mercoledì 21 dicembre 2022

(fuori)Roma #31

 La sabbia e gli odori dell’estate. Il litorale. Pratica di mare. Torvajanica. Le dune e i pompini. Lo Zion c’era ancora, lo avevano risistemato, anche se così aveva perso la sua aurea di covo di banditi, trafficanti e pirati. Chissà che fine aveva fatto Geppo. Ci  andavo il lunedì mattina quando gli altri uscivano per rinchiudersi nei loro lavori, non sapevo quanto sarebbe durata anche questa storia, come al solito non me ne importava, sentivo che la catastrofe era vicina, meglio così, tutto sarebbe cambiato di nuovo. Nei sogni avevo incontrato Tim che mi aveva dato una boccetta mezza piena di un liquido altamente allucinogeno, di cui bastavano poche gocce per sentirne i potenti effetti. Poi avevo visto Paul, poi ero stato con Sara che mi aveva baciato.

Non c’era quasi nessuno intorno e le onde arrivano lucenti e lente, con il bianco scintillante della schiuma, avrei voluto trascendere questo mondo, quello delle persone con i loro stupidi e continui e purtroppo inutili problemi, rimanere in contemplazione di quanto di meraviglioso continuava ad esistere fuori e dentro di me. Si stava bene da soli, più di quanto avessi mai creduto, le decisioni da prendere erano più semplici, avevo voglia di tuffarmi, di farmi un bagno, poi asciugarmi al sole e rimanere così per l’eternità. Godermi questo tempo infinito racchiuso in ogni secondo mentre tutto il resto vorticava in una danza senza senso, anche questi istanti spariranno e la mia voce ti parlerà ancora, quando  ti accorgerai che non sarò più qui.


martedì 20 dicembre 2022

dream #128

 Battaglie aeree dove mi ritrovo a pilotare un veicolo volante di cui però non ho ricordi, so che tutto questo è accaduto, ma come? E dove? Un donna di colore mi lascia suo figlio e insieme, io e il bambino, ci ritroviamo a camminare in un centro commerciale sotterraneo - Ci fermiamo in un pub, ordino una birra per me e una cocacola per il bambino, rimaniamo al bancone, mi metto a parlare con alcuni uomini - Mi sveglio in una casa che non conosco, da solo, mi chiedo dove sia finito il bambino, provo a chiamare la madre dal mio cellulare ma il telefono non funziona, mi alzo e giro per la casa, è strana, dai colori scuri e opachi, in una stanza, del tutto spoglia se non per la presenza di un letto, c’è una ragazza che dorme, provo a svegliarla senza riuscirci, torno nella stanza dove avevo aperto gli occhi - Entrano un paio di ragazze, mi dicono che dobbiamo girare un video, mentre cominciano a spogliarsi i loro corpi scompaiono - Sono per strada cercando di raggiungere un posto nel quale so che devo arrivare, non riconosco nulla di quello che ho intorno - Il viso di una donna di colore è davanti al mio, è gigantesco, sembra una enorme maschera africana, mi dice che suo figlio sta bene, mi dice che qualcuno mi ha dato un cocktail, la notte prima, dove avevano sciolto una pasticca, le dico che non ho ricordi di quanto è successo, le sue labbra continuano a muoversi, rimango in silenzio a guardarle - Cammino ancora lungo vie sconosciute con la speranza nel cuore di trovare una stazione per prendere un treno o un bus che mi portino via di qui.

lunedì 19 dicembre 2022

Malaga #2

 Di cosa parlavano le altre persone? Dove andavano? Dopo un pò di anni e di esperienze uno si doveva pure accorgere che la vita diventava una ripetizione costante e che oltre i limiti fisici che ci erano stati imposti non si poteva andare.  Certo, c’erano i sogni, le sostanze stupefacenti, le piante sacre, la meditazione, l’energia sessuale, ma finito il viaggio, terminata la cerimonia purtroppo sempre qui si tornava. Dunque perché continuare a girare nella ruota quando si aveva la possibilità di rimanere fermi? Domande che lo scrittore si poneva in mattine piovose, seduto al tavolo della sala da pranzo, intento a scrivere e ad andare avanti lungo il suo cammino. La vita fluiva più intensamente dentro di noi, quando non c’erano distrazioni di alcun tipo, quando i sensi e l’intelletto non erano attratti dalle stronzate esterne - Qualche coglione aveva interrotto il flusso della mia scrittura facendo rumore, spostando sedie, parlando a voce alta, fanculo a lui e al suo altrettanto imbecille interlocutore - Comunque lo spirito, l’anima, il sé o qualsiasi altra cosa avessimo dentro era lì, luminosa, quieta, eterna, a volte la potevamo incontrare anche fuori, riconoscerne la medesima essenza e allora si creava una sintonia con il mondo che diventava un momento di estasi, purtroppo le rotture di coglioni quotidiane erano troppo numerose (bisognava starci attenti a queste cose sennò finivano per prendere il sopravvento) e allora dovevamo imparare a non ascoltarle, a lasciarle andar via - C’era anche il gioco della follia che sempre ci aspettava, così saremmo diventati un altro, un individuo estraneo a noi stessi, ci saremmo scordati da dove venivamo e dove stavamo andando e nulla avrebbe avuto più importanza.

Me ne resterò un altro pò qui, seduto, a guardare le persone passare, a bere vino, senza far niente, poi me ne andrò, forse a casa, forse dove non avevo mai pensato di poter arrivare, da solo, si, da solo, questo si che mi piacerebbe, continuare a viaggiare in compagnia di me stesso, la migliore, in alcuni momenti, anche nei peggiori preferibile a quella di altri, prima che tutto cambi e nei ricordi possa ancora guardarti.


domenica 18 dicembre 2022

Orgiva #78

 La luna gira e gira e salgono e scendono le emozioni come fossero maree, lacrime e risa, più lacrime che risa e le attrazioni magnetiche dei pensieri negativi, li osservavo mentre rifluivano e aspettavo che mi abbandonassero, delle decisioni andavano sempre prese anche se non avrei voluto, soprattutto adesso che mi trovavo sul lato oscuro di me stesso e una voce suggeriva di mollare definitivamente ogni cosa, le piccole stupide illusioni quotidiane, i desideri irrealizzabili che mi tormentavano, le parole che mi facevano ancora male, questa inutile e oscena cattività, questa gabbia di sentimenti soffocanti. 

A volte il pensiero della morte mi sembrava una dimensione appagante, quieta, poi ci sarebbe stata l’attesa della prossima rinascita, nella quale mi sarebbe piaciuto essere una pietra, un albero o magari un gatto ma mai, mai, mai più un essere umano, questo no, era uno scherzo crudele, un ridicolo spettacolo di poche ore, come aveva detto qualcuno, ripetuto per secoli, ognuno con la sua meschina brama di dire e fare quando era così evidente come ogni cosa fosse passeggera e transitoria, la gloria, la fama, il successo, il potere, erano una moltitudine di sciocchezze che avevano la stessa consistenza dell’aria o forse anche meno.

Le rondini volavano veloci nel cielo e Pepe sembrava invecchiato di quasi dieci anni, avevano smantellato il Chico Bar (chissà dove erano finiti Miguel e i suoi parrocchiani) e ci avevano fatto un altro di quei ritrovi vegani per hippie con i soldi e suonatori di tamburi barbuti e gaudenti, che non capivo bene se anche loro avessero iniziato a starmi sui coglioni. La luce del sole mi avvolgeva mentre fantasticavo ancora sulla concreta possibilità di rimanere per i miei anni a venire nella pura contemplazione di me stesso, di quello che avevo dentro, dei riflessi interiori, delle meraviglie della natura, del film incessante dei ricordi. E poi il silenzio e la danza della mente, quando i pensieri tacevano e apparivano forme e colori e coreografie di intuizioni o idee senza senso che potevano diventare arte o follia, che potevano trasformarsi in uno scritto, corsaro suggeriva sorridendo un vecchio scrittore omosessuale, come quello di adesso, quando la mano scivola lungo l’orizzonte del foglio, del mare interiore, senza sforzo, senza attriti e io mi sento di nuovo a casa, in questo mondo e in quelli dell’immaginazione, dove ci saranno altri viaggi ad aspettarmi, dove c’è la misteriosa consapevolezza che la vita stessa sappia dove condurmi, in altri luoghi ancora sconosciuti eppure già così familiari al mio cuore.

C’era ancora il profilo di una montagna che respira davanti ai miei occhi e poi chissà cosa al di la delle sue linee che vibrano di colori caldi e pulsanti, forse solo la maestosità dell’abisso che ci portiamo dentro, che si agita, freme e ondeggia senza mai smettere di essere puro e immobile nelle profondità del suo oscuro splendore.


venerdì 16 dicembre 2022

dream #127

 Ero in giro per un paese e su un muro di un palazzo, in un vicolo, erano appesi due grandi quadri di Sara, volevo fotografarli ma qualcosa nella mia macchinetta fotografica non funzionava, così l’ho aperta e mi sono accorto che il rullino era finito - Sono andato in un bar a comprarne un altro e una volta dentro mi sono messo a parlare con la proprietaria, domandandole se avessi pagato qualcosa che pensavo di aver consumato prima (con Paul? Forse in una scorribanda alcolica?) - Sembrava tutto a posto e non c’erano conti da saldare, poi è entrato un uomo, forse il marito della proprietaria, mi sono sentito a disagio e me ne sono andato, tornando ai quadri di Sara - Davanti a essi c’erano un paio di ragazzi e ho cominciato a discutere con loro di arte e pittura e gli ho detto che il vero artista non faceva mai nulla per denaro ma solo per amore dell’arte stessa e del suo istinto creativo, loro sembravano essere d’accordo anche se non capivo bene cosa stessero dicendo - Ero in un bagno e mi stavo cambiando i vestiti - Ero di nuovo per i vicoli del paese, vagando come al solito, in cerca di scatti e di inquadrature - Un uomo mi ha chiamato da un angolo, gli ho sorriso ma ho deciso di non seguirlo.

martedì 13 dicembre 2022

dream #126

Ero in una vasca piena di acqua ma la sensazione era più quella di averci dormito dentro e di essermi appena svegliato, avevo un pò freddo, così ho aperto il rubinetto dell’acqua calda - Stavo camminando per le strade di una città, pensando di andare all’università per seguire una lezione di scrittura creativa ma poi mi sono detto che non era altro che una stupida perdita di tempo, così ho deciso di continuare a vagare - Nelle sale di quello che sarebbe potuto essere un centro sociale un gruppo di persone stava girando un videoclip, mi sono avvicinato a una di loro e ci siamo messi a parlare, poi un uomo mi ha dato una poesia scritta fra le righe di una pagina stampata, non riuscivo  bene a leggere le parole, avevo bisogno di più luce, così ho deciso di uscire fuori, accorgendomi che adesso c’erano più persone in giro di quando ero arrivato - Quando ho provato a rientrare dentro si era formata una piccola calca davanti all’ingresso del centro sociale, ho cercato di farmi largo e all’improvviso è iniziata una musica punkrock e le persone si sono messe a pogare - Ero di nuovo in una delle sale, ho adocchiato una sedia di plastica e mi ci sono andato a sedere, ero stanco, nella mia mente sono apparse delle immagini come fossero quelle registrate da un cellulare, a cui poi si è aggiunta anche la colonna sonora, video e audio erano di bassa qualità ma sembravano una buona idea per fare un videoclip - Ero con Lolo in una stanza, indossavo la mia camicia floreale e psichedelica, io e lui stavamo discutendo di mescalina e mezcal e della differenza fra le due sostanze, sembrava estate, Lolo ha acceso una sigaretta, l’ho guardato e sono rimasto in silenzio.


mercoledì 7 dicembre 2022

Roma #30 (ostiense)

