della scuola, mi tornavano in circolo tutte le brutte sensazioni di quando avevo insegnato per una cooperativa, il mio corpo ancora non l’aveva smaltita tutta quella merda, ancora se la ricordava, poi c'è stato il colloquio con un tipo che non avevo ben capito chi fosse, mi ero pure vestito decentemente per l’occasione, abbiamo parlato con un divisore di plastica che ci separava, precauzioni da pandemia, abbiamo chiacchierato per una quarantina di minuti, ero più io a fargli delle domande che lui a me, mi incuriosiva tutta questa baraonda di lezioni on line che si erano dovute tenere durante il covid, c’era stata un’evoluzione o una involuzione dell’insegnamento che mi faceva riflettere e anche capire che non ne volevo fare parte in nessuna maniera, soprattutto non volevo essere un professore per adolescenti rincoglioniti, i cui genitori erano disposti a sborsare ingenti somme di denaro pur di fargli prendere il diploma, recuperando così gli anni perduti, bella merda, avrebbero potuto studiare e impegnarsi e farcela da soli. Ringraziando le divinità delle discipline umanistiche il tipo della scuola non mi ha più richiamato, così la storia si è conclusa ancora prima di iniziare. 

Un secondo colloquio l’ho avuto in una azienda che si occupava di energie rinnovabili e cercava un insegnante di italiano per alcuni dei loro dipendenti spagnoli. Anche qui dopo la chiacchierata conoscitiva nulla da fare. Meglio così un’altra volta, fanculo alle aziende. Per questa occasione mi ero comprato un paio di scarpe nuove, 10 euro da Decathlon, giusto per la solita messinscena, più camicia nera da tre euro presa a un banco di bengalesi al mercato sotto casa. Faceva un caldo della madonna il giorno del colloquio, era agosto e i piedi mi stavano andando a fuoco. Solita attesa causata dal il mio inevitabile arrivare in anticipo. C’erano due tipe alla reception, giovani, curate e vestite bene, che mi hanno fatto accomodare su un divanetto nella sala d’aspetto. Una di loro poi mi ha pure dato un pass per farmi entrare nell’edifico. Troppa formalità, merda. Il colloquio l’ho fatto con una donna spagnola che parlava un buon italiano, eravamo nella lounge room dell’edificio, me cojoni, ho pensato, ricordandomi il lurido divano arancione di Guidonia, dove mi sedevo nell’attesa dei miei studenti o nelle lunghe pause fra una lezione e l’altra, era di  qualche materiale sintetico arancione, sudicio, sfondato, la pelle ti ci si appiccicava sopra durante l’estate, quando mi toccava andare lì, con la puzza di scorreggia del cibo che portavano per quelli del centro di accoglienza, visto che la sala mensa e l’aula erano purtroppo lo stesso luogo.

L’unica vera novità che mi era piaciuta da quando ero tornato a Roma, in termini di guadagnare soldi, era stata quella di modello per una classe di disegno. Era fantastico, avrei dovuto scoprire prima questa mia vocazione. Mi spogliavo, rimanevo nudo e immobile in una posa per un paio di ore (con pause di cinque minuti ogni venti) e alla fine, Tim, il pittore che gestiva la scuola di disegno, mi allungava 40 euro. Meraviglioso. Peccato che mi avesse chiamato solo due volte.

Questa mattina invece ho fatto un test che mi hanno mandato quelli delle poste italiane per un lavoro di portalettere (le stavo tentando un pò tutte, lo so), esperienza quasi psichedelica, con il test pieno di sequenze di figure e figurine geometriche  che andavano combinate fra loro o delle quali bisognava capire la mancante in una serie la cui logica apparteneva probabilmente più agli alieni o a un branco di imbecilli, cosa c’entrava questo test con il lavoro di portalettere rimaneva però un  bizzarro mistero. Così a pranzo me ne sono andato al Pigneto, a bermi una birra e a vedere la gente passare. Ancora libero e senza nulla da fare.

sabato 14 gennaio 2023

(fuori)Roma #32

 Ero andato al lago di Bracciano, perché faceva caldo dentro casa ed era luglio e ci trovavamo nel mezzo dell’estate, quella dei ricordi, quella dell’adolescenza, quella del tempo come uno spazio informe, senza obblighi o orari da rispettare, senza un lavoro, se non quello costante dell’immaginazione. Avevo trovato una spiaggetta dalle parti di Vigna di Valle, ci ero stato un paio di volte con Sara, quando era venuta a trovarmi. Avevamo passato una settimana insieme, girovagando per Roma e fuori di essa. Ero stato bene con lei, era da tanto che non la vedevo così serena e sorridente. 