Ostiense, piove. Alla destra una parte del gazometro galleggia nell’aria grigia, ho parcheggiato poco distante e mi sono messo a scrivere. Dallo stereo la musica dei St. Germain, il loro album Boulevard. Ieri sera ho visto Cannibali di Liliana Cavani, a Garbatella, nella sede anarchica. Mi sono bevuto un paio di birre durante il film. Mi ha fatto quasi bene stare di nuovo in un piccolo gruppo di persone. Volevo fare delle foto oggi ma la luce non è quella giusta, sia nel cielo che nel mio cuore, sto scrivendo su un foglio di carta trovato in macchina e c’è qualcosa di romantico in tutto questo. Non sono molto lontano dall’Alpheus, ci andavo ogni tanto a ballare e ubriacarmi quando ero un ragazzo, non ho molti ricordi di quelle serate. C’era anche un pub dove si potevano fumare le canne, più giù, sempre sull’Ostiense, poi l’hanno chiuso, ma questo è successo tanti anni fa. Le gocce di pioggia formano composizioni astratte e liquide sul parabrezza e al di là di esso ci sono altre macchine parcheggiate e forse lungo le strade, fra i palazzi, c’è una di quelle esistenze che lo scrittore brama e inventa, dalle quali è sedotto nei sogni e nelle fantasticherie diurne o quando si riposa a occhi chiusi sotto un albero o su un divano - Una piccola stanza, i tappeti, i cuscini, gli oggetti, le scatole con le sostanze, i libri, i dischi, i quaderni e il tempo, tutto il tempo a disposizione, per scrivere, più di ogni altra cosa o per non fare niente, per oziare, per ricordare, per lasciarsi trasportare - La memoria è sull’asfalto, si sta sciogliendo e io ho voglia di camminare e sognare nel giorno, solo un altro pò, visualizzando nuove camere, immergendomi nei riflessi lucenti della vita, in quello che solo io posso vedere e amare e piangere e rincorrere e smarrire. Fra queste strade, nella loro sporcizia, negli angoli bui, in quei portoni dove non si dovrebbe entrare mai e per questo così invitanti e misteriosi. Continua a piovere, leggermente, in una mattina simile a quelle in cui mi perdevo solitario per qualche città inglese. Vagando nel vuoto, perché era quello che sempre avevo voluto. Essere libero e non dirlo a nessuno.

giovedì 1 dicembre 2022

dream #125

 Ero in una stanza, forse di un albergo, era strana, somigliava a un piccolo magazzino, con degli scatoloni poggiati alla rinfusa sul pavimento - Sono andato nel bagno e ho cominciato a riempire la vasca d’acqua, era rialzata e poggiava su un braciere fatto di mattoni in cui c’era della legna che all’improvviso ha preso fuoco, senza fare fumo - Ero in un’altra stanza e stavo parlando con un uomo, il padre di qualcuno che conoscevo e discutevamo dei libri di Jean-Claude Izzo e lui voleva regalarmene alcuni - Poi eravamo in un autobus che ci stava portando ad una stazione ferroviaria, quando sono sceso mi sono accorto di essermi dimenticato lo zaino sull’autobus, mi sono toccato le tasche dei pantaloni, il portafoglio c’era ancora - Ero in un palasport per ascoltare un concerto dei Pink Floyd, c’erano anche mio padre e Marco, eravamo già seduti, poi sono dovuto andare a pisciare e il concerto è iniziato, uscito dal bagno ho cercato di tornare al mio posto ma mi sono perso e mi sono ritrovato a un livello diverso da quello in cui erano Marco e mio padre, ho trovato una porta e l’ho attraversata e ho camminato per un lungo corridoio, c’erano anche altre persone, a cui volevo chiedere delle informazioni, ma quando lo facevo loro non mi rispondevano, sono arrivato in un’altra grande sala per concerti, mi sentivo confuso, ho continuato ad andare avanti e mi sono ritrovato in un luogo incredibile, sottoterra, permeato da una luce soffusa, una gigantesca caverna, c’erano enormi monumenti, dalle bizzarre e misteriose forme, fatti di pietra e metallo, mi ricordavano vagamente le opere dei babilonesi, non sapevo cosa fossero, non sapevo dove ero, sentivo quella sensazione di essere come in un museo, un turista onirico, ho proseguito fino a un’altra porta, era aperta e ci sono entrato - Un’altra città, cercavo con lo sguardo il palasport dove c’era il concerto dei Pink Floyd, non riuscivo a vederlo, non sono mai stato qui prima, ho pensato, volevo solo tornare da mio padre e da Marco, poi loro due sono apparsi dal nulla e mio padre mi ha chiesto che cavolo di fine avessi fatto e che mi stava cercando, allora l’ho abbracciato e gli ho detto che ero qui e poi insieme siamo svaniti di nuovo.

martedì 29 novembre 2022

dream #124

 La casa era piena di bambini, era strana, suddivisa su diversi livelli, con camere strette e piene di oggetti e c’era Sara che andava da una parte all’altra, cercando di organizzarsi per precipitarsi poi chissà dove, ogni tanto la seguivo, per curiosità, per vedere cosa stesse facendo, poi mi sedevo, fantasticando e aspettandola - Ha cominciato a piovere e a tirare vento e la tenda del terrazzo si è sganciata dai suoi appigli, la parte destra per essere precisi, sbattendo nell’aria come la vela impazzita di una barca, dovevo essere stato un marinaio in qualche altra esistenza, un viaggiatore solitario, un taciturno scrittore e Sara mi è passata davanti, continuando ad andare avanti e indietro, ogni tanto mi diceva qualcosa, la sua energia finiva sempre per pulsarmi dentro, femminile, misteriosa, caotica - Ero in un’altra casa, sempre dalla bizzarra architettura, c’erano delle piccole stanze piene di foto e stampe attaccate sulle pareti e ragazzi e ragazze al loro interno, non sapevo perché mi trovassi lì e chi fossero quei giovani, così me ne sono andato e mi sono messo a camminare per la città e sono arrivato in una zona periferica, era tutto sporco e poi è apparso un  grande cortile colmo di immondizia, circondato da alti e squallidi palazzi e macchine parcheggiate dove capitava, mezze sfondate, poi è passato un uomo straniero sopra un motorino, salutandomi e dopo è comparso un ragazzino e gli ho chiesto informazioni sopra una scuola di teatro, sugli orari e sulle iscrizioni e lui tranquillamente me le ha date, prima di girarsi e svanire nel vuoto - Ero nella casa di mio padre, pioveva, sono uscito fuori sulla terrazza per raccogliere i panni che avevo steso, un vicino mi guardava fumandosi una sigaretta, sono rientrato, mi sono steso sul divano, mi sono addormentato e così eccomi fra queste righe a scrivere di ciò che è stato dall’altra parte di questa vita, dove sono i suoi segreti e il suo mistero a svelarne lo stupore.


domenica 13 novembre 2022

dream #123

 Ero in una casa, sembrava quella di mia madre, solo che alcune stanze erano state affittate e c’era una festa e in un qualche modo sapevo che sarebbe dovuta arrivare anche Maria, che stavo tentando di contattare telefonicamente senza riuscirci - C’erano parecchie persone e a un certo punto è arrivata Sara ed è venuta direttamente verso di me, ci siamo guardati e ci siamo abbracciati e c’era molta intimità fra di noi - Ci siamo seduti su un divano a parlare, la sua presenza era piacevole, poi è apparso Lolo, ci ha guardato ed è venuto a mettersi vicino a noi, sistemandosi al mio fianco, ho cominciato ad accarezzargli la base della nuca mentre parlava - Poi io e Sara ci siamo alzati e abbiamo assunto una bizzarra posizione, l’ho presa per le caviglie, sollevandola da terra e lei ha afferrato le mie, a testa in giù - Dopo un pò che eravamo così i miei piedi si sono staccati di qualche centimetro dal pavimento, sembrava  di essere all’interno di una sfera gravitazionale invisibile - Poi eravamo di nuovo uno di fronte all’altra, guardandoci senza parlare - Ero nella cucina di un’altra casa e stavo aprendo gli sportelli di una credenza per sistemare le cose che c’erano dentro, così dietro ad alcune scatole di tè e barattoli pieni di spezie ho trovato delle sigarette rollate a mano, le ho prese, le ho odorate e poi le ho rimesse al loro posto - Ho provato a chiamare Maria, il cellulare era quasi scarico, ero nella mia vecchia stanza dalle pareti verdi, non c’erano quasi più mobili, mi sentivo triste, nel resto della casa la festa continuava.

sabato 29 ottobre 2022

Roma #29

 C’era da dire che le uniche persone che mi si avvicinavano o mi chiedevano qualcosa erano straccioni o rompicoglioni. I primi cercavano un contatto visivo affinché gli allungassi qualche spicciolo, mi infastidivano quelli in piedi davanti ai supermercati, per lo più africani, perché credevano che fare l’elemosina fosse una specie di lavoro. Odiavo profondamente entrare in un supermercato con tutti i suoi castelli e cattedrali di merci (e di merda, tanto poi era questo ciò che il cibo diventava), bella la libertà del consumismo, pensavo, montagne di scelte solo per quello che potevi comprare, poi se nella vita eri uno schiavo (del lavoro, della famiglia, di qualsiasi altra cosa ti venga in mente) non gliene fregava un cazzo a nessuno. 
Poi c’erano i rompicoglioni di varie associazioni umanitarie, contro la droga, per la pace, contro la guerra, per i bambini, le donne, i vecchi, i cani e i froci, mi mettevano in uno stato di nervosismo assoluto appena ne percepivo la presenza. Anche questi solitamente con il loro tavolinetto davanti all’entrata di un supermercato. Sapevo bene come funzionavano ‘ste merdate e sapevo bene che se uno voleva aiutare gli altri lo doveva fare di persona, dare un paio di euro o firmare un foglio erano solo un modo veloce e indolore per mettersi con la coscienza a posto e per considerarsi altruisti e vicini alla sofferenza del prossimo tuo. Tutte stronzate. ‘Sti tipi delle associazioni umanitarie cercavano solo un modo per agganciarti, iniziavano con una battuta, un mezzo saluto, una frase ad effetto, a me non me ne fregava un cazzo di quello che dicevano, mugugnavo qualcosa e tiravo dritto. Stavo pensando che avrei dovuto comportarmi come un idiota, un ritardato mentale quando li incontravo, magari sbavando o dicendo cose senza senso, almeno così mi avrebbero lasciato in pace. Con il resto della gente era l’indifferenza pura, non uno sguardo, non un sorriso. Tutti stavano attaccati con gli occhi ai propri cellulari, sull’autobus, sulla metro, altri parlavano da soli per strada in quella che immagino fosse una comunicazione con qualcuno (o forse con loro stessi?), ma perché farlo ad alta voce mentre si camminava mi risultava alquanto misterioso. Nei parchi stavo bene, come al solito o quando giravo in macchina senza fretta, ascoltando la musica, credo fosse la prima volta nella mia vita che mi ritrovassi nella mia città senza l’ansia di andare da nessuna parte o di rispettare un orario. E questo era il punto. Tutti gli altri erano talmente nervosi, stressati, incazzati, arrabbiati, così lontani dallo stare bene che neanche si rendevano conto di stare vivendo in una maniera sbagliata. Semplicemente era così. Bisognava correre, muoversi in fretta, senza sosta. Ma perché? Perché? 
Mi sono fermato, un giorno, a bermi una birra vicino alla fermata del tram che di solito prendevo dallo scalo di San Lorenzo per andare a lavorare. C’era un traffico assurdo lungo la strada. Bene, mi sono detto. Mi sono seduto su un muretto a bermi mooooooolto lentamente una birra e a osservare. A ognuno che mi guardava dalla propria macchina sorridevo. Di cuore, veramente. Dopo non più di un paio di secondi quasi tutti voltavano lo sguardo e tornavano nei loro pensieri, qualsiasi essi fossero. Dovevo sembrargli un folle. A bere birra, sorridere e non fare niente. Fermo. Chissà forse un giorno lo avrebbero fatto anche loro. Riposarsi un attimo, chiudere gli occhi e capire che, in fondo, un posto vale l’altro se non sappiamo come trovare l’unica strada importante, quella che porta dentro di noi.

venerdì 21 ottobre 2022

dream #122

Ero per strada e stavo camminando e sono arrivato davanti a una casa, interamente fatta di legno, situata su una piccola collina - La casa era recintata e qualcuno mi ha detto che era di propietà di alcuni zingari, mi è piaciuta molto dall’esterno e avrei voluto visitarne l’interno, così ho continuato a camminare, girandoci intorno, cercando un modo per entrare - Poi ero nel centro storico di una città sconosciuta, con stretti vicoli e palazzi antichi, dovevo andare a visitare un museo - Ho preso un autobus e prima di arrivare alla mia fermata una donna mi si è avvicinata e così siamo scesi insieme, abbiamo parlato un po’, poi lei mi ha abbracciato e mi ha sussurrato in un orecchio che avevo perso la mia occasione di andare al letto con lei - Si è allontanata e io ho continuato a vagare per la città - Non c’erano più musei dove volessi andare.



lunedì 10 ottobre 2022

dream #121

 Un grande spazio, forse l’interno di un capannone industriale, ci sono persone in giro e sembra come se durante la notte ci sia stata una festa, parlo con alcuni ragazzi in spagnolo, perché non voglio fargli capire che sono italiano - Cerco la mia giacca perché non ricordo dove l’ho lasciata, ho un flashback di me stesso seduto su un divano a discutere con due uomini vestiti di pelle nera - Qualcuno inizia a sistemare dei tavoli con sopra dei pezzi di circuiti elettronici, ci sarà un laboratorio (mi domando se Lolo ne sappia qualcosa) ma a me non interessa, quindi esco dal capannone e comincio a camminare ritrovandomi in una zona rurale, mi accorgo di avere di nuovo addosso la mia giacca, devo andare da Sara - Immagini al rallentatore di me e di lei che arriviamo insieme in macchina - Provo a chiamarla da una cabina pubblica ma non risponde, entro in un ufficio informazioni apparso dal nulla, c’è un divano nella sala d’aspetto dove mi siedo, ci sono alcune ragazze in piedi che stanno chiacchierando animatamente, le loro voci mi disturbano, allora esco e provo un’altra volta a telefonare a Sara - Sono in una sala di un museo con un paio di amiche e una di loro mi mostra delle statuette antiche dalle sembianze femminili in una teca aperta, ne prendo una in mano e mentre la accarezzo si rompe, allora cerco di aggiustarla  e poi la rimetto al suo posto, arrivano altre donne, forse addette del museo e si accorgono del guaio che ho combinato, però non mi dicono niente, anzi ci mettiamo tutti quanti a parlare, a raccontarci storie, in maniera tranquilla, osservando gli oggetti presenti nella sala, toccandoli, immaginando la loro origine - Sono per le strade di una città che non conosco e poi mi ritrovo in un parcheggio sotterraneo, sono davanti a una cabina simile a un’ascensore, ci entro dentro, lo spazio è minuscolo, quasi non riesco a muovermi, le porte della cabinascensore si chiudono (neanche mi ero accorto della loro presenza) e questa inizia a spostarsi, mi sembra verticalmente ma non ne sono sicuro, non ho idea di dove mi stia portando, sento una leggera ansia impossessarsi di me al pensiero che la cabinascensore si blocchi - Le porte si aprono, sono fuori, mi ritrovo in un’area urbana, di cemento, ci sono dei gazebi e sembra si stia svolgendo una piccola cannabis cup, rimango un pò lì, guardandomi intorno, poi arriva Lolo e mi dice che dobbiamo andarcene perché qualcuno ci sta osservando, allora lo seguo e camminiamo in silenzio per questa città sconosciuta e poi ci ritroviamo davanti a una enorme costruzione circolare come molte colonne, dall’aria vagamente barocca - Poi l’immagine mentale di questo luogo come se lo stessi vedendo disegnato su un foglio, dall’alto, nel suo progetto originale - Vorrei tornare alla cabinascensore ma non so come fare - Non trovo più Lolo - Sono a una festa, c’è parecchia gente intorno, posso quasi sentire il contatto dei loro corpi contro il mio - A un tratto mi giro all’improvviso e alla mia destra c’è Paul, i nostri occhi si incrociano, cerco di parargli prima che scompaia - Alcune foto di Sara in versione sadomaso scorrono sullo schermo della mia mente, arrivando chissà da quale videoproiettore psichico - Qualcuno mi chiama, non rispondo - La notte ha profili e ombre seducenti.


sabato 24 settembre 2022

fuori(Roma) #28

 Avevo parcheggiato davanti a una serie di edifici, a Pomezia, che sembravano la materializzazione degli incubi notturni di qualche architetto cubista alcolizzato - Visioni di brutalismo urbano - La campagna romana, ai lati della Pontina, era triste, silenziosa e abbandonata, quasi timida nell’attesa della primavera - Dove stavano andando tutte queste macchine che mi scorrevano accanto, mi chiedevo, mentre guidavo sul GRA, seguendo percorsi mentali che prefiguravano pensieri  che delineavano le architetture oniriche di un altro mondo - Quello umano mi sembrava solo una costante, grandiosa e poliedrica allucinazione, ogni cosa che avevamo creato era stata fatta a nostra misura solo perché la potessimo utilizzare e sfruttare, questo sadico determinismo, questa falsa evoluzione, come si era giunti fino a questo punto? Quale atroce e drastico errore era stato compiuto durante il nostro insensato cammino? Nella fantasmagorica moltitudine di infinite possibilità racchiuse nella Creazione in cui qualsiasi forma e sostanza immaginabili (o non) avrebbero potuto esistere, perché proprio noi siamo diventati la specie dominante? Perché? Ripeteva la mia voce anche se ero sicuro di non aver aperto bocca. 
Mi piaceva andare in macchina, piano, senza fretta, dimenticandomi di tutte quelle volte che avevo dovuto precipitarmi da un punto all’altro della città nel rispetto di orari puramente arbitrari: per il lavoro, le amicizie, lo svago, l’amore, il piacere. Era una ansia di movimento che avevo abbandonato, adesso era diverso, avevo tempo e la libertà di fare quello che volevo e non c’erano più voci a dirmi dove dovevo andare se non quella del mio cuore o quelle dei sogni e della mia fantasia. Mi fermavo da qualche parte, parcheggiavo, giusto per scrivere quello che andava scritto. Poi proseguivo senza nessuna curiosità di sapere dove sarei arrivato. Anche questa strada era solo una direzione possibile, fra migliaia e migliaia di scelte mai esistite.

venerdì 9 settembre 2022

dream #120

 Ci doveva essere una festa popolare sulla Prenestina e così ci stavo andando in macchina ma la strada era tutta dissestata ed era difficile guidare, c’erano lavori ovunque e pensavo che sarebbe stato quasi impossibile trovare parcheggio una volta arrivato a destinazione - Quale fosse non ne avevo idea - Poi intorno era apparsa la campagna mentre l’asfalto della strada continuava a essere in pessime condizioni e nella corsia opposta avevo visto una buca enorme e una macchina che ci era caduta dentro -  In una stanza avevo incontrato mia madre e mio zio e lei era triste e piangeva mentre cercavo di consolarla - In una casa, credo fosse quella di Clarabelle, io e altre persone stavamo organizzando una cena, la casa era molto grande e c’erano delle enormi bottiglie di liquore sistemate dentro una libreria, mi ero proposto di cucinare, come sempre, visto che non sapevo fare altro, qualcuno sarebbe dovuto andare a fare la spesa o forse qualcuno l’avrebbe portata, non era ben chiaro - Mi sono messo a cercare Maria perché sapevo che anche lei era lì ma non riuscivo a trovarla, poi ho visto Eleonora e Matteo seduti  fuori da una finestra, in un terrazzino, quando gli sono arrivato vicino Matteo si è alzato e se ne è andato, senza dirmi nulla, senza salutarmi, allora mi sono messo accanto a Eleonora e le ho accarezzato la mano e lei mi guardava in una maniera molto triste, ripetendo che adesso era troppo tardi - Ci doveva essere un’altra festa vicino a un fiume e c’era gente in piedi intorno a me, ho camminato verso una specie di terrazza fatta con delle canne di bambù, per arrivarci bisognava scendere una scala, il posto era vuoto e così mi sono seduto a gambe incrociate, mi sentivo come se fossi in attesa di qualcosa che doveva iniziare, forse uno spettacolo o un concerto - Poi sono arrivati altri due ragazzi e si sono messi vicino a me, la loro presenza non mi faceva sentire a mio agio, così mi sono alzato e me ne sono andato, lasciando la mia giacca e forse altre cose - Ho camminato ancora e sono arrivato in una radura, pensavo che qualcuno mi stesse seguendo e invece ero solo, c’erano delle capanne e un silenzio assoluto, ho pensato che mi sarebbe piaciuto vivere in quel luogo, mi sono seduto sotto un albero, ho chiuso gli occhi e sono diventato quello stesso silenzio.

lunedì 5 settembre 2022

dream #119

 Avevo un appuntamento con qualcuno in un pub, avevamo parlato prima al telefono e avevamo deciso di incontrarci lì - Stavo camminando ed ero in mezzo ad altra gente, si sentiva della musica, ci doveva essere un concerto da qualche parte, sono entrato in un pub anche se sapevo che non era quello in cui avevo  il mio appuntamento, però ho avuto la sensazione che il posto andasse bene lo stesso, così mi sono messo in fila per una birra e quando è arrivato il mio turno ho capito improvvisamente che la persona che dovevo incontrare era il proprietario di quel luogo - Mi sono guardato intorno e anche se non sapevo che aspetto avesse quest’uomo ho pensato che l’avrei riconosciuto subito appena lo avessi visto, poi con il bicchiere di birra in mano sono uscito fuori - La gente continuava a muoversi, apparentemente senza direzione, forse il concerto era finito, perché non si sentiva più nessuna musica - Ho dato un sorso alla birra, aveva un retrogusto dolciastro, con note fruttate come di mango, mi sono di nuovo guardato intorno e ho incrociato lo sguardo di Davide, lui sembrava sorpreso di vedermi, poi un sorriso gli è apparso sulle labbra - Ci siamo abbracciati e abbiamo parlato un pò, poi lui mi ha detto che Gabriele e Matteo vivevano in una casetta non molto distante da dove ci trovavamo, allora gli ho detto di andarli a trovare, così Davide mi ha mostrato come arrivarci - Era una casa molto piccola, vista da fuori, aveva una sola porta, l’ho aperta e sono entrato e mi sono ritrovato in un minuscolo bagno, con una tazza, uno specchio e un lavandino, ci stavo a malapena dentro - Ho visto un bottone rosso sulla parete e l’ho spinto ed è apparsa un’altra porta mentre lo specchio e il lavandino scomparivano - Ho bussato e Gabriele mi ha aperto, mi ha sorriso e mi ha fatto entrare - Adesso eravamo in una stanza, piccola anche questa, Matteo era davanti a uno specchio, mi ha guardato e mi ha sorriso, sembrava felice di vedermi - Ci siamo abbracciati - Erano anni che non ci incontravamo eppure ogni cosa era come prima e come tutto ciò che in questa vita passa e fugge, ci sfiora e svanisce - Ci siamo messi a parlare e ogni tanto lui rollava una canna - Poi mi sono guardato allo specchio e il mio riflesso era identico al suo. 