Ero arrivato al lago e mi ero sistemato vicino a degli oleandri, avevo piantato l’ombrellone, steso il pareo sulla sabbia (ferrosa e per questo rovente quando il sole iniziava a picchiare) e mi ci ero sdraiato sopra. Poi avevo tirato fuori dallo zaino Morte a Credito di Celine (che avevo intenzione di finire) e mi ero messo a leggere. Ero tranquillo, il cuore leggero e quasi nessuna preoccupazione in testa. Dopo un pò sono arrivate due signore anziane, si sono messe alla mia sinistra e hanno iniziato a parlare. La loro conversazione si è protratta per le seguenti sette ore senza interruzioni, se non per una breve pausa pranzo a un bar poco distante. Stranamente non mi sono sentito infastidito dai loro discorsi, la solita  inarrestabile sfilza di luoghi comuni su altrettanti luoghi comuni come figli, famiglia, nipoti e stronzate similari. Ogni tanto mi andavo a fare un bagno nel lago per rinfrescarmi e con mia somma gioia l’acqua che mi rimaneva nelle orecchie formava una sorta di membrana naturale che mi faceva sentire di meno, così quando tornavo sotto l’ombrellone le chiacchiere delle due donne diventavano attutite, smorzate e innocue. 

Durante la mattinata sono arrivate poi altre due donne, queste più giovani, straniere, con prole al seguito. Una di esse sembrava incapace di esprimersi se non attraverso l’uso di urla animalesche per richiamare i propri figli o quelli della sua amica. Quando invece si confidavano fra loro le due donne parlavano più piano, in rumeno e per lo meno questa differenza linguistica mi lasciava un pò di spazio libero per immaginarmi cosa stessero dicendo o per osservare le somiglianze fonetiche fra la loro lingua e la mia. Anche il loro strazio verbale è  comunque durato per svariate ore. 

Leggevo concentrato le parole di Celine e quelle delle donne mi attraversavano  il cervello quasi senza peso. L’aiuto dell’acqua nelle orecchie era poi un dono improvviso delle divinità della lettura e della solitudine. Verso l’una mi sono andato a bere una birra al bar lì vicino (dove anche le due vecchie erano sedute  a un tavolino continuando la loro maratona logorroica). Ho sorseggiato tranquillamente una Ceres, sgranocchiando delle patatine al lime e pepe rosa. Poi sono tornato a stendermi sul pareo, il chiacchiericcio circostante e il cicalare di alcuni insetti (non c’era poi molta differenza) insieme al calore e all’abbraccio dell’alcol mi hanno fato addormentare immediatamente. Quando mi sono risvegliato, più di due ore dopo, la situazione non era cambiata, tutte e quattro le donne continuavano nelle loro attività: parlare e gridare. Ho deciso di andarmene, ho raccolto le mie cose, sono tornato alla macchina, ho messo in moto e ho iniziato a circumnavigare il lago di Bracciano. 

Ho fatto una sosta a Trevignano, fermandomi un’oretta su un pezzo di spiaggia che pensavo fosse libera. Poi sono arrivate un paio di donne con i loro cani al seguito. Ci siamo di nuovo, ho pensato. Avevo questa teoria che le donne che non avevano figli per compensare questa assenza riversano la loro maternità sui cani. Mi sembrava orribile. Ho fatto anche un bagno, l’acqua era una merda. Così me ne sono riandato verso la macchina, scoprendo un cartello che non avevo visto quando ero arrivato, che diceva Bau Beach, cioè un pezzo di spiaggia (proprio quello in cui mi ero fermato) in cui i cani e i loro proprietari erano liberi di divertirsi e stare insieme. Pazienza, non sarei ritornato in quel luogo. 

Era quasi sera e la luce stava diventando quella dei sogni e delle visioni. Ho guidato in questo stato leggermente trascendentale fino a casa. Mi sono fatto una doccia, ho stappato una birra e mi sono seduto in terrazza. Il cielo stava diventando rosa, poi viola, poi blu cobalto. Ho pensato a Sara e a quanto mi sarebbe piaciuto averla accanto in questo istante.


freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...