mercoledì 31 agosto 2022

dream #118

 Sono in una classe e un giovane ragazzo sta facendo lezione, lo ascolto dall’ultimo banco - Abbiamo una discussione, ad un certo punto e questo nostro parlare è prolungato, ampliato nel tempo e si svolge in scenari diversi - Siamo in una casa e stiamo cercando di chiarirci, lui mi rimprovera delle cose che ho fatto e io cerco di spiegargliene i motivi, poi ci abbracciamo e provo quella antica sensazione di trovarmi con un vecchio amico - Decido di uscire per andare a comprare del cibo e del vino per la cena, le strade della città sono sconosciute - Sono in una stanza insieme ad altre persone, sono seduto vicino a una finestra e una giovane ragazza mi si avvicina e poi mi si siede sopra, sento il contatto del suo corpo contro il mio e c’è una tensione sessuale fra di noi, un’energia che passa e che percepisco molto nitidamente, comincio a eccitarmi e a toccarla, vedo le mie mani accarezzarle il ventre e poi salire verso i piccoli seni per massaggiarli e poi strizzarne i capezzoli fra le dita, lei geme, lentamente, poi comincia a parlarmi, mi afferra la pancia, ridendo, poi ci stiamo baciando con le altre presone che ci passano intorno senza che ce ne importi nulla - Ancora per le strade, cammino insieme ad alcuni ragazzi stranieri, mi sembra che abbiano la pelle scura e parlino con uno strano accento la mia lingua, abbiamo delle buste della spesa in mano e stiamo tornando verso la casa in cui abitiamo - Davanti alla porta del nostro appartamento (ce ne sono due uguali, a dire il vero) uno dei ragazzi si accorge di non avere le chiavi, così suono al campanello dell’altra porta e viene ad aprirmi una donna, mi fa entrare e dentro ci sono delle ragazze, lei mi sorride e mi dà una chiave - C’è silenzio dentro il nostro appartamento e colori scuri dipingono le pareti e ci sono tante stanze e non so quale sia la mia così rimango in piedi in un corridoio, con una busta ancora in mano, in attesa che qualcosa succeda.

sabato 20 agosto 2022

dream #117

 Stavo scendendo le scale del palazzo dove abita mia madre, poi ho attraversato di corsa il cortile e sono uscito fuori dal portone, avevo una bottiglia di vino rosso in mano, già stappata e una volta per strada mi sono diretto verso una macchina ferma in doppia fila, proprio là, davanti a me e dentro, sul sedile posteriore, c’erano Alessandra e Marta - La macchina era circondata da uomini che non conoscevo e sembravano tutti abbastanza eccitati - Mi sono avvicinato a uno dei finestrini, aperto e ho passato la bottiglia di vino ad Alessandra che già sembrava alquanto ubriaca - Poi io, lei e Marta eravamo dentro al portone, nell’androne del palazzo, poi nel cortile e prima di entrare nella scala dove abitava mia madre mi sono girato a guardarmi indietro e con una sensazione mista di apprensione e paura mi sono reso conto che gli uomini che stavano intorno alla macchina ci stavano seguendo con intenzioni non proprio amichevoli - Allora velocemente io e le mie amiche abbiamo preso l’ascensore e  mentre salivamo verso il quinto piano, tastandomi le tasche, mi sono accorto di non avere le chiavi di casa, ho sentito il panico impossessarsi di me, anche perché sapevo che quegli uomini stavano continuando a seguirci per le scale - Arrivati al quinto piano l’ascensore si è fermata, siamo usciti e ho suonato il campanello della porta della casa di mia madre, lei ci ha aperto, per fortuna, ho pensato e siamo entrati tutti e tre dentro - Mi sono sentito finalmente salvo.

Ero in una città e dovevo prendere un aereo per tornare da qualche parte dove qualcuno mi aspettava - Poi mi sono perduto nel tragitto verso l’aeroporto, ero confuso, con l’ansia di fare tardi per il volo - Sono davanti alla fermata di un autobus, non so dove andare, le strade del mondo mi hanno rapito ancora.


venerdì 12 agosto 2022

dream #116

 Avevano organizzato un incontro clandestino in un edifico apparentemente abbandonato, fuori città, ci avevano detto come arrivare, era notte, sono passato per una porta e mi sono ritrovato in una sala in cui c’erano già altre persone - Qualcuno ha iniziato a parlare e poi un uomo si è alzato in piedi dicendo che stava per venire la polizia e che tutti dovevamo scappare, ho sentito una fitta di panico nello stomaco e sono uscito dalla sala, mi sono messo a correre verso una porta oltre la quale c’erano delle scale, in quel momento sono sbucati fuori dei poliziotti (o forse erano soldati) e hanno preso un paio di persone che avevo davanti, così mi sono diretto dalla parte opposta e uno dei poliziotti si è messo a seguirmi, volevo solo fuggire via da lì e invece mi sono fermato e mi sono girato verso di lui - Il poliziotto mi ha raggiunto e abbiamo cominciato a parlare e dopo un po’ la tensione e la paura che provavo si sono sciolte e insieme siamo andati in una stanza e abbiamo continuato a discutere - Sentivo che qualcosa stava succedendo nell’edifico ma non sapevo bene cosa, c’era il peso invisibile di una inquietudine in quel luogo, allora ho chiesto al poliziotto che cosa sarebbe successo e lui mi ha detto che non ci avrebbero lasciati andare via senza averci prima picchiato, la paura è tornata e sono rimasto in silenzio - Ero fuori, in una zona mezza abbandonata della città, era notte, ero solo, ho camminato senza sapere dove andare, qualcuno, prima o poi, mi avrebbe trovato.

lunedì 8 agosto 2022

dream #115

 Stavo camminando e sono arrivato in una zona periferica di una città, con delle baracche e resti di case, mi sono messo a rovistare fra i calcinacci e la sporcizia circostante, come ero solito fare nei miei giorni di vagabondo - È arrivato un uomo che sembrava vivere da quelle parti, mi ha mostrato la sua casa, bizzarra, strana, un insieme di cunicoli e improbabili stanze - Abbiamo iniziato a scendere nel sottosuolo ed era buio e umido e c’era odore di muffa, la voce dell’uomo parlava, raccontandomi qualcosa, poi sono scivolato e sono caduto e ho continuato a cadere lungo un cunicolo, i cui contorni erano malleabili e fangosi, quasi impalpabili, mi sono ritrovato sul fondo, ho avuto paura perché non sapevo dove ero, ho chiamato l’uomo, nessuno mi ha risposto, ho provato a risalire, arrampicandomi, non vedevo nulla, le mie mani afferravano qualcosa che si sgretolava, poi sempre in questo modo sono riuscito a muovermi, forse strisciando, fino a quando ho sentito la presenza di due uomini, da qualche parte, sopra di me, hanno parlato, mi sono messo in piedi e anche se non li vedevo sapevo che erano lì, uno dei due mi ha spruzzato qualcosa sulla faccia e ho capito che voleva drogarmi e abusare di me e ho avuto di nuovo paura, ho chiuso gli occhi e sono svenuto - Ero fuori, camminando lungo strade di piene sporcizia, con i cassonetti stracolmi di rifiuti, poi è passato un camion della spazzatura, anche se aveva una forma diversa da quella solita, ci sono salito sopra e mi sono messo vicino al conducente e gli ho detto di andare via da lì, lui non ha detto niente, ha continuato a guidare, il suo volto cambiava, i suoi lineamenti e le sue sembianze si trasformavano da un secondo all’altro, io non avevo nessuna idea di dove stessimo andando e la città è divenuta un miraggio e chissà quando ci saremmo fermati - Il mondo era un mistero che nessuno mi avrebbe potuto spiegare. 



giovedì 4 agosto 2022

freewheelin' #67

Un uomo parlava da solo, davanti a un bar ormai chiuso, dicendo che la terza guerra mondiale c’era già stata ed era domenica sera e tirava un vento freddo e stavo camminando e c’era un furgone bianco che mi seguiva, poi mi ha superato e si è fermato davanti a un cassonetto, è sceso uno zingaro con il suo spadino di metallo, sorridendo e con il suo arnese in mano ha smosso un pò i sacchi dell’immondizia nel cassonetto, non ha trovato niente, non sembrava che gliene importasse più di tanto, il suo sorriso era sempre allo stesso posto, così è risalito sul furgone, dove il resto della sua famiglia lo aspettava, ha messo in moto e si è diretto verso il prossimo gruppo di cassonetti, che bella maniera di stare insieme, ho pensato, mi sarei dovuto trovare anche io uno spadino, per essere più professionale nelle mie ricerche nel variegato universo della monnezza, per adesso mi interessavano solo scarpe da donna usate (per le mie attività masturbatorie) e libri (per quelle intellettuali), chissà, forse, avrei potuto ampliare la mia gamma di interessi - C’era Catalina ad aprirmi la porta e credo che anche Maria fosse con noi, c’era una sensazione tattile in quella stanza, di cose che potevano essere toccate e poi è apparso mio zio Marco e mi ha detto qualcosa e ho pensato che era strano incontrarlo lì, sembrava tranquillo, poi era notte, fuori, da qualche parte e un furgoncino mi stava aspettando, ci sono salito sopra, qualcuno stava al volante e canticchiava una vecchia canzone - Avremmo conosciuto un giorno la felicità, anche a costo di non svegliarci mai più dai nostri sogni.


martedì 2 agosto 2022

Orgiva #77

E ogni cosa iniziava a confondersi di nuovo, le emozioni, i sentimenti, le lacrime, le risa, le erezioni, le carezze, le parole e i silenzi - L’aeroporto di Malaga e il primo abbraccio con Sara, il primo sguardo e già i nostri occhi erano umidi e il viaggio in macchina fino a Orgiva e poi la sera che appare, improvvisa, come se nessuno la stesse aspettando, con i profili delle montagne, delle colline, ormai così familiari, forme e colori, solo forme e colori, senza più nomi, erano stati questi gli insegnamenti dell’acido e poi la casa, con il suo respiro, i quadri, il nuovo divano, la stanza da letto, dove dormire, intrecciarsi, amarsi, piangere, dove dichiarare poesie, dove innescare le nostre tragedie, aprendo ferite, sentendone il dolore, la sua eco, possedendoci ancora, scambiandoci la pelle e l’anima e quello che esiste in ogni distanza che ridiventa contatto - E i ragazzi in un angolo di un palazzo a Motril, nel quartiere arabo, prima che arrivasse la notte e noi avevamo caricato un materasso sul tetto della macchina, perché ci fossero altri luoghi dove addormentarsi e sognare, perché l’universo si rivelasse ancora dentro di noi, nei respiri, sotto le palpebre, come se le stelle non fossero altro che il riverbero dei tuoi occhi, quando ti svegliavi e ti baciavo perché non sapevo fare altro e poi le tue domande da bambina e gli attimi di violenza e il tempo che diventava veloce e a cui io non sapevo come stare dietro, seguendo il passo rallentato dei battiti del mio cure e i bicchieri di vino e le risate e i personaggi idioti che inventavo per alleggerirti l’anima e mi accorgo solo ora di quanto Roma fosse diventata solo un luogo di fantasmi, di memorie, di momenti svaniti che non sarebbero più ritornati, c’erano i miei genitori, c’era ancora la mia infanzia, da qualche parte, nella luce delle strade, nelle stanze della casa dei miei nonni, pranzavo spesso con mia madre e bevevamo vino e lei mi sembrava come sospesa nel tempo e poi c’erano frammenti, attimi in cui la vedevo come se stesse per svanire e questi fotogrammi si imprimevano nella memoria, in quella futura e più di ogni altra cosa potevo vedere quello che aveva dentro e quanto di esso mi appartenesse e poi ero ancora nel pueblo e mi sembrava di tornare al presente anche se non capivo bene quale fosse e poi sarei partito un’altra volta per tornare indietro anche se ogni direzione non aveva più nessuna importanza, era un lento sciogliersi nei misteri della vita, a cui avevo smesso di oppormi, perché fosse la sua meraviglia quello di cui avrei potuto parlarti e la saggezza che essa racchiude e l’amore che tutto permea e fa palpitare e l’infinito di quello che siamo e mai capiremo di essere.


domenica 31 luglio 2022

Roma #27 (san lorenzo)

 C’è chi inizia dalla fine ed è sempre un buon modo per farlo, perché altrimenti bisognerebbe ricordarsi di tutto quello che è successo e di quello che non lo è, gli eventi, i sogni, i desideri, le passioni e le paure e ci avevo vissuto per più di due anni a San Lorenzo, condividendo la casa con un gruppo di amici, Matteo, Gabriele, Lorenzo, Filippo e soprattutto i giorni e le notti e la vita e quello che c’era dentro e fuori di essa e le serate a parlare, a bere, a cucinare, a comprare il fumo dai ragazzi marocchini per strada, gli sguardi di intesa, gli scambi veloci - Le serate nei pub a sbronzarci e a discutere, le serate in camera a scrivere, a ridere, a suonare, a raccontarci tutto, qualunque cosa ci passasse per la testa e le cene in cucina quando tornavo dal lavoro e mi mettevo a preparare da mangiare per chiunque fosse venuto, rimasto, passato e i vostri volti, i vostri sorrisi, i vostri silenzi, i vostri sguardi, momenti che fuggono e poi rimangono come fotogrammi nella memoria - Non so neanche dirvi quanto vi ho amati, perché mi è impossibile esprimerlo e quanto smarrirsi, andarsene e svanire da tutto ciò sia stato indispensabile, perché fuggire da quello che ci è più vicino al cuore è anche una intima confessione di quanto sia stato meraviglioso vivere quel tempo con voi, di quanto la mia felicità sia stata lucente e di quanto il dolore che la consapevolezza di sapere che anche questo cerchio si stava chiudendo sia stato profondo - È una danza, disse qualcuno, è una lotta, continua a ripetere mio padre, ci ho rimesso piede oggi a San Lorenzo, dopo più di cinque anni, le strade di sempre, i locali in cui mi fermavo a comprare una birra, un panino o un pezzo di pizza, i negozi di libri, i palazzi, gli odori, le strade brillavano e avevo prismi di lacrime negli occhi, come diamanti e così mi sono messo a scrivere, a ricordare, a lasciare che ciò che è stato fosse di nuovo presente, per dirvi ciao invece di andarmene senza avervi salutato, senza avervi abbracciato, per sapere che tutto andava bene e poi sorridervi e stringervi e sparire così. 


giovedì 28 luglio 2022

freewheelin' #66

 Le radioline accese, la domenica mattina e il rumore ovattato del traffico e poi persone che camminavano lungo i portici di Piazza Vittorio e dovevano essere i primi del Novecento e io vivevo in una stanza, proprio sotto una delle arcate e ascoltavo le voci fuori dalla piccola finestra e bevevo assenzio e fumavo oppio ed ero uno scrittore e un bohémien e un’anima solitaria per scelta e vocazione - E poi ero seduto sotto un ponte, ancora il rumore del traffico poco distante e lo scorrere placido e lento di un fiume, con i suoi ricordi di immondizie fluttuanti e poesie di lurida  sporcizia e le case galleggianti attaccate lungo una delle sponde e i primi film di Pasolini e le trattorie dimenticate e il vino, i canti, gli osti dalle trippe prominenti e le eresie architettoniche di un sogno lucente e le sale oniriche di un aeroporto del futuro che mi attendevano - Avevo già comprato i biglietti per un altro volo del subconscio, seduto comodo, in una parentesi di estasi cosmica che racchiudeva come in una visione acida tutta la nostra esistenza, granelli di sabbia, fini granelli di sabbia, grattacieli dell’immaginazione, il calore sulle palpebre e gli occhi di una donna che mi guardavano come solo i tuoi occhi sanno fare mentre discutevamo e mi chiedevo se ci fosse stata almeno una volta, una singola volta nella mia vita in cui mi fossi sentito a mio agio a parlare di lavoro, qualunque esso fosse e di soldi, di guadagni, profitti e rendite e poi ho visto una ragazza passare lungo una strada e mi sono girato dall’altra parte solo per non doverla guardare e poi i riflessi, i bagliori danzanti sulla struttura metallica del ponte sotto il quale ero seduto a scrivere, le fotografie della mente, i profili, i volumi e le geometrie che solo lo scrittore vedeva, i chiaroscuri di disegni non terminati e Sara che dipingeva in una stanza mentre fuori pioveva e io ritagliavo vecchi articoli di guerra da giornali del passato, trascrivendo sul computer il diario di mio nonno, di quando era stato un soldato, perché quella memoria della sua gioventù così distante dalla mia non andasse perduta e mi avvicinasse a lui e poi altre fulgide immagini fra queste mura mentre mi passi la pipa e attendo che gli oggetti comincino a ondeggiare, a vorticare, a danzare, come in un’estasi marina, in una sinfonia oceanica di colori e suoni in movimento, i gioielli che indossi ti rendono meravigliosa amore mio perché niente esiste al di fuori di te.


domenica 24 luglio 2022

dream #114

 Ero nella cucina della casa di mia nonna, insieme a Nick e stavamo parlando e bevendo whisky e poi una porta si è aperta ed è entrata una giovane donna che non conoscevo e ci ha detto che quella era la sua casa e che dovevamo andarcene, così io e Nick siamo usciti e siamo scesi nel cortile del palazzo e lì c’erano persone che discutevano e fra di esse qualcuno che mi ha indicato, mettendosi ad urlare, era un uomo basso, saltava isterico gridando come un ossesso, continuando a indicarmi, allora mi sono girato verso di lui e sul muro che aveva dietro alle spalle c’era attaccata una targa con il mio nome, l’ho letta e poi le parole sono svanite - Ero in un luogo affollato, pieno di gente e c’era come una tensione elettrica nell’aria, camminavo senza sapere dove andare - Ero seduto con Wolfgang da qualche parte, a bere birra e a discutere di cose senza importanza - Ero in un bagno, avevo chiuso la porta e mi stavo preparando per farmi una doccia, faceva caldo, è entrata una donna mentre mi stavo spogliando, mi guardava in una maniera strana e mi sono sentito intimorito da lei,  poi ha preso un asciugamano ed è entrata nella doccia - Lo scroscio dell’acqua, l’odore del mare, l’eco di spiagge perdute nelle isole di un arcipelago di desideri proibiti.


giovedì 21 luglio 2022

freewheelin' #65

 E’ ancora inverno da qualche parte nel mondo e ci sono cristalli di ghiaccio sul parabrezza della macchina e nuvolette di aria condensata che mi escono dalla bocca ed è mattina e i nodi del passato si stanno sciogliendo diventando frammenti di luce su una pellicola di fotogrammi inesplosi - Ci sono immagini di una cucina illuminata dal giorno e quiete e i lenti movimenti di un gatto che mi si avvicina mentre preparo il caffè e poi mi siedo davanti a una delle grandi vetrate, c’è silenzio e ci sono i profili di alberi che diventano quelli dei palazzi di una città immaginaria, migliaia e migliaia di riflessi, migliaia e migliaia di direzioni possibili, anche se non ho nessuna intenzione di muovermi da qui - Il gatto si fa più vicino, trova un confortevole spicchio di sole e ci si sdraia, calmo, consapevole di questo momento, un leggero fumo sale dalla tazza di caffè che ho fra le mani, insieme al suo aroma - Ci sono anche altre immagini, quelle di giornate trascorse al mare, del luccichio delle onde, di quello della sabbia, il suo calore sotto i piedi, le dune, le piante desertiche, i profumi dispersi nell’aria - Ci sono quadri che nessuno ha mai dipinto e romanzi meravigliosi che aspettano solo di non essere scritti, la vita comincia di nuovo in qualche parte del mondo anche se io non so esattamente dove e l’inverno diventa primavera nel cuore di qualcuno e la primavera estate in quello di altri - Accarezzo la pancia del gatto, mentre si gira e mi osserva, ci incontriamo fra queste pagine mio perduto amore,  come fossero le lenzuola di un letto disfatto, perché è solo qui che ti stringerò a me, perché del tuo sorriso non rimanga altro che un suono sospeso, un movimento leggero, un fremito delle labbra o uno sguardo nel buio.

martedì 19 luglio 2022

Roma #26 (piazza vittorio)

 Erano passate quante? Due settimane? Di più? Il tempo interiore è difficilmente calcolabile se ci ritroviamo in quella dimensione confusa, eccitabile, apatica e immaginativa che l’erba produce e così scompariranno anche gli appigli di ore-minuti-secondi e la nostra fuga di fantasie proibite si perderà in un spazio che non saranno gli orologi a costruire - Vivevo a Piazza Vittorio, in un piccolo appartamento in uno dei vecchi palazzi che la circondavano, le mie mani scrivono lente, la nebbia della mattina è svanita e il sole sta iniziando a riscaldare le mie dita e spero che le parole possano apparire più velocemente sul foglio, perché tutta questa fretta? Per tenere il ritmo delle immagini mentali e dei pensieri che arrivano - Compravo oppio dai cinesi e passavo le giornate chiuso in casa a fumare dalla lunga pipa, steso sul divano, sul tappeto logoro - Passavo ore a decifrare gli alfabeti segreti dei ricami floreali consunti della carta da parati, leggevo storie dimenticate fra gli odori dei mobili, delle pagine polverose dei libri, fra i sospiri di vecchie foto che mi cadevano dalle mani - Ascoltavo i misteriosi racconti dei fantasmi di chi aveva vissuto in questo luogo prima di me e c’erano ricordi di marinai e viaggiatori e trafficanti e contrabbandieri - E c’erano stati incontri con prostitute, perché le puttane apparivano sempre più romantiche e vicine all’essenza della vita di una donna qualsiasi - E c’erano lettere, centinaia di lettere che aprivo e smascheravo con gli occhi, pensando di scrivere risposte che nessuno avrebbe mai ricevuto - C’erano album di famiglia dai bordi bruciati, con istantanee di persone ormai morte, le osservavo al lume delle candele mentre fuori pioveva e accendevo la stufa a gas e prendevo un’altra coperta di lana ormai lisa dall’armadio, quel sentore di canfora e giorni perduti - Scrivevo i miei appunti su un quaderno di pelle nera, nella modesta e solitaria malinconia della camera da pranzo, c’era una ricchezza di sensazioni che non era il valore economico delle cose a suggerire ma quanto altri uomini avevano messo delle loro esistenze e delle loro passioni dentro di esse, donando a quegli oggetti un’anima, il potere di poter comunicare attraverso il contratto delle loro superfici sui palmi delle nostre mani - Parlavo con gli arabi, i bengalesi, i cinesi, gli africani che giravano, lavoravano e vivevano nel quartiere - C’era un libro che qualcuno aveva lasciato nell’appartamento, senza il nome dell’autore e parlava di un uomo che aveva vissuto (o forse solo immaginato di vivere) in questo quartiere, si intitolava le alte torri, una serie di porte verso l’ignoto - I viaggi cominciavano quando chiudevo gli occhi e posavo la pipa sul tavolino di legno nero, basso, scheggiato, bellissimo e c’erano ricordi, come fotogrammi mentali e tutte le sensazioni provate e racchiuse in essi - Fuori pioveva o forse solo dentro la mia scatola cranica, nelle storie che lì venivano create e di cui lo scrittore era quasi sempre il protagonista - Avevano camminato dei pittori sulle assi sconnesse del pavimento, c’erano ancora aloni sbiaditi di macchie di colore che non sarebbero andate più via, c’erano tele alle pareti e volti e figure femminili nude o in pose lascive e poi l’oblio della notte, quando tornavo indietro almeno di un secolo per ritrovarmi di nuovo su un tappeto, cosa ero diventato? Pazzo, poeta, idiota, vagabondo? Unico e solitario erede di un’ultima invisibile generazione di scrittori falliti? Eppure avevo trovato dei gioielli e dell’oro nascosti sotto una delle assi del pavimento e ne avevo venduti alcuni e così mi ero fermato e non avevo più pensato a come avrei dovuto guadagnarmi da vivere, a come fare per tirare avanti, non me ne fregava niente dell’aspetto economico di questa commedia, il denaro mi metteva orrore, volevo esistere dentro di me fino alla fine dei miei giorni, in questo corpo, poi sarei andato altrove, chissà dove… Avevo comprato dell’altro oppio e così i giorni svanivano lenti e onirici e c’erano solo racconti di pura fantasia riflessi nei miei occhi e in questi momenti, anche nei più opachi, tutto cominciava a brillare, a vibrare, a divenire reale, così come solo i sogni possono esserlo, tu e l’altro e chiunque in un attimo sospeso fra verità e menzogna abbia deciso di diventare. 


lunedì 27 giugno 2022

Roma #25 (vigne nuove)

 Alcune domeniche mattina iniziavano abbastanza presto, subito fuori dal mondo dei sogni, poi fuori di casa, in macchina, a girare per i quartieri periferici - Poi mi fermavo in un parcheggio, fra sublime sozzura e visioni apocalittiche di palazzi in costruzione e mi mettevo a scrivere - Viale Franco Arcalli, speravo fosse Kim, quello che aveva montato Ultimo Tango a Parigi e Il Conformista di Bertolucci, poi via Carmelo Bene, tutte e due vicini ai capannoni dell’Ikea e di Leroy Merlin, che cazzo di cattivo gusto avevano avuto i sorci in giacca&cravatta della commissione toponomastica del comune, pensavo, grattandomi i coglioni - Roma non esisteva, non era mai esistita, era solo un’enorme allucinazione collettiva, come quella messa in immagini da Fellini in alcune sequenze dell’omonimo film - Roma era delirio e sadismo architettonico nelle vecchie borgate, Pasolini lo aveva capito, a Vigne Nuove gli edifici sono caserme e prigioni, con cortili come quelli dei forti militari - Tutta la nostra vita non era stata altro che il semplice movimento da una gabbia a un’altra, dal ventre materno alla bara, passando per la famiglia, la casa, la scuola, l’ufficio, il lavoro - A volte le sbarre erano visibili, altre no, comunque la maggior parte della gente non se ne accorgeva nemmeno della loro esistenza - Più guardavo le persone intorno a me, soprattutto nelle città, più mi domandavo dove cazzo andassero, dalla mattina alla sera e pure durante la notte, sempre di fretta, sempre in preda al nervosismo, all’agitazione, alla frenesia - Mi chiedevo quali fossero le loro traiettorie invisibili, le spinte interiori che gli facessero prendere una direzione invece di un’altra, chissà dove era il motore delle loro azioni, dei loro spostamenti, sempre ammesso che ce ne fosse uno - Poi pensavo al bisogno, al desiderio, all’opportunismo, alla necessità. - E cosa ne era stato del piacere, dell’ozio, del libero vagare, già, del puro vagabondare, senza meta, senza interessi, senza nessuna finalità, eh? Che cazzo ne era stato? Questo era quello che facevo, quello che mi faceva stare bene. E i soldi? E il guadagno? E i profitti? Vaffanculo, gridava lo scrittore e poi si infilava in un bar per la prima birra della giornata. 
Avrei continuato a scivolare, senza oppormi, senza domande, qui c’era solo l’ennesimo mucchio di rovine, solo scrivere mi rendeva felice in questa miseria, mi sarei scordato del resto, non era così difficile, di quello che non era necessario, di questa società che diventa prigione quando la lasciamo libera di controllarci e a cui mai, mai, mai dovremmo permettere di costruire le sue indecenti gabbie dentro di noi.

lunedì 20 giugno 2022

Roma #24 (pigneto)

 Il Pigneto era un buon posto per venire a scrivere, magari all’ora di pranzo o nel primo pomeriggio (intanto non lavoravo, quindi che-cazzo-me-ne-fregava), quando ancora l’isola pedonale non si riempiva di coglioncelli universitari e spacciatori vari (anche se preferivo gli ultimi ai primi) e mi potevo sedere tranquillamente a un tavolo di un bar e bermi una birra e mettere le parole in successione orizzontale nelle pagine del quaderno, su quelle righe parallele come le rotaie di un treno invisibile che viaggiava ad alta velocità psichica, andando chissà dove e chissà dove sarei andato io, che della vita qui a Roma già mi ero rotto i coglioni, quella borghese intendo, con tutti i suoi problemi e non problemi, legati alla casa, al lavoro (o al non lavoro), al conto in banca, alle bollette, al traffico, alle macchine, a cosa fare (a cosa non fare). Non ero più capace di stare in mezzo a questa inutile baraonda, non avevo più voglia di farne parte, non provavo nessun interesse per questa caotica e idiota frenesia di vivere, avevo abbandonato questo letamaio sociale anni fa, le persone che ci sguazzavano ancora dentro mi facevano stare male e in agitazione solo con la loro insulsa presenza fra le strade e le vie della città. Per me era meraviglioso e vitale ed essenziale il solo perdermi e smarrirmi, il vagare e vivere in luoghi di assoluta immaginazione. Nei quartieri, nei bar, nei vicoli, nei cinema, nei teatri mentali in cui inventare il mio personaggio, le mie quinte etiliche, i miei palcoscenici alterati. Alcune volte uscivo di notte, quando pioveva, con una birra in mano, a bere e camminare, sedermi sul gradino di un negozio chiuso e osservare le ombre scivolare sull’asfalto lucido, insieme ai ricordi e alle intuizioni visive e ai voli pindarici della mia fantasia, nella sua cosante rielaborazione del presente in una forma filmica, narrativa, fotografica. Un personale racconto in cui si mostrava una realtà altra e differente, solo mia, artistica, pulsante, misteriosa, lucente, vibrante, oscura, oppiacea, lisergica, pornografica. Uno stato interiore dell'essere fra i fenomeni di questo mondo appena al di sopra o la di sotto delle nostre normali percezioni. In questi momenti tutto era vivo e mi toccava e lo sentivo scivolare lungo la pelle, assorbito dentro di essa, fulgido nei pensieri e il presente diventava qui e ora, seducente, attraente, proibito. Unico. Del merdaio che avevo intorno non c’era molto da dire, file di uomini e donne racchiusi in tragitti di cui probabilmente non erano neanche consapevoli. Alcuni vivevano in una totale simbiosi con i loro lavori, come se fossero importanti, come se fossero reali. Una moltitudine di giovani, vecchi, idioti, privilegiati, derelitti, paraculi, miserabili e falliti. Tutti intorno e io non volevo che nessuno di loro mi toccasse, che mi infastidisse le orecchie con i propri problemi. Non volevo essere parte di nulla, solo un osservatore. Volevo passare il mio tempo a scrivere, fare fotografie. A masturbarmi, a leggere, a meditare. A dormire. A sognare. A vedere film. Volevo starmene sul divano di casa a occhi chiusi. A respirare. A scendere dentro di me, a scomparire. Quanto avrei voluto sparire, svanire da questo mondo per ritrovarmi dentro di esso nella sua vera, lucente e quieta essenza. In silenzio. Dall’altra parte. 
Sta arrivando gente, anche qui, qualcuno si siede al tavolino vicino, partono le chiacchiere, già è troppo, finisco la birra, chiudo il quaderno. Solo fra gli stranieri, gli immigrati, gli esclusi mi sentivo a mio agio. Il resto era solo una squallida recita che conoscevo bene e a cui non volevo più partecipare.


lunedì 13 giugno 2022

Roma #23 (vigne nuove)

 Qualcuno viveva dentro questi palazzi? Cubicoli di cemento, spazi vitali ristretti e contenuti, come si poteva sognare o immaginarsi la vita in queste piccole e asfissianti prigioni tridimensionali? Sadismo architettonico, sottomissioni residenziali, nei parcheggi intorno, uomini più furbi o poveri, illuminati o dementi si erano comprati dei camper e lì trascorrevano, seminascosti, le loro esistenze alla deriva, come le nostre, del resto, avendo però ancora la possibilità di muoversi e forse scomparire altrove e per sempre. Scritte oscene sui muri, estasi calcistiche, defunte dittature politiche, fraseologie fasciste per fatiscenti folgorazioni filologiche, scheletri di moto e motorini, rosicchiati fino all’osso metallico, televisori buttati sull’asfalto, giardini incolti, abbandonati e dimenticati. Cortili vuoti nelle etiliche domeniche mattine, quando ero costretto ad uscire di casa alle 8.30 perché la donna delle pulizie sarebbe arrivata alle 9 e non volevo incontrarla, mica per niente, sapevo che non avevo nulla da dirle e che mi sarei sentito in imbarazzo a vederla lavorare. Così mi perdevo in questo vagare forzato, che dopotutto non era un male e lo scrittore mi seguiva con il suo quaderno colorato e il fotografo pure mentre si smarriva fra i riflessi delle luci e nelle sue geometri mentali. Anche l’Ombra era dei nostri, alla ricerca dei suoi feticci (scarpe da donna, tacchi alti, stivali, mutandine, calze) e tutti sembravano essere felici e tranquilli nelle loro bizzarre attività. Queste realtà parallele in cui scivolare, queste serie incongrue di edifici da cui trovare una via d’uscita, sempre ammesso che ce ne fosse una. Quartieri periferici in cui non ero mai stato, un meraviglioso cielo azzurro mi sovrasta mentre il giorno avanza e piccoli fiori sbocciano sui davanzali di un ennesimo sogno. Voci insolenti, insidiose, insulse. Il perimetro di un viaggio oltre le barriere di questo nulla, urbanizzazione perversa, sporcizia ovunque, i rami degli alberi come dita ladresche aggrappate agli squarci del cemento, vecchi uomini alle finestre, il sole in faccia, una sigaretta nella bocca. Dietro di loro l’oscurità di stanze fumose dove qualcuno attende di compiere i propri insani rituali. Apparecchi televisivi ancora accesi dopo notti insonni di masturbazione catodica, catatonie subliminali. Loro parlavano da soli nelle camere della privazione sessuale, nelle celle dell’isolamento erotico (lo sapeva bene l’Ombra, sentendo l’inizio di una erezione nel suo anello fallico). Il rumore dei tacchi non finirà mai di battere il nostro tempo di astinenza, ora di andare, sussurra Labbra Umide, di chiudere la porta, di osservare le interferenze farsi codici di un linguaggio alieno. Le strutture ignote della mente, le gabbie di pensieri nelle quali finiremo incoscienti per entrare, il lento movimento delle gru stagliate contro il cielo, scatta una foto, altri edifici, altri carceri, altre sbarre e muri che chiameremo casa. Linee concentriche nella sezione orizzontale di un tronco tagliato, uccelli primitivi sorpresi in danze di corteggiamento amatorio. Accoppiamenti, sdoppiamenti, smembramenti. I tuoi disegni, i tuoi incubi, le tue paure. Il rombare di una moto, il ronzio di un filo elettrico, una catena che suggerisce relazioni impossibili. Le serie di colonne si ripetono su ogni lato, il centro del quadrato non è altro che il vertice di una piramide vista dall’alto, divinità azteche sedute su divani di pelle umana. Interzone, altre interferenze, interpretazioni trascendentali - Pausa - Un’umanità derisa all’interno della sua commedia di ruoli e maschere, il club del silenzio, una scatola blu, le lacrime sul volto, i sospiri d’amore, un giorno che si ripete fra le pagine ancora non lette di notti che non avranno timore di essere chiamate tali, qualcuno che bussa, qualcuno distoglie lo sguardo, ci divoriamo l’anima per noia e compassione, la tua mano che indica un poverocristo che sbava sul marciapiede, si comincia da soli, si finisce insieme, ci si uccide a vicenda, ci si imprigiona nascendo.


sabato 11 giugno 2022

Roma #22

 Torniamo sempre da dove eravamo venuti, senza dirlo a nessuno, sperando che nessuno ci aspetti o si ricordi di noi, sperando di rimanere anonimi, fugaci individui leggeri come ombre alcoliche - Era giusto o almeno mi sembrava essenziale scordarsi delle nostre vite precedenti, anche se la nostra immagine era rimasta intrappolata dentro a occhi, specchi, strade, vie, luoghi, muri, locali, c’era poco da fare in questo mondo, se non sedersi in un angolo e aspettare che fossero gli altri a passare - Non c’erano motivazioni valide nell’andare avanti, come non ce ne erano nel guardarsi indietro, nulla che valesse il nostro tempo che ci chiedevano di trasformare in denaro, era meglio dedicarsi all’ozio, alla propria realizzazione interiore, qualunque essa fosse, immergersi nei respiri o nei propri bizzarri rituali erotici: le torture, il feticismo, il sadismo e il masochismo, alternati fra loro - Coltivare marijuana, immaginando che qualcuno ti rifornisse di acido lisergico o altre sostanze psichedeliche - Avevo una casa tutta per me, comoda e accogliente, dormivo ancora su un divano, cucinavo, leggevo e scrivevo, era meraviglioso - Potevo perdermi in una città che conoscevo da un milione di anni, poi tornavo in un appartamento sicuro, mi sentivo di nuovo protetto, fra i libri, i dischi, le fotografie, la musica e i film - Non me ne fregava più niente della recita degli altri, non che me me ne fosse mai importato, anche se avevo dovuto farne parte per tanti anni - Candele silenziose danzano in un barlume di oscurità, un ennesimo sogno, un inutile risveglio, ancora oltre lo specchio, chissà dove, chissà quando, oltre l’orizzonte di un domani piovoso, di nuovo in fuga, qui, altrove, un attimo di tregua, il cadere delle macerie, i ricordi proibiti, vuoi scopare? Chiede una voce, no, voglio solo andarmene e non tornare mai più.


martedì 7 giugno 2022

Roma #21

 Croci al neon nella notte metropolitana. E pioggia incessante lungo le strade dei ricordi. Immagini stereoscopiche scivolano sul parabrezza e visioni liquide appaiono nelle stanze di un museo del subconscio. Pareti sonore e divani in cui affondare per annegare dentro sé stessi. Chiamate anonime. Colloqui di lavoro dietro a plastici vetri di protezione. Domande. Allusioni. Storie inventate. Non mi sarei di nuovo nascosto dietro alla maschera di chi loro volevano che fossi, non avrei mendicato uno stipendio o un’altra possibilità di tornate dentro alla gabbia. Non ci si poteva respirare là dentro, non c’era aria, non c’era mai stata, non c’erano alberi, non c’erano fiori. Le classi erano ormai vuote, lezioni virtuali, collegamenti elettronici, che cazzo di mondo si stava configurando, tutti intrappolati in uno schermo e i nostri corpi dietro di essi. Manipolazioni emotive e chissà quali altre domande se mi avessero scelto. Una psicologa mi avrebbe interrogato, poi si sarebbe sfilata le scarpe e avrebbe posato i suoi piedi nudi sulla scrivania, li avrei osservati ipnotizzato, il loro odore mi avrebbe fatto venire il cazzo duro nelle mutande, le solite fantasie, sospirava lo scrittore. Altre stanze buie, il profumo degli oli, il contatto delle mani, gli occhi chiusi, i respiri, fuori continuava a piovere, qualcuno sarebbe venuto a trovarmi in questa parentesi di felicità in un tempo che non sapevo più come chiamare. La città era meravigliosa nella luce di novembre, quando la pioggia si fermava per poco e c’erano attimi di trascendenza visiva, gloriosi tramonti, come quelli negli affreschi di alcune chiese, da cui escono Dio e il suo esercito di angeli e tromboni. Il traffico mi succhiava via l’anima e le energie, centinaia di ragazzi una notte a San Lorenzo, assembramenti infernali, voci, corpi, fermi o in movimento, in un’orgia giovanile di cui non facevo più parte. Al Pigneto la situazione era anche peggiore, avevo visto alcune persone fumare crack direttamente per strada, passeggiavo in silenzio sotto il cielo viola, il mio doppio era tornato a vagare solitario nei suoi vecchi quartieri, consumando la propria astinenza, immaginando, chiedendosi, fermandosi, svanendo. Pochi passi nelle zone oscure in cui qualcuno si rifugiava per scoprire che non c’era più nessun luogo nel quale scappare. Le parole continuavano a raggiungermi, volanti della psicopolizia setacciavano la rete dei nostri bisogni. Ancora la pioggia, a Fiumicino, in una mattina in cui volevo solo piangere senza voltarmi più indietro, i giorni in cui sono stato un uomo diverso, quelli in cui non sono stato più nulla, ci sarà l’oblio con le sue danze di fuggenti malinconie ad attenderci nel teatro della prossima vita. Mi siederò in un angolo ad osservare il susseguirsi degli eventi, orizzonti di rabbia, repressioni di istinti clandestini, analoghi monologhi di omosessuali, travestiti e checche sognanti. A strano, a frocio, qualcuno mi dice, ho fatto finta di non sentirlo, le menzogne della notte, le verità che nessuno ti ha mai confessato.


giovedì 2 giugno 2022

Roma #20 (garbatella)

 Garbatella Quartiere Alchemico. Bizzarri edifici, volti pietrificati nascosti sotto i cornicioni, grigiore nel cielo, un quieto e silenzioso novembre per le strade vuote e misteriose. Lotti. Labirinti di viottoli. Cortili di cemento. Spiazzi. Un passato popolare riecheggia fra le mura dei palazzi che si stanno sgretolando. Le solitarie  trattorie dimenticate, i tavoli smembrati. Le foglie sull’asfalto. Marroni e marce. Qualcuno scriveva ancora poesie in dialetto sui muri in rovina. E slogan politici, insulti calcistici, rime d’amore, di lotta, di rivolta. Ci sono persone che camminano in una piazza e donne affacciate alle finestre per stendere i loro panni, una sigaretta in bocca, una fugace occhiata, un’anziana signora sparge delle briciole sul proprio davanzale, le stanze solitarie, i mobili antichi, ci poteva essere una bellezza struggente nella vecchiaia se ci fossimo arrivati con la giusta e necessaria pace interiore, ormai liberi dai desideri, dalle passioni, dalle illusioni. Avremmo allora potuto immergerci nel mare interiore, nella sua luce e così ricordare, ricordare, ricordare tutto ciò che era stato e che era passato, solo per dissolversi nel tempo. Avremmo vissuto il presente con lentezza, gocciolando, stille di attimi eterni, avremmo galleggiato in ognuna di esse, per poi ritornare di nuovo nelle camere dell’infanzia, assaporandone con dolce nostalgia gli odori, osservando la danza della polvere nell’aria nelle assolate mattine domenicali. Garbatella e una passeggiata che non avevo mai fatto. C’erano frammenti di una notte, da qualche parte, quando eravamo ragazzi ed eravamo andati al Palladium a ballare, in motorino e quelli di quando la Roma aveva vinto lo scudetto e c’erano striscioni giallorossi appesi ovunque e quasi non ci si poteva muovere per le vie, inondate di un rumore assordante e poi gli echi di un giorno, insieme a Maria e Matteo, mentre camminavamo bevendo birra e chiacchierando, come avevamo fatto così tante volte e queste immagini mi arrivavano addosso, in questo momento e potevo quasi fisicamente rivedermi, era un film interiore che si alternava con le sequenze di una realtà di cui non facevo più parte anche se ne ero, in qualche modo, all’interno. Mi piaceva vagare senza meta, fare fotografie e aspettare che le parole arrivassero per mettermi a scrivere, sedermi in un bar e bere una birra, pensare ai fatti miei, rimettermi in piedi e continuare a girare. Sedi anarchiche, compagni di lotta, fotografie del passato impresse su vetrini, gli acidi, chimici quanto lisergici, un’occhiata di intesa e riconoscimento. Il gracchiare dei corvi, qualcuno si siede su un marciapiede, i palpiti del mio cuore e i problemi degli altri che mi ero stancato di ascoltare, eppure bisognava continuare a parlare, a discutere, a tentare di chiarirsi, alle fine poi ci si incazzava sempre, era inevitabile, era parte del gioco, aveva ragione mio padre, non potevo passare la vita a nascondermi anche se la tentazione era grande, soprattutto adesso che avevo capito come farlo. Un giorno lento, di quelli che piacciono a me, una pausa in una pausa, un campari al bar, tutto il tempo per scrivere, posare la penna e tornare a smarrirmi.

domenica 29 maggio 2022

Roma #19 (forte prenestino)

 C’era una nuova ondata di prostituzione giovanile intorno a Termini, per lo più  composta da minorenni arabi, i vecchi frocioni romani li adescavano all’alba - Qualcuno, quando ero al liceo (Fabrizio, credo), mi aveva detto che forse tutta l’opera di Pasolini non era stata altro che un modo per acchiappare giovani ragazzi imberbi per poi inchiappettarseli a dovere, il centro energetico del suo cinema e del suo scrivere era dunque il desiderio sessuale, quella forza pulsante che lo spingeva all’azione. Ancora me le ricordavo queste idee strampalate che mi aveva detto Fabrizio più di venti anni fa, quando eravamo nel cortile del Cavour a fare non so cosa, non mi era rimasto molto in termini accademici di quel periodo allo scientifico, ma questi frammenti di un delirante discorso mattutino ancora ce li avevo in testa. 
Avevo preso la macchina, ero uscito presto, non per andare a lavorare (avrei rimandato questa noiosa questione al più a lungo possibile) ma per lasciare casa libera, visto che sarebbe venuta una donna rumena a fare le pulizie, strana la vita, per quasi un anno in Galles era toccato a me fare il cleaner in alcuni cottage e dopotutto non era stato così male. Una volta in macchina avevo iniziato a guidare a caso lasciandomi trasportare dalle mie intuizioni visive (bagliori, riflessi e indicazioni metafisiche varie). Ero arrivato al parco dell’Aniene, dove avevo parcheggiato vicino a un casale, ero sceso e mi ero messo a camminare, sempre vagando senza meta. L’aria era fresca, aveva piovuto parecchio la notte precedente. Seguivo una specie di sentiero che i miei piedi avevano trovato, fatto di traversine di legno che passavano sopra un acquitrino, che mi ricordava alcuni paesaggi simili che avevo visto in Galles, fra Aberystwyth e Machynlleth. Non c’era nessuno in giro e così la mia passeggiata è stata molto tranquilla. Alla fine sono arrivato davanti ad una serie di palazzoni di cemento, con intorno giardini mezzi abbandonati e panchine sfondate. Mi sono sentito triste, improvvisamente, mi sono seduto per qualche minuto, guardandomi intorno e poi sono tornato verso la mia macchina. 

Di nuovo al volante ho continuato ad andare. Stavo cercando di raggiungere la Prenestina perché volevo fare un salto al Forte dove ci doveva essere un mercatino domenicale di prodotti agricoli (e dove chissà, forse, avrei potuto comprare un pò di marijuana). Le strade che seguivo attraversavano zone spoglie, con palazzine a due piani e capannoni industriali, che si alternavano a enormi sale da gioco, squallidi bar e strade laterali deserte.

Mi sono fermato dalle parti di Tor Sapienza perché volevo scattare delle foto. La luce aveva di colpo inondato le facciate a vetri di un palazzo e aveva aperto squarci futuristici nella mia immaginazione. Ho camminato intorno al palazzo facendo foto. Era un’architettura bizzarra per quell’area suburbana. Avvicinandomi all’entrata dell’edifico ho scoperto che era parte degli studi di Voxon Tv, bella merda, ho pensato, qualche produttore o conduttore si starà facendo la prima riga della giornata, ora che il sole brillava intenso, seduto sulla sua poltrona imbottita di cuoio nero, aspettando che una segretaria con le calze e i tacchi alti gli venga a fare un pompino, eccolo qui il dorato mondo della televisione, un altro troiaio di prima qualità. 

Ho proseguito fino alla stazione di Tor Sapienza, poco distante dagli studi televisivi, una orribile struttura bassa e anonima immersa nel vuoto della miseria circostante, con un viale di asfalto grezzo che le passava accanto e non arrivava da nessuna parte. Alcune panchine, alcuni vecchi, alcune donne con i loro cani come unica compagnia. Ho fatto altre foto, cercando di dare una prospettiva a questo merdaio, ho pensato anche a un titolo per una di esse, Angoli di desolazione, parafrasando Kerouac.

Sono arrivato al Forte che saranno state le undici, avevo ancora un paio di ore da riempire prima di poter tornare a casa, farmi una canna, perdermi nelle mie fantasie masochistiche e forse sborrare. Per adesso ero in giro per la città, un cronista anarchico e scansafatiche, anzi skansafatike, che suonava più antagonista del protagonista di queste insulse avventure urbane.

Ho sempre una sensazione non proprio piacevole quando entro nel Forte, forse perché questo luogo possiede una ragnatela psichica di memorie di molteplici e misteriosi fatti  accaduti nel passato, alterati nella realtà presente dal ricordo di imprecisate e vaste assunzioni di svariate sostanze stupefacenti e mi sentivo come in balia di esse, dei loro residui nell’aria e fra i muri, così ho attraversato il tunnel, vuoto e una volta fuori mi sono messo a osservare i meravigliosi affreschi psichedelici che mi guardavano come io guardavo loro sempre con la speranza che, da un istante all’altro, prendessero vita e iniziassero a muoversi. 

Il mercatino faceva abbastanza schifo e anche lì, sebbene circondato da poche persone dall’apparenza alternativa, non mi sono sentito per niente a mio agio. Ho pensato a Cigarrones e non avevo voglia di ritrovarmi in un posto simile in questo momento, così ho fatto un giro, seguendo un sentiero che compie una specie di anello ellittico per tutto il Forte, passando davanti ad alcune strane abitazioni ricavate da antichi rifugi o depositi, nei quali alcune persone vivevano e che avevano cercato di riorganizzare in una struttura abitabile con piccoli giardini all’esterno. Anche questi luoghi mi ricordavano altri che avevo visto in Galles e in Spagna, non in un contesto urbano ma in uno rurale quando non apertamente boschivo. Ho iniziato a sentirmi triste, in fondo anche il Forte era una specie di ghetto nel quale si erano rinchiusi coloro che avevano deciso di vivere seguendo altre regole e sperimentando altri stili di vita. Era un villaggio utopistico e decadente nella città, una piccola oasi, un’isola di resistenza, questo ad essere romantici e sognatori ma nella realtà era il risultato di un fallimento, di una ennesima prigione in cui nascondersi e immaginare un’esistenza diversa, che le  sostanze allucinogene e psicotrope sicuramente aiutavano a costruire e allargare nelle menti di chi ci abitava. Purtroppo però quel periodo di rivoluzione lisergica era bello che finito e fuori dalle mura del Forte la merda era ovunque, quasi non si respirava più per il suo tanfo, non c’erano più spazi liberi dal denaro nel quale riunirsi e comunicare, era tutto gestito dalle regole del capitale, del commercio, dell’incubo costante del guadagno.

Me ne sono tornato verso Monte Sacro con questi pensieri, ormai era l’una passata e quindi casa era libera e pulita di nuovo. Dovevo anche andare al cesso a cagare. Avevo  trovato un bel paio di scarpe alte con il tacco sulle quale avrei potuto masturbarmi, fuori dal Forte, sotto una panchina, la mattinata, in fondo, era stata produttiva, in termini creativi e feticistici. L’aria era calda, la luce splendeva fra le foglie degli alberi, ero vivo e come ognuno di noi non sapevo ancora per quanto. E tutto, tutto era in questo momento meraviglioso e dolce e perduto. Fino a quando non ci sveglieremo svegliati da questo sogno di cui non conosciamo neanche l’esistenza.

martedì 24 maggio 2022

(fuori)Roma #18

I vecchi borghi possedevano ancora una loro anima e la potevo sentire nei vicoli, nei loro odori, nelle case abbandonate, nelle porte, nelle panchine, nell’acqua delle fontane - Potevo vedere la mia vita all’interno di vecchie stanze con la carta da parati ammuffita sui muri, un divano di feltro rosso mezzo sfondato, gli strati di polvere sui libri, le lampade a olio, un camino, le fiale di morfina e le pipe da oppio, le statue e le maschere africane, la scatola di legno intagliato con dentro le sostanze, i funghi magici essiccati - Le mattine passate seduto al tavolino di un bar, una birra, il quaderno, la penna, le poche parole scambiate con gli altri perdigiorno locali, l’importante era scrivere e seguire le linee della luce e quelle delle ombre e perdersi in esse, lentamente, senza fretta, anche se a volte la birra velocizzava tutto, poi attendevo l’arrivo della sera quando sarei tornato nella mia stanza, accendendo candele e immergendomi nell’oceano interiore, la notte erano i miei viaggi psichici in altri luoghi e incontri e alberghi, stazioni, piazze, strade sconosciute - Altre immagini oniriche, altre barriere che si stavano sgretolando, non ero più io l’attore di questa esistenza e di quelle che si moltiplicavano e confondevano oltre il bordo dello specchio, i vecchi tossici, le vecchie storie di droghe e dipendenza, il passare dei giorni e il loro peso che si annullava, avrei trovato una maniera per glorificare la mia solitudine, pezzi asimmetrici di un mosaico dimenticato, lo splendore del giorno, le persiane socchiuse, i profumi della giovinezza, labirinti di tentazioni tradite, emozioni trattenute, frasi non dette - Ogni cosa si scioglie, i nodi svaniscono, la bottiglia è ormai vuota, le tue canzoni non sono altro che pallidi sussurri d’amore, vicini e lontani, epidermidi violate - Contatto, baci, carezze, la pelle e il tuo nome, sfiorami, picchiami, vincimi, stuprami - Cuscini orientali, un tappeto consunto, paesaggi interiori e remoti, le sfumature dell’alba e tu che passerai di qui solamente dopo che me ne sarò già andato.


domenica 22 maggio 2022

dream #113

 Ero con Marco al Pigneto e stavamo camminando, poi siamo arrivati al piccolo ponte pedonale che passa sopra la ferrovia e c’erano alcune persone che stavano suonando, improvvisando un concerto, c’erano anche delle sedie e allora ci siamo seduti ad ascoltare la musica, c’era anche Ken, seduto lì, l’ho guardato ma lui non mi ha riconosciuto, poi si è alzato ed è andato via, aveva i capelli ricci, biondi, poi anche io e Marco ci siamo alzati e siamo ritornati verso la mia macchina, dove l’avevo parcheggiata, poco lontana e quando siamo arrivati ho visto che la mia auto era quasi distrutta, qualcuno aveva spaccato i vetri e tolto  le ruote e anche intorno le altre macchine erano state mezze sfondate - Un’altra immagine della macchina, ora riparata, trasformata in una diversa, con dei ragazzi a bordo, che appena mi vedono, partono e scappano via - Io e Marco camminiamo ancora per il Pigneto e ci fermiamo a un bar a parlare con alcune persone, mi dispiace per la mia macchina, frammenti rossi nella memoria, forse rabbia, amore o tutte e due  le cose messe insieme.


venerdì 20 maggio 2022

Roma #17 (via tiburtina)

 Teknopolo industriale e le immagini inventate dei rave illegali, dei capannoni, delle luci stroboscopiche, dei corpi sudati in movimento, a scatti, le pasticche, special, special K - Questa lettera enorme troneggiava fuori dei resti di un circuito per kart ormai in rovina, le lucertole correvano felici sull’asfalto e fra le crepe delle pareti nella ricerca di un raggio di sole, una semplice sensazione di gioia e calore, migliaia di frammenti di vetro intorno, mozziconi di sigarette e sporcizia ovunque, sacchi della spazzatura strappati e una stazione di rifornimento con dentro operai seduti a tavoli di legno che mangiavano mentre io ero intento a scrivere, quasi me le ero dimenticate le pausepranzo dell’ufficio, proletariato dell’EstEuropa, poi l’odore di alcol che veniva da una zingara in fila per pagare chissà-che-cosa  e ancora la presenza aleatoria e malefica di lavori che non avevo nessuna voglia di fare e tantomeno cercare, avrei vissuto alla giornata fino a quando fosse stato possibile, standomene alla larga dalle persone e dalle rotture di coglioni, che intanto, prima o poi, sempre mi venivano a scovare - Camion lungo la Tiburtina e voci che recitavano notizie come litanie liturgiche senza senso, forse avrei solo dovuto continuare a vagare con la mia macchina e a mettermi a scrivere dove capitava - Tutte le persone che si alzavano la mattina presto per andare a lavorare, lo facevo anche io, adesso, ma con un altro spirito, mi svegliavo poco prima dell’alba, da solo, avvolto da una tranquillità rosa e pallida, lievemente azzurrina, ancora in bilico sulla soglia dei sogni - Mi piaceva osservare la vita senza doverne fare per forza parte, quella degli altri, la mia scorreva all’interno, era solo questione di tempo, come al solito, prima della prossima fuga, della prossima inevitabile sconfitta.

mercoledì 11 maggio 2022

Roma #16 (ostia)

 Odore di mare, cielo grigio e pioggia, mentre sono al volante, guidando verso Torvaianica e poi Ostia, su strade dissestate, ascoltando Electric Ladyland di Jimi Hendrix, Rainy day/dream away perfetta per l’occasione. E ieri, al funerale di mio zio, pensavo solo che si trattasse di un brutto scherzo e che lui, da un momento all’altro, sarebbe uscito fuori da qualche parte alle mie spalle e si sarebbe messo a ridere, potevo quasi sentirla quella risata insieme al suono della sua voce e invece non è successo niente di tutto questo e io ero ancora vicino alla porta e le parole del prete erano così miserabili che ho sentito una stretta allo stomaco e sono rimasto in piedi, in fondo alla chiesa, resistendo al desiderio di uscire e ogni tanto guardavo fuori e c’era una bella luce, quella della vita stessa, umana e divina,  che accarezzava le fronde degli alberi, che sembravano danzare lievemente e sapevo che dio era lì e non fra queste mura grigie e desolate, sapevo anche che dio era dentro di noi, nei nostri respiri e questa era una delle cose che mi aveva insegnato mio zio, uno dei primi che me ne aveva parlato, della possibilità di guardarsi dentro e di trovarci un luogo pieno di quiete e di pace e che bisognava solo respirare per entrarci e lasciare che quei respiri continuassero e noi non dovevamo fare altro che accogliere quell’aria, quell’ossigeno come il dono più importante di tutti.

Non volevo vedere la gente che c’era in chiesa, non volevo parlare con loro, non volevo sentire i loro commenti, volevo solo andarmene e sapevo bene che non avrei mai più rivisto nessuno di quei volti, alcuni appartenevano a un passato di cui non avevo più interesse, altri erano diventati dei perfetti sconosciuti.

Sequenze della memoria, mentre sono al volante e poi di nuovo mentre cammino per le strade di Roma e tutto appare vicino e distante, smarrito e presente - E poi le onde del mare come immagini improvvise, inquiete e arrendevoli, sono stato qui in altri momenti della mia vita, su questa spiaggia, a scrivere di altre sofferenze, di altre perdite, a sognare altri amori, a piangere altre lacrime.

Non ci è dato di sapere quanto tempo passeremo in questo corpo, scivolando lungo la sabbia del tempo. Meglio così, meglio non sapere nulla, meglio abbandonarsi e lasciare che i respiri riempiano i nostri dubbi e li facciano dissolvere in essi.

Poi la bara è stata portata via e così me ne sono andato anche io, senza dire niente, perché rimanere in silenzio mi è sempre sembrata la cosa migliore da fare.

freewheelin' #81

  Frammenti di una festa in differenti momenti del giorno e della notte, una bambina araba che mi prende per mano e suo padre che riceve inn...